Riven: Recensione del remake in VR
Riven: correva l'anno 1997
Riven, il seguito del leggendario Myst, è un’avventura grafica che ha catturato l’immaginazione di molti giocatori fin dal suo rilascio nel 1997. Con una trama avvincente che si snoda attraverso una serie di isole misteriose, Riven ha introdotto i giocatori a un mondo dove la scrittura ha il potere di creare universi interi, e dove ogni enigma è una porta verso nuove scoperte. La grafica di Riven, all’avanguardia per l’epoca, combinava immagini fisse di alta qualità con video in full motion, dando vita a un’esperienza visiva ricca e coinvolgente. I puzzle, noti per la loro complessità, si intrecciavano perfettamente con la narrativa, sfidando i giocatori a pensare in modo critico e a osservare attentamente il mondo intorno a loro. Questo gioco non solo ha definito il genere delle avventure grafiche ma ha anche stabilito un nuovo standard per la narrazione interattiva, lasciando un segno indelebile nella storia dei videogiochi.
Il Riven che ci piace
Oggi vanno di moda i walking simulator, Riven non lo è del tutto, ma su questo fronte, pur con schermate fisse, aveva un po' quest'idea di genere ante litteram. Il lavoro di ricreare interamente il gioco grazie all'ausilio dell'Unreal Engine 5 è comunque frutto di una produzione che ha portato molti elementi ad essere realmente, brutalmente, meravigliosi. In VR poi vi sembrerà di immergervi nelle spelonche marittime o di poter attraversare paesaggi esotici, immersi in una civiltà tutta da scoprire. Se a qualcuno l'idea di un gioco come questa sia parzialmente anacronistica - e di fatto sulle piattaforme standard lo è diventato -, in realtà per me, come ogni volta che faccio recensioni di giochi di esplorazione puzzle in VR, ammetto che con un casco sulla testa, ha totalmente senso per la sua capacità immersiva che non potrebbe essere tale in un gioco da guardare su un monitor/tv.
Si respira un mondo che ha il profumo di un tempo ormai trascorso, ma non del tutto anacronistico, dato che su casco questo genere sta tornando in voga, anzi viene foraggiato da produzioni recenti, come il remake di 7th Quest - che ho recensito qui - e di molte altre produzioni più o meno importanti e più o meno riuscite. La soundtrack aiuta a calarsi nella lore, con quei mix di musiche ambientali-tribali che sembrano provenire dalle vicinanze del giocatore, da qualcuno che sta effettivamente suonando quei motivi, il che in qualche modo aggiunge un pizzico di inquietudine. La parte grafica ha degli alti e bassi, sui bassi ho dedicato un capitolo, in cui parlo delle texture, ma vi sono poi talvolta dei momenti in cui si è stupiti da alcuni interni di caverne, particolarmente umide, le cui pareti sembrano trasudare come se fossero reali.
Il Riven che non ci piace
L'esperienza di cui parlerò in questa recensione, riguarda nello specifico quello che ho avuto modo di fare tramite VR e in modo particolare con il Meta Quest 3. Dico ciò perché alcune cose che funzionano e altre meno, sono necessariamente vincolate a questo formato. Partiamo dal fatto che su Quest 3 ci sono oltre 8 giga di dati da installare, che non sono pochi e in questo (pessimo) sistema operativo una volta completata la procedura di download, inizia una trafila anche più lunga di installazione dello stesso che non potete interrompere spegnendo il visore o dovrete ricominciare dall'inizio. A questo si aggiunge che nemmeno fossimo ai tempi del disco magnetico, il primo avvio è qualcosa di estenuante, a cui segue un altro caricamento con un'interfaccia a due dimensioni, segno che forse non sia stato convertito per realtà virtuale in modo ottimale.
Sì, quest'ultima affermazione è suffragata da molte altri elementi francamente poco lucidi nella scelta di programmazione. Uno tra questi è la grafica, che su Quest 2 ci poteva stare che avesse texture super compresse o meno dettagliate, soprattutto guardando alcune superfici o il mare, ma non sul terzo visore della software house di Facebook. Ma andando oltre, i problemi sono presenti anche nell'interazione, spesso si compenetra nelle superfici e se non si è certi di premere o tirare o azionare alcuni meccanismi, c'è il rischio che siano tentativi andati a vuoto perché non vedete una corrispondenza effettiva del movimento della vostra mano. Certo su PC/console con un pad non si può sbagliare, ma doveva essere dato maggior peso alle "mani virtuali" degli utenti.
Ma non abbiamo ancora finito, dato che i "viaggi" a bordo di carrelli della miniera o di stravaganti mezzi di trasporto, sono parte della grande esperienza originale… ma non in VR. Quando inizia un viaggio viene brutalmente interrotto da una schermata nera, seguita da un caricamento per arrivare nell'area interessata. Questo vale anche per le scale che toccate e vi teletrasporto al di sotto, insomma, qualcosa di poco brillante, al netto del fatto che il gioco è stata ricreato interamente quindi non è una remaster, e in un remake si potevano ottimizzare parecchie cose. Le interazioni poi fanno cilecca perfino con i libri, che è fondamentale leggere e sfogliare le pagine diventa un'odissea in cui chiudere e riaprire i libri o allontanarli o cose così, insomma, probabilmente non l'hanno nemmeno testato, dopo averlo completato.