Resident Evil: Code Veronica X
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Pensavano di aver trovato il classico uovo di colombo, i dirigenti Sega, quando nella primavera del 1998 iniziarono ad accordarsi con Capcom per la creazione di un titolo basato sulla saga di Resident Evil e sviluppato espressamente per la prossima meraviglia hardware della casa di Sonic. Biohazard Code Veronica era il nome del gioco (come saprete, Biohazard é da sempre il nome giapponese di Resident Evil) e i suoi creatori gli stessi che poco più di due anni prima diedero una spinta decisiva alle vendite PlayStation con il famoso capostipite. Un titolo esclusivo basato su Resident Evil, insieme ad una buona lineup di sviluppatori al top dell'industria (Namco e il suo Soul Calibur tanto per rinvangare il passato recente) sarebbe bastato sicuramente a imporre il Dreamcast sul mercato interno, settore avverso per ragioni "storiche" al marchio Sega. Passati tre anni da quelle prime trattative e passati poco più di 365 giorni dall'uscita di Code Veronica in versione Dreamcast, ci troviamo qui nuovamente a parlare dell'ormai celebre ultima avventura di Claire Redfield, con una piccola nota a margine: il gioco gira su PlayStation 2. Evidentemente, qualcosa non é andato come inizialmente previsto, ma ora quello che ci preme analizzare é soltanto la qualità della produzione Capcom e non le ragioni politico-commerciali che stanno dietro alla sua pubblicazione, quindi senza porre tempo in mezzo, apriamo nuovamente il libro dei survival horror..
UNA NUOVA CASA PER CODE: VERONICA
Nonostante il perenne status di console "di nicchia" che ha accompagnato il Dreamcast durante tutto l'anno 2000, alcuni giochi apparsi su quella macchina sono riusciti a guadagnarsi una fama propria e, manco a dirlo, una vasta schiera di appassionati. Tra questi c'é sicuramente il titolo oggetto di questa recensione, forse l'unico (insieme ai vari Sonic Adventure, Shenmue e Soul Calibur) che i primi utenti PlayStation 2 avessero realmente invidiato ai loro "rivali" fedelissimi al marchio blu. La popolarità di Code Veronica e la sua grandissima fama presso l'utenza Dreamcast rende il parlare nuovamente del gioco una procedura a tratti scomoda e ridondante, viste le migliaia, forse milioni di caratteri spesi sull'argomento a tempo debito. Per questa e altre ragioni (la volontà di non togliervi l'importantissimo gusto della sorpresa) non entreremo troppo nel dettaglio della trama e delle situazioni narrate, che saranno esclusivamente abbozzate (si perdoni la rima) per fornire una "infarinatura" di base all'eventuale acquirente
UNA NUOVA CASA PER CODE: VERONICA
Nonostante il perenne status di console "di nicchia" che ha accompagnato il Dreamcast durante tutto l'anno 2000, alcuni giochi apparsi su quella macchina sono riusciti a guadagnarsi una fama propria e, manco a dirlo, una vasta schiera di appassionati. Tra questi c'é sicuramente il titolo oggetto di questa recensione, forse l'unico (insieme ai vari Sonic Adventure, Shenmue e Soul Calibur) che i primi utenti PlayStation 2 avessero realmente invidiato ai loro "rivali" fedelissimi al marchio blu. La popolarità di Code Veronica e la sua grandissima fama presso l'utenza Dreamcast rende il parlare nuovamente del gioco una procedura a tratti scomoda e ridondante, viste le migliaia, forse milioni di caratteri spesi sull'argomento a tempo debito. Per questa e altre ragioni (la volontà di non togliervi l'importantissimo gusto della sorpresa) non entreremo troppo nel dettaglio della trama e delle situazioni narrate, che saranno esclusivamente abbozzate (si perdoni la rima) per fornire una "infarinatura" di base all'eventuale acquirente