Rogue Waters: Recensione dei pirati caraibici-tattici

Altro che pirati dei caraibi! Qui c'è poco da ridere e tanto da giocare, tra tattica e assalti all'arma bianca. La nostra recensione di Rogue Waters

di Simone Marcocchi

All'arrembaggio miei prodi!

Rogue Waters segue le avventure del Capitano Cutter, un pirata determinato a trovare un leggendario tesoro e a vendicarsi del suo nemico immortale, il Capitano Blackbone. La storia inizia con Cutter che scopre una profezia riguardante un antico potere nascosto. Durante il suo viaggio, forma una ciurma di pirati e affronta numerosi nemici e sfide. Il ruolo del giocatore è quello di fare alcune scelte che non sono solo tattiche e di effettivo ruolo di attacco, ma anche di gestire alternative nel corso della trama che possono avere ripercussioni nella storia.

Man mano che si avvicina al tesoro, Cutter deve fare i conti con tradimenti all’interno della sua ciurma, mettendo alla prova la sua lealtà e determinazione. La narrazione culmina in una battaglia epica, dove la verità sulla profezia e sul tesoro viene finalmente rivelata.
La trama è arricchita da elementi fantasy, non aspettativi il nuovo Pirati dei Caraibi, ci sono parecchi cliché, ma parte in cui si inseriscono spiriti guida e creature mitologiche, che aggiungono profondità e fascino all’avventura. 

Ahr-ahr tra grog e griglie tattiche

Il gameplay si concentra su combattimenti strategici in un'ottima principalmente tattica, sia a terra che in mare, dove il giocatore deve gestire una ciurma di pirati, ognuno con abilità uniche. La natura rogue-like del gioco significa che ogni partita è diversa, grazie a mappe generate proceduralmente e a una varietà di nemici e sfide che cambiano continuamente. La parte in cui spicca maggiormente questo elemento è il classico ramo del percorso in cui scegliere il proprio potenziale destino, ma soprattutto il concetto che la morte non sia la fine, ma un modo per ricominciare con una spinta diversa. 

In una tipica partita, il giocatore inizia con una ciurma di base e deve esplorare isole e mari alla ricerca di risorse e potenziamenti. Durante l’esplorazione, si possono incontrare creature mitiche che possono diventare alleate o avversarie. I combattimenti sono a turni, richiedendo una pianificazione attenta delle mosse e l’uso strategico delle abilità dei membri della ciurma. Ad esempio, un giocatore potrebbe trovarsi a dover affrontare un gruppo di nemici su un’isola, utilizzando le abilità di un pirata per creare una trappola mentre un altro pirata attacca da lontano con un’arma a distanza.

In questo diventa fondamentale gestire la quantità di membri della ciurma a disposizione, per il numero che è permesso utilizzare, quindi una cernita e una scelta oculata diventa la più importante delle strategie.
Le situazioni in cui ci si trova possono variare enormemente: da battaglie navali contro flotte nemiche a duelli contro capitani rivali, fino a esplorazioni di caverne piene di tesori e trappole. Ogni decisione può influenzare l’esito della partita, e la morte di un membro della ciurma è permanente, costringendo il giocatore a trovare nuovi alleati e adattarsi costantemente alle nuove circostanze. Questo crea un ciclo di gioco avvincente dove l’esplorazione, il combattimento e l’adattamento sono fondamentali per la sopravvivenza e il successo.

La benda sull'occhio

La grafica di Rogue Waters richiama il mondo dei pirati e delle avventure marittime, con un design dei personaggi e delle creature marine dettagliato e colorato, pur sfruttando uno stile cartoonesco. Dove possono esserci i difetti? Certamente questa non è una trama così avvincente, se non un modo per passare da una missione all'altra con uno scopo più o meno chiaro, inoltre il gameplay è piuttosto trito e ritrito, si usa lo spintone, oltre alle azioni dei personaggi per aggiungere un livello in più di strategia, ma è una cosa già usata e non è che ci sia chissà quale effettiva novità. In definitiva è ben fatto, senza guizzi particolari, ma comunque piacevole, duraturo e che spinge il giocatore o voler restare in partita a lungo. Peccato forse per la non capacità di volersi distinguere o anche peggio di voler essere così "cattivi" con il giocatore che alla fine rischia di stufarsi per un bilanciamento un po' superficiale.