Resistance: Burning Skies
di
Davide Ottagono
Quella di Resistance é la seconda saga PS3 approdata per la nuova console portatile Sony e, in tale veste, porta con sé un pesante fardello. Dopo l'eccellente Uncharted: Golden Abyss, i possessori di Vita non aspettavano altro che un secondo prodotto di uguale caratura arrivasse sulla loro Vita. Non é la prima volta che la serie Insomniac approda sul piccolo schermo, e chi ha una discreta memoria di certo lo ricorda. Anche perché Retribution, ai tempi della prima PSP, fece anche la sua bellissima figura. L'attuale Burning Skies, invece, fin da subito non sembra essere interessato a reinventare troppo la visione classica dei Resistance che già abbiamo imparato a conoscere. Con tutti i pro e i contro che derivano da ciò, premettiamo subito che - purtroppo - non possiamo parlare di una Killer Application a tutto tondo. Il perché lo scoprirete a breve.
Cronologicamente parlando, Burning Skies si posiziona più o meno ai tempi di Resistance 2. Forse poco prima. La minaccia Chimera, dopo gli eventi del capostipite, ha sfondato le linee britanniche e si prepara ad attaccare duramente gli Stati Uniti. A quel tempo, Nathan Hale era appena entrato a far parte della SERPA e, in attesa che questi ultimi radunassero le forze necessarie per difendere il mondo dal virus che li aveva messi in ginocchio, toccava alle persone comuni proteggere il pianeta che tanto amavano. Tom Riley é uno di questi: un semplice pompiere che, durante un suo normale turno di lavoro, si é trovato di fronte ad uno spettacolo ben più raccapricciante di un complesso in fiamme. Erano gli anni '50, e ora anche la popolazione americana tremava alla vista di quelle enormi astronavi che sfrecciavano nei loro cieli, di quegli alieni che non si facevano scrupoli ad eliminare donne e bambini, di quelle Cuspidi che atterravano e rapivano innocenti per poi trasportarli nei centri di conversione.
Tutto quello che già conoscevamo é ancora lì, immutato e sicuro come la morte. E, arrivati al quinto capitolo, il bisogno di cambiare un po' aria é forte, ma non é di certo questo il problema. Anche la figura del protagonista poteva essere giostrata meglio. Alla fine, non ci si sente mai al comando di una persona normale ignara e spaventata da quella minaccia più grande di lui. Eccezion fatta per i primi minuti, fin da subito sembra di essere al comando di un normale soldato. Maneggia armi sconosciute con noncuranza fin da subito, riesce a falciare da solo intere orde di Chimera e parte in battaglie campali a testa bassa senza mai fare troppi complimenti. Ma vabbé, neanche questo é il vero problema. Pensandoci e ripensandoci, non possiamo far altro che vedere nella trama il fianco più debole del prodotto.
Il personaggio principale é piuttosto anonimo, la sua ricerca della famiglia abbastanza stereotipata. La linea generale della sceneggiatura, a conti fatti, sa di già visto. Parte la guerra, ci si unisce al gruppo di resistenza locale, si viaggia per ambienti cittadini e basi militari alla ricerca dei propri cari e si sferra un ultimo, disperato attacco alla torre nemica. Chiunque mastichi un po' della saga, di certo sa già di che stiamo parlando. Ed é davvero un peccato, perché alcune cose interessanti riesce anche a farle. I filmati in prima persona sono girati bene, l'atmosfera c'é tutta, i (pochi) eventi scriptati sono di alto livello. In un paio di punti, riesce anche a commuovere. A Burning Skies mancava solo un cast meno stereotipato, qualche livello in più e delle scelte più coraggiose rispetto a “stanno uccidendo tutti, difendiamo città per tutta la durata del gioco e poi sferriamo il contropiede nella loro terra”.
Dal lato del gameplay, invece, poco da dire. Sarà anche il classico Resistance, ma già che é giocabile su portatile con la stessa comodità ed intensità delle controparti casalinghe, é una grande vittoria. Tutto sembra riportare alla qualità delle versioni principali, é facile dimenticarsi di trovarsi su una console meno performante. La visuale in prima persona e l'ottima mole poligonale di ambienti e personaggi sono solo l'inizio: la vera vittoria é quella del controllo. Finalmente, gli sparatutto sono giocabili anche su console senza perdere neanche un decimo del loro appeal, e questo non può essere altro che un grande traguardo. Come prestanza tecnica ci siamo: l'impatto generale é quello di un Resistance casalingo, nei colori, nei modelli, nella direzione artistica, nel caos a schermo. Certo, i cadaveri che scompaiono o l'IA altalenante sono dei piccoli nei a sfavore, ma possiamo assicurare che - ancora una volta - la scioltezza con la quale PSVita gestisce prodotti dall'aspetto così “poco portatile” lascia a bocca aperta.
Dal lato del gameplay, anche qui nessuna novità di peso. C'é la carabina, il Bullseye, il Marksman e così via. Così come nel terzo capitolo, anche Burning Skies avrà la ruota delle armi. Questo significa che in ogni momento del gioco, come in un Ratchet a caso, avremo la possibilità di scegliere qualunque arma tra la decina buona in nostro possesso. Certo, ora la doppietta può trasformarsi in una balestra, e magari il fucile da cecchino spara anche granate appiccicose, ma bene o male le innovazioni si fermano lì. Tramite rifornimenti di tecnologia grigia, astutamente nascosti nei livelli di gioco, potremo anche potenziare gli strumenti in nostro possesso. Accedendo all'apposito menù, infatti, potremo scambiare la tecnologia reperita sul campo con add-on per le nostre sputafuoco, dai più classici (aumento caricatore e danni) ai più fantasiosi (fuoco secondario più efficace, scudi più resistenti, triplo colpo).
Presente anche il supporto al touch-screen, anche se sembra essere una feature più di “costrizione” che di vera e propria necessità. Il retro-touch serve a correre, mentre lo schermo aiuterà ad indirizzare granate e, in linea di massima, tutti i colpi secondari. Il feeling generale del gioco é un po' altalenante: a volte sembra di compiere gesta epiche, altre volte di liberare semplici arene dai nemici per ore e ore. Fortunatamente, la linearità di fondo non é un grosso problema fin quando l'offerta riesce a divertire; il vero problema, sono quelle “ore e ore”. Noi, per arrivare ai titoli di coda, ce ne abbiamo messe 5. Non solo la campagna principale manca in più punti di fantasia, ma finisce anche piuttosto in fretta. É proprio quando si arriva al “The End”, ironicamente, che si riesce a capire la vera qualità del gioco.
Del resto, abbiamo passato l'intera recensione ad additare questo o quel difetto, eppure la sensazione generale é quella classica dei giorni nostri. Un retrogusto amarognolo che può essere spiegato solo in un modo: ne volevamo ancora. Sarà lineare, manca magari del mordente necessario, ma ne volevamo ancora, ed arrivare così in fretta ai ringraziamenti finali non é stato di certo bello. Il gioco é comunque divertente ed appagante, qualche oretta in più di certo non avrebbe fatto male. Anche perché si vede che aveva le potenzialità per ambire a ben oltre; potenzialità che non sono state frenate dall'hardware della console, ma semplicemente dalla idee in fase di progettazione. Doppiamente triste che, queste idee, proprio quando iniziavano a spuntare fuori, vengono stroncate brutalmente da questo antipaticissimo “The End”.
Sull'aspetto tecnico, pensiamo che già abbiate un quadro chiaro della situazione. Pur con qualche difetto (anche piuttosto visibile), la resa generale é ottima e, in più di un caso, ci si dimentica di essere di fronte ad un prodotto “downgradato” dei Resistance originali. Quello che non riesce a fare l'azione di gioco, poi, viene movimentato dalle ottime colonne sonore, forse le migliori che la serie ricordi. Buono anche il doppiaggio in italiano.
Quello che, sull'aspetto longevità, non riesce a fare la campagna in singolo, viene rialzato dal multigiocatore. Del resto, Resistance é sempre stato famoso anche per questo. Su PSVita potrete catapultarvi contro amici e non in 6 diverse arene, sforacchiandovi allegramente con tutto quello di cui già vi abbiamo parlato. Resta solo da vedere quanti giocatori ci saranno nel matchmaking nel breve termine.
Cronologicamente parlando, Burning Skies si posiziona più o meno ai tempi di Resistance 2. Forse poco prima. La minaccia Chimera, dopo gli eventi del capostipite, ha sfondato le linee britanniche e si prepara ad attaccare duramente gli Stati Uniti. A quel tempo, Nathan Hale era appena entrato a far parte della SERPA e, in attesa che questi ultimi radunassero le forze necessarie per difendere il mondo dal virus che li aveva messi in ginocchio, toccava alle persone comuni proteggere il pianeta che tanto amavano. Tom Riley é uno di questi: un semplice pompiere che, durante un suo normale turno di lavoro, si é trovato di fronte ad uno spettacolo ben più raccapricciante di un complesso in fiamme. Erano gli anni '50, e ora anche la popolazione americana tremava alla vista di quelle enormi astronavi che sfrecciavano nei loro cieli, di quegli alieni che non si facevano scrupoli ad eliminare donne e bambini, di quelle Cuspidi che atterravano e rapivano innocenti per poi trasportarli nei centri di conversione.
Tutto quello che già conoscevamo é ancora lì, immutato e sicuro come la morte. E, arrivati al quinto capitolo, il bisogno di cambiare un po' aria é forte, ma non é di certo questo il problema. Anche la figura del protagonista poteva essere giostrata meglio. Alla fine, non ci si sente mai al comando di una persona normale ignara e spaventata da quella minaccia più grande di lui. Eccezion fatta per i primi minuti, fin da subito sembra di essere al comando di un normale soldato. Maneggia armi sconosciute con noncuranza fin da subito, riesce a falciare da solo intere orde di Chimera e parte in battaglie campali a testa bassa senza mai fare troppi complimenti. Ma vabbé, neanche questo é il vero problema. Pensandoci e ripensandoci, non possiamo far altro che vedere nella trama il fianco più debole del prodotto.
Il personaggio principale é piuttosto anonimo, la sua ricerca della famiglia abbastanza stereotipata. La linea generale della sceneggiatura, a conti fatti, sa di già visto. Parte la guerra, ci si unisce al gruppo di resistenza locale, si viaggia per ambienti cittadini e basi militari alla ricerca dei propri cari e si sferra un ultimo, disperato attacco alla torre nemica. Chiunque mastichi un po' della saga, di certo sa già di che stiamo parlando. Ed é davvero un peccato, perché alcune cose interessanti riesce anche a farle. I filmati in prima persona sono girati bene, l'atmosfera c'é tutta, i (pochi) eventi scriptati sono di alto livello. In un paio di punti, riesce anche a commuovere. A Burning Skies mancava solo un cast meno stereotipato, qualche livello in più e delle scelte più coraggiose rispetto a “stanno uccidendo tutti, difendiamo città per tutta la durata del gioco e poi sferriamo il contropiede nella loro terra”.
Dal lato del gameplay, invece, poco da dire. Sarà anche il classico Resistance, ma già che é giocabile su portatile con la stessa comodità ed intensità delle controparti casalinghe, é una grande vittoria. Tutto sembra riportare alla qualità delle versioni principali, é facile dimenticarsi di trovarsi su una console meno performante. La visuale in prima persona e l'ottima mole poligonale di ambienti e personaggi sono solo l'inizio: la vera vittoria é quella del controllo. Finalmente, gli sparatutto sono giocabili anche su console senza perdere neanche un decimo del loro appeal, e questo non può essere altro che un grande traguardo. Come prestanza tecnica ci siamo: l'impatto generale é quello di un Resistance casalingo, nei colori, nei modelli, nella direzione artistica, nel caos a schermo. Certo, i cadaveri che scompaiono o l'IA altalenante sono dei piccoli nei a sfavore, ma possiamo assicurare che - ancora una volta - la scioltezza con la quale PSVita gestisce prodotti dall'aspetto così “poco portatile” lascia a bocca aperta.
Dal lato del gameplay, anche qui nessuna novità di peso. C'é la carabina, il Bullseye, il Marksman e così via. Così come nel terzo capitolo, anche Burning Skies avrà la ruota delle armi. Questo significa che in ogni momento del gioco, come in un Ratchet a caso, avremo la possibilità di scegliere qualunque arma tra la decina buona in nostro possesso. Certo, ora la doppietta può trasformarsi in una balestra, e magari il fucile da cecchino spara anche granate appiccicose, ma bene o male le innovazioni si fermano lì. Tramite rifornimenti di tecnologia grigia, astutamente nascosti nei livelli di gioco, potremo anche potenziare gli strumenti in nostro possesso. Accedendo all'apposito menù, infatti, potremo scambiare la tecnologia reperita sul campo con add-on per le nostre sputafuoco, dai più classici (aumento caricatore e danni) ai più fantasiosi (fuoco secondario più efficace, scudi più resistenti, triplo colpo).
Presente anche il supporto al touch-screen, anche se sembra essere una feature più di “costrizione” che di vera e propria necessità. Il retro-touch serve a correre, mentre lo schermo aiuterà ad indirizzare granate e, in linea di massima, tutti i colpi secondari. Il feeling generale del gioco é un po' altalenante: a volte sembra di compiere gesta epiche, altre volte di liberare semplici arene dai nemici per ore e ore. Fortunatamente, la linearità di fondo non é un grosso problema fin quando l'offerta riesce a divertire; il vero problema, sono quelle “ore e ore”. Noi, per arrivare ai titoli di coda, ce ne abbiamo messe 5. Non solo la campagna principale manca in più punti di fantasia, ma finisce anche piuttosto in fretta. É proprio quando si arriva al “The End”, ironicamente, che si riesce a capire la vera qualità del gioco.
Del resto, abbiamo passato l'intera recensione ad additare questo o quel difetto, eppure la sensazione generale é quella classica dei giorni nostri. Un retrogusto amarognolo che può essere spiegato solo in un modo: ne volevamo ancora. Sarà lineare, manca magari del mordente necessario, ma ne volevamo ancora, ed arrivare così in fretta ai ringraziamenti finali non é stato di certo bello. Il gioco é comunque divertente ed appagante, qualche oretta in più di certo non avrebbe fatto male. Anche perché si vede che aveva le potenzialità per ambire a ben oltre; potenzialità che non sono state frenate dall'hardware della console, ma semplicemente dalla idee in fase di progettazione. Doppiamente triste che, queste idee, proprio quando iniziavano a spuntare fuori, vengono stroncate brutalmente da questo antipaticissimo “The End”.
Sull'aspetto tecnico, pensiamo che già abbiate un quadro chiaro della situazione. Pur con qualche difetto (anche piuttosto visibile), la resa generale é ottima e, in più di un caso, ci si dimentica di essere di fronte ad un prodotto “downgradato” dei Resistance originali. Quello che non riesce a fare l'azione di gioco, poi, viene movimentato dalle ottime colonne sonore, forse le migliori che la serie ricordi. Buono anche il doppiaggio in italiano.
Quello che, sull'aspetto longevità, non riesce a fare la campagna in singolo, viene rialzato dal multigiocatore. Del resto, Resistance é sempre stato famoso anche per questo. Su PSVita potrete catapultarvi contro amici e non in 6 diverse arene, sforacchiandovi allegramente con tutto quello di cui già vi abbiamo parlato. Resta solo da vedere quanti giocatori ci saranno nel matchmaking nel breve termine.
Resistance: Burning Skies
7.5
Voto
Redazione
Resistance: Burning Skies
Resistance: Burning Skies é un prodotto altalenante, un piccolo gioiello che sbaglia qualcosa per ogni cosa fatta bene. Diverte ma manca di mordente, é appagante ma manca di innovazione, ha un bel multiplayer ma un singolo che finisce piuttosto in fretta. In linea di massima, é un prodotto discreto che poteva benissimo aspirare ad altro, se solo - per dirne una - avesse avuto una trama ed un'impostazione meno classiche. Una volta terminato, la sensazione generale é forse quella che non se ne sentiva il bisogno di un altro Resistance che - a conti fatti - non ha aggiunto niente al mondo della saga. Ma, del resto, parliamo anche dell'unica proposta su Vita, quindi paragonarlo alla saga principale non é neanche chissà quanto saggio. A cospetto di un pacchetto comunque massiccio, speriamo che questo sia l'inizio di un nuovo filone che, col tempo, riuscirà a migliorarsi sempre più.