Reveil, un thriller psicologico dove la realtà supera le nostre convinzioni
Walter Thompson è intrappolato in un loop che potrà spezzare solo scoprendo l'inaspettata verità su di sé
Una premessa fondamentale ai naviganti che andranno a leggere questa recensione, scoprendo magari Reveil per la prima volta: il gioco sviluppato da Pixelsplit è un thriller psicologico in prima persona, che nulla spartisce con il concetto di horror. Lo preciso perché è facile vedere etichettate esperienze di questo tipo come parte di un genere che ormai sembra adattarsi a qualunque cosa di vagamente sopra le righe. Certo, non mancano un paio di situazioni tese e in cui poter morire, ma non sono certo sufficienti ad allontanare Reveil da ciò che è: una storia sospesa sul baratro della follia, con un colpo di scena nel capitolo finale che per la prima volta mi ha colto di sorpresa e pur senza essere particolarmente approfondito riesce a sovvertire quanto giocato e vissuto fino allora.
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Come tutti i thriller psicologici in prima persona dove la storia fa da colonna portante, Reveil offre poco in termini di gameplay al di fuori di un percorso predefinito da seguire, pochi enigmi ma ben congegnati e qualche collezionabile sparso per tenere impegnati gli esploratori più accaniti. E come tutti i videogiochi costruiti attorno a un impianto narrativo, non è facile discuterne senza il rischio di rovinare l'esperienza a voi che leggerete, assicurandosi al contempo di darvi una giusta panoramica.
Vediamo dunque cos'ha da offrire Reveil, giocato su PlayStation 5, nel suo loop narrativo fatto di ricordi ingarbugliati sullo sfondo, non poco inquietante, di un circo e della famiglia che lo gestiva.
Venghino signori, venghino!
Reveil ruota attorno alla figura di Walter Thompson, proprietario di un circo che gestisce assieme alla moglie Martha e del quale fa parte anche la loro bambina, Dorie. È ambientato all'inizio degli anni '80, senz'altro particolare contesto al di fuori di quello circense e di cosa comporta una simile vita sia per i due adulti sia per, soprattutto, la piccola Dorie che ne è tanto attivamente coinvolta da avere difficoltà a livello scolastico quanto sociale – aspetti entrambi penalizzati dai suoi impegni.
Dopo un sogno che ha più i connotati di un incubo, Walter si sveglia e va in cerca della moglie e della figlia all'interno della loro casa. Non trova nessuna delle due e dopo aver risolto un rompicapo propostogli proprio da Dorie attraverso un disegno lasciato nella sua stanza, si trova all'improvviso a seguire la bambina fino al circo che gestisce. Per noi giocatori è chiaro che qualcosa non vada, dati i tempi e i modi in cui Walter vive questo “inseguimento”, ma ogni volta che sembra sul punto di capire l'estensione della sua situazione avviene qualcosa che lo riporta al punto di partenza. Quasi fosse in un sogno costante, dal quale svegliarsi ogni volta per trovarlo leggermente diverso, un loop da cui non sembra esserci via d'uscita se non quella di ricordare esattamente cosa sia successo.
Più si addentra nelle profondità del suo inconscio, più Walter scoprirà una terribile verità; forse per noi prevedibile, in una certa misura, almeno finché l'ultimo capitolo (cinque in totale) non metterà sottosopra quanto vissuto fino a quel momento. Un cambio di direzione improvviso e imprevisto, di cui ho apprezzato proprio la mancanza di indizi che potessero portare a pensare una simile svolta. Se all'inizio Reveil poteva sembra il classico thriller psicologico in cui il protagonista deve svelare un passato terribile, nascosto nelle profondità di se stesso a causa della sua gravità, verso la fine va a parare in una direzione totalmente diversa e che potrebbe persino gettare le basi per un possibile seguito, magari più elaborato.
Walter infatti è strutturato a sufficienza da poter essere qualcosa in più del generico protagonista tipico dei thriller psicologici di breve durata (Reveil dura tre o quattro ore, dipende da quanto ci tenete a esplorare). Non lo definirei qualcuno cui affezionarsi, ancora, ma visto come finisce il gioco – se optate per la conclusione più naturale, dato che ce ne sono diverse – allora potrebbero esserci le basi per fare un passo avanti in più. Non posso dire oltre per evitare di rovinare la sorpresa ma nel complesso, tranne un paio di dinamiche da gestire meglio nel gameplay, Reveil è un gioco capace di soddisfare pur nella sua brevità; senza dubbio, di cogliere di sorpresa e in un panorama dove le situazioni tendono a essere prevedibili è sicuramente un valore aggiunto.
Reveil: un gameplay (quasi) sempre tranquillo e lineare
Reveil fa qualche timido tentativo di jump scare, senza però mai calcare davvero la mano al punto da abusarne, il che va senza dubbio a favore. A carattere generale parliamo di un'esperienza lineare, le cui deviazioni sono solo dovute alla ricerca di collezionabili e anche così i livelli non si diramano al punto da considerarli elaborati. Walter deve seguire un percorso preciso, e c'è un motivo a livello di storia per cui lo fa, che a volte può essere condito da rompicapi semplici ma non troppo, nonché inseguimenti o nascondini contro che ne abitano l'inconscio e non lo vedono di buon occhio. Nulla di davvero elaborato, quanto basta per offrire un po' di tensione e varietà in quello che altrimenti si classificherebbe come walking simulator in stile Everybody's Gone to the Rapture. Uno di questi in particolare, a mio avviso, poteva essere gestito meglio proprio per l'obiettivo di dover sfuggire alla creatura di pattuglia (quando in realtà diventa un correre ossessivi per l'area cercando di seminarla), ma è anche una parte relativamente breve di un'esperienza la cui durata è già di per sé contenuta.
Gli enigmi sono elaborati il giusto, né troppo né troppo poco, in modo da non renderli da un lato un orpello per il gusto di fare e dall'altro un inutile blocco all'interno di un gioco che intende anzitutto raccontare una storia. Sono anche tutti piuttosto contestualizzati e in linea con la situazione, specie una volta che avrete capito cosa si cela davvero dietro il loop di Walter.
Reveil conta diversi finali, alcuni dei quali non ho ben capito come raggiungere ma dovrebbero essere tutti sbloccabili rigiocando tutto o parti dell'ultimo capitolo. Un aspetto apprezzabile è infatti la sua suddivisione non solo in capitoli ma proprio in specifiche parti per ogni capitolo, rigiocabili a piacimento quando vorrete recuperare qualcosa lasciato indietro o, appunto, provare tutti i finali. Altro elemento utile, sebbene possa privare un po' del senso di esplorazione, è poter evidenziare, premendo R1, tutti i possibili elementi di indagine all'interno di una stanza; questo non vale per i collezionabili, che andranno invece trovati manualmente senza alcun supporto da parte del gioco. Se volete essere sicuri di esaminare tutto e conoscere vari retroscena, nonché i pensieri o in generale le osservazioni di Walter a riguardo, è comunque un aiuto apprezzabile poiché la storia nella sua interezza si può comprendere trovando oggetti o documenti e ascoltandone la constestualizzazione.
Dal punto di vista delle ambientazioni, è stato fatto un buon lavoro con Unity a livello di dettaglio soprattutto nelle parti che riguardano il circo, mentre altre nelle fasi più avanzate del gioco sono per lo più standard e non emergono molto. In termini di colonna sonora, l'unica traccia a rimanere in mente è quella del carillon, la stessa peraltro che potete sentire soffermandovi sul gioco nell'hub PS.
Versione Testata: PS5
Voto
Redazione
Reveil
Reveil è complessivamente un buon gioco, che convince tanto il protagonista quanto il giocatore di andare in una certa direzione salvo poi prendere una svolta inaspettata nel capitolo finale - quello che poi gli vale i meriti maggiori. Lo distingue, se non altro, da altri giochi dello stesso genere più prevedibili ed è molto apprezzabile che faccia tutto questo senza dare alcun indizio di cosa andrà a succedere. La nostra presa di coscienza viaggia sullo stesso livello di quella di Walter, portandoci a fare i collegamenti mai in anticipo ma sempre al momento giusto. Gli enigmi proposti sono gestiti in modo tale da non essere eccessivamente semplici e, al contempo, da non rappresentare un blocco nel prosieguo di una storia tutto sommato breve. Resta un'esperienza consigliata dalla quale, chissà, potrebbe persino emergere un seguito.