Recensione di Rise of the Ronin su PC: prestazioni e grafica all’altezza delle aspettative?

Team Ninja sbarca su PC con il suo open world storico: tante opzioni grafiche, prestazioni solide e qualche dettaglio da scoprire. È davvero il miglior modo per vivere questa avventura?

di Simone Rampazzi

Dopo anni passati a raffinare il combat system nei Soulslike, con esperimenti riusciti come Nioh e Wo Long: Fallen Dynasty, Team Ninja ha deciso di spingersi oltre. Rise of the Ronin segna il suo ingresso nel mondo degli open world, un territorio inesplorato per lo studio, dove la libertà del giocatore deve convivere con la profondità del suo sistema di combattimento.

Uscito su PS5 a marzo 2024, il gioco approda ora su PC, con l’obiettivo di conquistare una nuova fetta di pubblico. Ma questo porting riesce davvero a valorizzare l’ambiziosa visione di Team Ninja, o finisce per metterne in risalto i limiti strutturali?

L’idea alla base di Rise of the Ronin è ambiziosa e affascinante: trascinare il giocatore nel Giappone del XIX secolo, un’epoca in bilico tra tradizione e rivoluzione, segnata da conflitti, tradimenti e dal declino della classe samurai. Un mondo in trasformazione, dove il combattimento tecnico e spietato si intreccia a una narrazione più aperta, lasciando al giocatore scelte che influenzano il corso della storia.

Un concept che, sulla carta, potrebbe ricordare Ghost of Tsushima, ma che qui vede invece Team Ninja spingere il pedale sull’acceleratore, mantenendo una struttura più ruolistica e punitiva, in cui ogni scontro diventa una questione di sopravvivenza.

Eppure, l’ambizione può trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Rise of the Ronin si muove su un equilibrio precario tra la qualità del suo combat system e una struttura open world che rischia di disperdere l’esperienza in attività ripetitive e un sistema di loot ridondante. Se da un lato il gioco riesce a catturare la brutalità dei duelli e il fascino di un’epoca in transizione, dall’altro si porta dietro un design dispersivo e alcune scelte che potrebbero non convincere tutti.

Il passaggio su PC riuscirà a esaltare i punti di forza del gioco o finirà per evidenziare i suoi limiti?


Il grande salto di Team Ninja: capolavoro o occasione mancata?

Il Bakumatsu, l’ultimo periodo dello shogunato Tokugawa, è un’epoca di transizione violenta. Dopo oltre trecento anni di isolamento, il Giappone si trova improvvisamente costretto a confrontarsi con l’Occidente: le navi straniere approdano nei porti, portando con sé armi, tecnologia e ideologie che minacciano di riscrivere il destino del paese. Guerra, epidemie e instabilità politica gettano la nazione nel caos, dividendo la popolazione tra chi vuole preservare il vecchio ordine e chi cerca di abbracciare il cambiamento.

In questo scenario, il giocatore veste i panni di una delle due metà della Lama Velata, un’unità d’élite forgiata dal clan Kurosu per opporsi allo shogunato. Cresciuto sotto la guida della Forgiatrice, una guerriera veterana, il protagonista è stato addestrato nelle Arti Velate, tecniche letali affinate nell’ombra della ribellione. Ma il destino cambia drasticamente quando, durante una missione per assassinare il commodoro Matthew Perry, la Lama Velata cade vittima di un’imboscata. Il Demone Blu, un avversario apparentemente implacabile, abbatte la Lama Gemella, lasciando il protagonista gravemente ferito e con il peso di una sconfitta che cambierà il corso della sua esistenza.

Costretto a fuggire, il protagonista torna al villaggio della Lama Velata solo per scoprire che la sua controparte è considerata morta. Ma il dubbio si insinua nella sua mente. E se fosse ancora viva? Spinto da questa incrollabile convinzione, il protagonista abbandona tutto e inizia un viaggio che lo porterà al centro del conflitto per il futuro del Giappone.

A differenza di Nioh, dove la trama seguiva un percorso lineare, Rise of the Ronin adotta un sistema più aperto, con il giocatore che può schierarsi con fazioni diverse e influenzare l’evoluzione della storia. Il sistema dei legami consente di stringere rapporti con personaggi storici realmente esistiti, come Sakamoto Ryoma e Genzui Kusaka, alterando il corso degli eventi attraverso le proprie decisioni.

Il Bakumatsu è un periodo storico ricco di tensioni politiche e scontri ideologici, un’epoca in cui la tradizione samurai si scontra con l’irruzione della modernità. Un contesto ipoteticamente perfetto per una narrazione intensa, almeno sulla carta ovviamente. Eppure, Rise of the Ronin sceglie un approccio più distaccato, utilizzando il periodo storico un po' troppo come sfondo, senza approfondirlo davvero.

Basta pensare a Ghost of Tsushima e a come sia riuscito a raccontare l’invasione mongola attraverso il conflitto interiore del protagonista, o a Sekiro, che ha saputo fondere misticismo e realtà storica in una narrazione coesa. Rise of the Ronin, invece, si limita a contestualizzare le vicende senza renderle davvero il fulcro dell’esperienza. La ricostruzione storica è affascinante, ma il gioco non riesce a trasmettere pienamente il peso delle trasformazioni dell’epoca, risultando meno incisivo rispetto ad altre produzioni simili.

Il viaggio del protagonista è coinvolgente e le missioni legate ai personaggi storici sono ben costruite, ma nel complesso la storia rischia di lasciare più il ricordo di un’avventura d’azione che di un vero affresco storico.

Un combattimento tecnico e brutale, ma quanto efficace?

Se Rise of the Ronin si distingue da altri open world ambientati nel Giappone feudale, è grazie al suo sistema di combattimento tecnico e basato sulla reattività, che riprende l’eredità di Nioh e Wo Long ma la evolve in una direzione più tattica. Il parry diventa l’elemento centrale dello scontro, con il Counterspark che permette di deviare gli attacchi con un timing meno rigido rispetto a Sekiro, ma all’interno di un contesto in cui gli avversari risultano molto più aggressivi e reattivi. Le armi offrono una varietà notevole tra katane, spade occidentali, lance e persino armi da fuoco, ma il vero punto di svolta rispetto ai precedenti lavori di Team Ninja è la verticalità degli scontri: il protagonista può sfruttare rampino e aliante per attacchi aerei o per riposizionarsi, aggiungendo una dinamicità che nei Soulslike tradizionali è spesso limitata.

L’introduzione del sistema di alleati è un altro elemento di rottura con il passato dello studio. Il giocatore può combattere insieme a NPC o in co-op con altri giocatori, alternandosi tra più personaggi con abilità uniche. Tuttavia, l’intelligenza artificiale dei compagni si rivela incostante, alternando momenti di supporto efficace a situazioni in cui risultano poco reattivi o superflui.

Dove Rise of the Ronin perde slancio è nella sua struttura open world, che rischia di soffocare il ritmo dell’azione. Il gioco propone attività secondarie, liberazione di accampamenti, collezionabili e missioni ripetitive che ricordano la formula Ubisoft, ma non sempre riesce a renderle davvero significative. Anche la gestione del loot ripropone un problema già visto in Nioh, con una quantità eccessiva di equipaggiamento generato casualmente che appesantisce la progressione e riduce il valore delle ricompense.

Nel complesso, Rise of the Ronin è un action tecnico e soddisfacente, che riesce a innovare il combat system pur rimanendo fedele allo stile punitivo e rigoroso di Team Ninja. Tuttavia, l’apertura al mondo libero e il sistema di progressione potrebbero risultare più dispersivi che funzionali, rendendo il gioco un’esperienza impegnativa e stratificata, ma non sempre coerente nel bilanciamento tra sfida e libertà.

Un Porting su PC ambizioso, ma con qualche limite (almeno nel nostro caso)

Il passaggio di Rise of the Ronin da PS5 a PC offre una vasta gamma di opzioni grafiche personalizzabili, consentendo di adattare l’esperienza a configurazioni più o meno performanti. Il gioco non è immediatamente ottimizzato su tutte le macchine, e trovare il giusto equilibrio tra qualità visiva e fluidità richiede qualche intervento sui settaggi.

La configurazione di prova è stata una RTX 4060 Ti con schermo ultrawide 21:9 (2560x1080), e per ottenere 60 FPS stabili, è stato necessario settare la risoluzione corretta, impostare i dettagli su "Alto" e attivare DLSS con upscaling e frame generation. Con questa combinazione, il gioco mantiene un frame rate solido anche nelle situazioni più concitate, garantendo una fluidità costante. Tuttavia, la gestione del framerate presenta un’anomalia: nelle opzioni, l’unico valore selezionabile è 30 FPS, nonostante il gioco riesca a superare tranquillamente quella soglia con le impostazioni giuste.

Abbassando la risoluzione a 1920x1080, le prestazioni migliorano ulteriormente, raggiungendo 70-80 FPS con lo stesso preset. Questo dimostra che il gioco scalabile bene, anche grazie al numero elevato di impostazioni regolabili. Tra le opzioni disponibili, il giocatore può modificare parametri come Influenza del vento, Filtro anisotropico, Visualizzazione effetti, Qualità movimenti, Illuminazione globale, Screen Space Reflection, Distanza livello di dettaglio, Terreno, Densità vegetazione, Dispersione luminosa in profondità, Qualità volumetrica e Qualità scene.

Questa grande quantità di opzioni garantisce un buon margine di personalizzazione, permettendo al titolo di girare bene sia su sistemi più potenti che su configurazioni meno recenti. Tuttavia, rimangono alcune scelte di design poco intuitive nel menu delle impostazioni, come la gestione del framerate, che potrebbero confondere chi cerca di ottimizzare il proprio setup. Va comunque precisato che i test sono stati condotti su una build creata ad hoc per i recensori, quindi alcune di queste peculiarità potrebbero essere sistemate con aggiornamenti in vista del day one, come spesso accade con i porting su PC.

Nel complesso, il porting su PC si dimostra solido e altamente scalabile, ma potrebbe beneficiare di aggiornamenti per affinare ulteriormente la gestione delle opzioni avanzate.