Resident Evil: Outbreak

di Redazione Gamesurf
Resident Evil, o se preferite Bio Hazard, sta vivendo come risaputo un'esistenza prevalentemente cubica; Nintendo e Capcom pattuendo l'esclusiva sul filone narrativo principale hanno accontentato e stupito i fan con i capitoli Rebirth e Zero e sono attualmente la causa della frenetica attesa riguardante il futuro tassello del mosaico del terrore videoludico (trattasi del rivoluzionario progetto Resident Evil 4). La Playstation 2 ha intanto continuato ad ospitare il nome della creazione di Shinji Mikami, proponendo degli spin-off che, e nella prospettiva e nel genere, non hanno saputo preservare il fasto della serie madre (che su Playstation ebbe natali e consacrazione mondiale). Resident Evil Outbreak, dal canto suo, avrebbe dovuto essere un episodio parallelo differente dalle controparti Dead Aim, giacché la sua caratteristica online (per la quale è stato studiato e concepito) prometteva anche solo sulla carta un diverso approccio di gioco, ricco di novità e spunti innovativi. Il condizionale, ahinoi, tocca fortemente i fruitori dell'universo pal. Se in Giappone, infatti, per essere collegati in rete vengono richiesti circa sette euro mensili, a noi europei è toccata ben altra sorte. Outbreak ha sì fatto il suo ingresso nel mercato nostrano, ma è stato per l'occasione privato proprio della sua unicità e caratteristica migliore: l'online gaming. Se il mancato supporto periferico (laddove il necessario hard disk non è ancora da noi disponibile, e chissà se mai lo sarà) sia un'aggravante o una scusante, questo lo lasciamo stabilire ai lettori. La decisione di commercializzare comunque il titolo ha di fatto lasciato l'amaro in bocca per il solo fatto che al vecchio continente viene preclusa l'esperienza di provare una nuova ed appetibile faccia del Survival Horror per eccellenza, sebbene, ben inteso, anche su eventuali server l'esperienza non sarebbe stata fra quelle degne d'esser dette indimenticabili.
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La versione europea presenta cinque scenari da giocare, come deducibile dalla premessa, esclusivamente nella modalità non in linea e dove all'uopo saremo accompagnati dalla CPU. Il preludio di Outbreak è quello formulare della saga: gli abitanti di Raccoon City sono nella quasi loro totalità vittime di un terribile attacco biologico e, infettati dal terribile T-virus, sono stati tramutati in zombi. Alcuni sopravvissuti si aggirano ancora in qualche cupo e tenebroso anfratto urbano, cercando di trovare l'unica via di scampo concessa: abbandonare la cittadina prima che questa venga distrutta dalle direttive governative le quali, per mezzo di un attacco missilistico, prevedono di impedire la diffusione della minaccia batteriologica. La migliore offerta del pacchetto è proprio la scelta del protagonista concessa, una scelta che prevede un poliedrico cast di ben otto personaggi (a riguardo si veda il box). Oltre alla varietà dispensata nei riguardi della caratterizzazione (non troppo congeniata, intendiamoci), subentra anche un oggetto speciale per ciascuno e soprattutto una personale azione con tanto di mosse utilitaristiche quali la parata, la forzatura di serrature, la fuga ed il fingersi morti (è questa la tecnica di Jim).

Lo scopo del gioco è semplice e non troppo diverso dal solito: procedere di scenario in scenario, avere la vita salva nelle date circostanze, risolvere quando richiesto gli enigmi ed infine riunire il bandolo della matassa, scoprendo cosa realmente si celi dietro la trama del titolo. Un fattore da tenere sott'occhio è l'indicatore del virus che in percentuale mostra lo stadio d'avanzamento del morbo che flagella il fisico degli eroici cittadini. Il tutto rappresenta una lotta contro il tempo, resa maggiormente ardua dall'alto numero di zombi (e simili) che con la loro resistenza e quantità cercano di sopperire al non troppo adeguato comportamento (frutto di un'intelligenza artificiale ancora anacronistica).
Evitarli è, come sempre, preferibile all'abuso di piombo, anche perché ricaricare le proprie armi nel mezzo di una sparatoria può risultare letale (vista la lentezza del reload). La comunicazione e l'interazione tra personaggi non ha avuto uno studio profondo e anche nell'eventualità del gioco online sarebbe stato un difetto non da poco.
Aldilà del fatto che i commenti risultino (oltre che ripetitivi) inadatti alle situazioni, è difficile che i nostri comprimari si comportino come auspicabile o si presentino sempre al momento giusto ed al posto giusto.
In soccorso parziale dovrebbero giungere, ma la non funzionalità lo impedisce, alcune azioni effettuabili mediante la pressione e combinazione di tasti; è possibile ad esempio richiamare l'attenzione o consigliare la direzione, interrompere un'azione o chiedere aiuto e, accedendo ai menu, donare o richiedere un particolare oggetto (i menu sono alieni alle pause di gioco, navigare in essi non fermerà pertanto l'attacco nemico). Magari se a controllarli fosse stata una reale intelligenza l'esito sarebbe stato decisamente un altro ed i mezzi si sarebbero dimostrati più abbordabili, ma a questo rimandiamo una volta per tutte all'apertura di recensione.


Il sistema di controllo è, eccettuato quanto descritto sopra, simile ai predecessori; il che comporta come accadde per gli altri esponenti della serie l'astio per alcuni e la comprensione di quanti ci si siano abituati (mentre entrambi non mancheranno di notare le riciclate animazioni). Esteticamente il lavoro degli addetti Capcom è globalmente riuscito, specie nell'atmosfera e nei fondali (interamente tridimensionali) che nei loro angoli e strutture architettoniche cercano di infondere l'immaginazione del terrore (spesso più efficace della manifestazione stessa). I passi della nostra "squadra" sono il metronomo dell'avventura: affrettati o stentati, lenti o magari con cigolii di contorno. Colonna sonora (opera di un Akihiko Matsumoto in stato di grazia), filmati introduttivi, di contorno e conclusivi sono in blocco promossi. Alcune note, tuttavia, disturbano pesantemente l'armonia, specie l'effetto "Ghost" che talvolta hanno i personaggi attraversando di fatto il corpo di altri (non vi è insomma la sensazione del volume e dello spessore corporeo), ma soprattutto l'elevata affluenza di nemici che con tutti gli elementi d'atmosfera sopraccitati, e specie nei confronti del fondamentale ritmo di gioco, hanno un rapporto decisamente conflittuale. Infine il commentario vocale sembra essere random, considerata l'assiduità con cui i nostri amici pronuncino le stesse frasi in più di un momento senza mai "indovinare" quello giusto.

Il recente percorso di Resident Evil come saga ha dimostrato lo spirito benevolo di Capcom che prima con lo Zero e fra un po' con Resident Evil 4 (in maniera del tutto rinnovata) si è concentrata su delle idee ludiche che potessero rinverdire un brand che, specie per importanza storica, non merita assolutamente di cadere nella ripetitività. Gli spin-off hanno invece avuto un diverso comportamento, alienandosi dalla ricerca della meraviglia e dell'innovazione. Il caso di Outbreak è un altro ancora: potenzialmente risultava interessante, ma privato com'è da noi della possibilità di giocare online è un progetto che, allo stato delle cose, si presenta a metà.