Ryse Son of Rome
di
Roberto Vicario
Lo sviluppo di Ryse: Son of Rome é stato sicuramente più travagliato dell'intera storia dell'Antica Roma. Nato sotto il nome di Codename Kingdom, il gioco ha attraversato sei lunghissimi anni di sviluppo, in cui ha subito ben due reset, per arrivare a quello che oggi ci troviamo tra le mani. Un tempo infinito che, come dimostra la storia dei videogiochi, non hai mai portato a nulla di troppo positivo in termini di prodotto finale. Come si comporta questo Ryse: Son of Rome nella nostra fiammante Xbox One? scopriamolo insieme.
Una Roma tanto bella da vedere quanto noiosa da giocare
Citando un vecchio detto popolare che recita “ tolto il dente, tolto il dolore” é bene arrivare dritti al punto: Ryse non é quello che molto si sarebbero aspettati, o meglio, si prefigge un obiettivo che riesce a raggiungere solo parzialmente. La Roma realizzata dagli sviluppatori teutonici é in assoluto un vero e proprio spettacolo per gli occhi. Accantonato il rigore storico, sin dalle prime battute di gioco, in cui faremo la conoscenza di Marius Titus e della sua sete di vendetta nei confronti dei barbari che stanno mettendo a ferro e fuoco la città eterna, verremo investi dalla componente tecnica del gioco. Ryse stupisce gli occhi, ti riempie di quella magnificenza grafica che sino a poco tempo fa era relegata unicamente al mondo della CG.
Il CryEngine - motore di sviluppo proprietario - sembra trovarsi perfettamente a suo agio all'interno dell'architettura di Xbox One e questa perfetta sinergia porta ad un spettacolo estetico davvero impattante. Gli ambienti, per quanto abbastanza chiusi e poco esplorabili, mettono in mostra le buone potenzialità di questa generazione con effetti volumetrici, un utilizzo degli shader a dir poco magistrale, un level design curato nei minimi dettagli, un orizzonte vastissimo e mozzafiato, legato ad un sistema di illuminazione dinamico stupefacente. Inutile girarci attorno, nonostante qualche bug, sopratutto nel calcolo delle collisioni durante gli scontri, il gioco é sicuramente una splendida dimostrazione di quello che l'attuale generazione sarà in grado di fare negli anni a venire, con buona pace di chi non si aspettava - almeno a livello visivo - un vero e proprio salto generazionale.
Unica nota stonata, in un microcosmo altrimenti pericolosamente a ridosso della perfezione artistica, la segnaliamo nei modelli poligonali dei nemici, sicuramente molto complessi e dettagliati, ma anche estremamente simili tra di loro, con una diversificazione estetica unicamente legata alla classe dell'avversario di turno. Dei modelli generati casualmente avrebbero sicuramente giovato di più al gioco, facendo sembrare il tutto meno ripetitivo agli occhi del giocatore.
Entrando però nel cuore di quella che é l'esperienza di un gioco, il gameplay, scopriamo che Crytek non é riuscita ad essere così incisiva come ci saremmo aspettati. Il sistema di combattimento che sta alla base di questa esperienza esperienza é votato completamente alla disperata esaltazione della spettacolarità, imbastendo un teatrino fatto di attacchi, parate e contrattacchi che seppur molti belli da vedere, sacrificano sull'altare dell'essenza coreografica, la profondità.
Il nostro Marius avrà dalla sua il classico attacco leggero, uno più pensante che grazie all'utilizzo dello scudo permette di rompere le difese avversarie, un tasto per deviare i colpi nemici e la classica schivata con rotolamento evasivo. A questo si aggiungono le tanto discusse esecuzioni che, attraverso un sistema in real time consultabile tramite d pad, ci permetteranno di acquisire diversi aiuti nel corso degli scontri, come il ripristino della vita, l'acquisizione di più XP ad ogni uccisione o il riempimento della modalità furia, una sorta di rage mode momentanea.
Tutto questo si traduce in un combat system legato più al ritmo e al flusso dello scontro, un po come visto in maniera semplicistica all'interno della saga di Assassin's Creed ed in maniera più complessa nel Batman di Rocksteady. Ryse si posiziona esattamente a metà tra questi due titoli anche se pecca nel dare ritmo agli scontri che sembreranno tutti troppo simili l'uno all'altro con pattern di attacco che si ripeteranno costantemente e nemici dall'intelligenza artificiale tutt'altro che sopraffina. Intendiamoci, non stiamo parlando dei classici uno contro uno conosciuti nella già citata saga di Ubisoft, ma la nostre lamentele si indirizzano verso un sistema di combattimento che non si evolve mai nel corso della storia, relegando unicamente all'introduzione di qualche semplice nemico di diversa natura la varietà di combattimento. Tutto questo alla lunga stanca, e l'impatto coreografico dopo qualche ora di gioco lascia il campo alla noiosa ripetitività: vero e proprio tallone di Achille di questa produzione.
A poco servono le varianti inserite dagli sviluppatori, come sezioni in cui in formazione da testuggine avanziamo in maniera scriptata riparandoci dalle frecce dei nemici, oppure in sezioni molto tower defense in cui utilizzando una balista dovremo difenderci dall'avanzata barbara. La sostanza di Ryse rimane quella di un titolo dall'enorme potenziale, ma che in larga parte viene vanificato da un gameplay troppo semplicistico e dal mordente che inizia ad allentare la presa dopo poche ore di giocato.
Le stesse boss fight, sono di una banalità disarmante che associate alla già citata IA, rendono la difficoltà del gioco pericolosamente tarata verso il basso. Vi basti pensare che abbiamo portato a termine il titolo a livello difficile in poco più di sei ore di gioco.
Ad ulteriore dimostrazione di quello che sosteniamo vi é un sistema di crescita interna del personaggio che, a differenza di quelli visti in altri titoli - e palesemente influenzato dalla banalità degli scontri - non riuscendo mai a dare l'idea di avere un reale impatto nella fasi di mischia, rendendolo quasi più un vezzo che uno strumento di reale aiuto.
Sapore che in bocca si fa ancora più amaro quando, parlando del comparto multigiocatore, possiamo tranquillamente affermare che nella sua semplicità, risulta estremamente efficace e divertente. Creare e far progredire il nostro gladiatore all'interno delle diverse arene, completando diversi tipi di sfide é una pratica estremamente divertente e che, vista la brevità della modalità singolo giocatore, diventa quasi vitale per allungare la longevità del prodotto. Senza dimenticare il pieno supporto a smartglass.
Nonostante abbiamo già parlato in apertura della componente tecnica del titolo, é giusto prima di arrivare al commento finale, citare due elementi piuttosto riusciti del titolo: le cut scene e il comparto audio. Il primo elemento citato si colloca anch'esso all'interno dell'eccellente comparto tecnico con sequenze in performance capture assolutamente efficaci, in grado di regalare carisma ai personaggi nonostante la banalità della trama. Ottimo anche il doppiaggio in lingua italiana - tra i migliori mai ascoltati - e la campionatura degli effetti sonori, in grado di immergere il giocatore nel marasma degli scontri all'arma bianca tipici di quell'epoca.
Insomma, Ryse: Son of Rome é un progetto dal grandissimo potenziale ma che non é stato sfruttato a dovere dagli sviluppatori. Un titolo tanto bello da vedere quanto noioso da giocare. Ci preme sottolineare che non ci troviamo davanti ad un gioco brutto, ma piuttosto ad un titolo che a favore della componente coreografica ha sacrificato buona parte della profondità legata agli scontri. Purtroppo però, essendo quest'ultimo l'elemento portante dell'intera produzione, nel momento in cui all'occhio di chi sta giocando combattere diventerà noioso, l'interesse nei confronti di questa produzione cadrà vertiginosamente verso il basso, spingendo il giocatore a completare il titolo più per la sua brevità che per reale interesse. Un vero peccato insomma.
Una Roma tanto bella da vedere quanto noiosa da giocare
Citando un vecchio detto popolare che recita “ tolto il dente, tolto il dolore” é bene arrivare dritti al punto: Ryse non é quello che molto si sarebbero aspettati, o meglio, si prefigge un obiettivo che riesce a raggiungere solo parzialmente. La Roma realizzata dagli sviluppatori teutonici é in assoluto un vero e proprio spettacolo per gli occhi. Accantonato il rigore storico, sin dalle prime battute di gioco, in cui faremo la conoscenza di Marius Titus e della sua sete di vendetta nei confronti dei barbari che stanno mettendo a ferro e fuoco la città eterna, verremo investi dalla componente tecnica del gioco. Ryse stupisce gli occhi, ti riempie di quella magnificenza grafica che sino a poco tempo fa era relegata unicamente al mondo della CG.
Il CryEngine - motore di sviluppo proprietario - sembra trovarsi perfettamente a suo agio all'interno dell'architettura di Xbox One e questa perfetta sinergia porta ad un spettacolo estetico davvero impattante. Gli ambienti, per quanto abbastanza chiusi e poco esplorabili, mettono in mostra le buone potenzialità di questa generazione con effetti volumetrici, un utilizzo degli shader a dir poco magistrale, un level design curato nei minimi dettagli, un orizzonte vastissimo e mozzafiato, legato ad un sistema di illuminazione dinamico stupefacente. Inutile girarci attorno, nonostante qualche bug, sopratutto nel calcolo delle collisioni durante gli scontri, il gioco é sicuramente una splendida dimostrazione di quello che l'attuale generazione sarà in grado di fare negli anni a venire, con buona pace di chi non si aspettava - almeno a livello visivo - un vero e proprio salto generazionale.
Unica nota stonata, in un microcosmo altrimenti pericolosamente a ridosso della perfezione artistica, la segnaliamo nei modelli poligonali dei nemici, sicuramente molto complessi e dettagliati, ma anche estremamente simili tra di loro, con una diversificazione estetica unicamente legata alla classe dell'avversario di turno. Dei modelli generati casualmente avrebbero sicuramente giovato di più al gioco, facendo sembrare il tutto meno ripetitivo agli occhi del giocatore.
Entrando però nel cuore di quella che é l'esperienza di un gioco, il gameplay, scopriamo che Crytek non é riuscita ad essere così incisiva come ci saremmo aspettati. Il sistema di combattimento che sta alla base di questa esperienza esperienza é votato completamente alla disperata esaltazione della spettacolarità, imbastendo un teatrino fatto di attacchi, parate e contrattacchi che seppur molti belli da vedere, sacrificano sull'altare dell'essenza coreografica, la profondità.
Il nostro Marius avrà dalla sua il classico attacco leggero, uno più pensante che grazie all'utilizzo dello scudo permette di rompere le difese avversarie, un tasto per deviare i colpi nemici e la classica schivata con rotolamento evasivo. A questo si aggiungono le tanto discusse esecuzioni che, attraverso un sistema in real time consultabile tramite d pad, ci permetteranno di acquisire diversi aiuti nel corso degli scontri, come il ripristino della vita, l'acquisizione di più XP ad ogni uccisione o il riempimento della modalità furia, una sorta di rage mode momentanea.
Tutto questo si traduce in un combat system legato più al ritmo e al flusso dello scontro, un po come visto in maniera semplicistica all'interno della saga di Assassin's Creed ed in maniera più complessa nel Batman di Rocksteady. Ryse si posiziona esattamente a metà tra questi due titoli anche se pecca nel dare ritmo agli scontri che sembreranno tutti troppo simili l'uno all'altro con pattern di attacco che si ripeteranno costantemente e nemici dall'intelligenza artificiale tutt'altro che sopraffina. Intendiamoci, non stiamo parlando dei classici uno contro uno conosciuti nella già citata saga di Ubisoft, ma la nostre lamentele si indirizzano verso un sistema di combattimento che non si evolve mai nel corso della storia, relegando unicamente all'introduzione di qualche semplice nemico di diversa natura la varietà di combattimento. Tutto questo alla lunga stanca, e l'impatto coreografico dopo qualche ora di gioco lascia il campo alla noiosa ripetitività: vero e proprio tallone di Achille di questa produzione.
A poco servono le varianti inserite dagli sviluppatori, come sezioni in cui in formazione da testuggine avanziamo in maniera scriptata riparandoci dalle frecce dei nemici, oppure in sezioni molto tower defense in cui utilizzando una balista dovremo difenderci dall'avanzata barbara. La sostanza di Ryse rimane quella di un titolo dall'enorme potenziale, ma che in larga parte viene vanificato da un gameplay troppo semplicistico e dal mordente che inizia ad allentare la presa dopo poche ore di giocato.
Le stesse boss fight, sono di una banalità disarmante che associate alla già citata IA, rendono la difficoltà del gioco pericolosamente tarata verso il basso. Vi basti pensare che abbiamo portato a termine il titolo a livello difficile in poco più di sei ore di gioco.
Ad ulteriore dimostrazione di quello che sosteniamo vi é un sistema di crescita interna del personaggio che, a differenza di quelli visti in altri titoli - e palesemente influenzato dalla banalità degli scontri - non riuscendo mai a dare l'idea di avere un reale impatto nella fasi di mischia, rendendolo quasi più un vezzo che uno strumento di reale aiuto.
Sapore che in bocca si fa ancora più amaro quando, parlando del comparto multigiocatore, possiamo tranquillamente affermare che nella sua semplicità, risulta estremamente efficace e divertente. Creare e far progredire il nostro gladiatore all'interno delle diverse arene, completando diversi tipi di sfide é una pratica estremamente divertente e che, vista la brevità della modalità singolo giocatore, diventa quasi vitale per allungare la longevità del prodotto. Senza dimenticare il pieno supporto a smartglass.
Nonostante abbiamo già parlato in apertura della componente tecnica del titolo, é giusto prima di arrivare al commento finale, citare due elementi piuttosto riusciti del titolo: le cut scene e il comparto audio. Il primo elemento citato si colloca anch'esso all'interno dell'eccellente comparto tecnico con sequenze in performance capture assolutamente efficaci, in grado di regalare carisma ai personaggi nonostante la banalità della trama. Ottimo anche il doppiaggio in lingua italiana - tra i migliori mai ascoltati - e la campionatura degli effetti sonori, in grado di immergere il giocatore nel marasma degli scontri all'arma bianca tipici di quell'epoca.
Insomma, Ryse: Son of Rome é un progetto dal grandissimo potenziale ma che non é stato sfruttato a dovere dagli sviluppatori. Un titolo tanto bello da vedere quanto noioso da giocare. Ci preme sottolineare che non ci troviamo davanti ad un gioco brutto, ma piuttosto ad un titolo che a favore della componente coreografica ha sacrificato buona parte della profondità legata agli scontri. Purtroppo però, essendo quest'ultimo l'elemento portante dell'intera produzione, nel momento in cui all'occhio di chi sta giocando combattere diventerà noioso, l'interesse nei confronti di questa produzione cadrà vertiginosamente verso il basso, spingendo il giocatore a completare il titolo più per la sua brevità che per reale interesse. Un vero peccato insomma.
Ryse Son of Rome
6
Voto
Redazione
Ryse Son of Rome
Ryse: Son of Rome é un titolo che poteva tranquillamente ambire a lidi più importanti di quello a cui purtroppo si trovo relegato. Un titolo tanto bello da vedere quanto noioso e in larga parte banale da giocare. Crytek si dimostra ancora una volta estremamente abile nella realizzazione tecnica, quanto palesemente inesperta nella costruzione di gameplay che supportino lo splendore visivo. Una vera e propria occasione sprecata.