Samurai Warriors 3
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Nel panorama della storia giapponese, forse nessuna epoca ha solleticato l'immaginazione degli sviluppatori di videogames come ha saputo fare il Sengoku-Jidai. Questa espressione, traducibile in "era degli stati combattenti", indica un periodo che parte intorno al 1480 per poi coprire l'intero XVI secolo, ed é segnato dalla crisi dello Shogunato, la suprema autorità militare, ossia il garante della stabilità del paese. L'assenza di un potere centrale forte accrebbe l'ambizione dei grandi proprietari terrieri, che iniziarono a scontrarsi per colmare il vuoto ed ottenere il predominio sul suolo nipponico. Si giunse dunque ad un perenne stato di guerra: non vi fu angolo dell'Impero che non assistette alla sanguinosa lotta fra i numerosi clan. Su infiniti campi di battaglia si distinsero generazioni di condottieri, samurai, ninja e uomini d'arme d'ogni genere. Koei spicca sicuramente fra le software house che hanno attinto maggiore ispirazione da questo scenario affascinante: ne é chiaro esempio la saga di Samurai Warriors, nata su Playstation 2 da una costola di Dynasty Warriors (ambientato invece nella Cina del Romanzo dei tre regni) ed approdata ora, col suo terzo capitolo, sulla console Nintendo. Il gioco mette nei panni di un ufficiale dell'esercito, permettendo di scegliere fra una nutrita schiera di esponenti delle più diverse fazioni, il cui numero supera abbondantemente la trentina.
A tale (notevole) quantità di personaggi disponibili si é giunti assommando qualche new entry al cast degli episodi preesistenti (per chi mastica un po' l'argomento, riguardo i newcomers basti fare i nomi -fra gli altri- di Mori Motonari, Kato Kiyomasa o Kuroda Kanbei). L'abbondanza é indubbiamente favorita dal bacino amplissimo a cui attingere (se ancora non si fosse capito, stiamo parlando di un'epoca feconda di eroi), unita alla tendenza a ricomprendere nella cerchia dei guerrieri, a fianco dei tradizionali generali, dei samurai ecc... Anche figure che poco c'entrerebbero col contesto militare, come le donne di corte. Questa apertura a guerrieri "particolari" é dettata da ragioni di varietà; sempre per motivi di varietà, le sembianze degli stessi, spesso (ma non sempre), si discostano dall'immagine immortalata nei ritratti del tempo. In materia di abbigliamento, si ravvisa qualche netto ravvicinamento al gusto contemporaneo: capiterà di vedere più di una fanciulla indossare vestiti degni di una teen-ager odierna, ovviamente succinti. Il Team di sviluppo Omega Force si é concesso qualche evidente anacronismo in virtù delle esigenze ludiche, ma va compreso, sebbene in qualche frangente abbia calcato troppo la mano: chissà che il povero Chosokabe Motochika li perdoni, per averlo trasformato, da rispettabile signore della provincia di Tosa qual era, in uno scavezzacollo molto simile ad un punk!
Complessivamente si dispone di un gruppo di personaggi ricco e composito, dove ognuno si differenzia per aspetto fisico ed arma utilizzata. Riguardo quest'ultimo punto, l'assortimento di strumenti offensivi spazia dalle molteplici tipologie di spade e lance fino a derivati meno convenzionali come il kusarikama (un falcetto con una catena, alla cui estremità é attaccato un peso), impugnato per l'occasione dal ninja Hattori Hanzo.
Il gameplay poggia su una struttura elementare, eppure collaudata. Si controlla un ufficiale nel bel mezzo di una battaglia, ma non si impartiscono ordini ai sottoposti e non ci si occupa di raffinate questioni strategiche. Più prosaicamente, si menano fendenti in puro stile action. L'unità di base dell'esercito é costituita dai soldati semplici, incapaci di opporre una valida resistenza ma estremamente numerosi, tanto che di norma se ne uccidono nell'ordine delle centinaia. Ve ne sono di diverse categorie, fra cui gli ashigaru (la comune fanteria), gli arcieri, i moschettieri ecc... Ben più pericolosi gli ufficiali nemici, con i quali ci si confronta in lunghi duelli, che costituiscono il vero fulcro delle battaglie. Gli avversari più duri si rivelano davvero difficili da fronteggiare, senza contare che non ritengono affatto disonorevole aggredire l'utente in tre o quattro alla volta, contro uno (va da sé che si possa anche fare il contrario).
Questi brevi cenni non devono condurre all'impressione di un'azione totalmente sragionata: sebbene non vi sia molto da pensare, nemmeno ci si limita alla continua ricerca di carne da macellare. Ogni battaglia prevede infatti degli obiettivi, che per essere perseguiti impongono di adattare il proprio stile di gioco alle necessità del momento. Se, ad esempio, venisse richiesto di abbattere un ufficiale in breve tempo, ci si dovrebbe dirigere celermente verso di lui ed assalirlo con veemenza, anche se si é soliti assumere un atteggiamento attendista. Ma, a prescindere dagli obiettivi, si é spontaneamente spinti dal buon senso ad orientarsi sul campo con quel minimo di cognizione di causa indispensabile. Viene appunto spontaneo aiutare un ufficiale amico in crisi, o servirsi della sua collaborazione per sconfiggere nemici altrimenti preponderanti.
Il metodo di combattimento si fonda su due sole mosse, l'attacco normale e quello potente. Il sistema di combo, piuttosto limitato, consta di una serie di attacchi normali seguiti da uno o due attacchi potenti. L'attacco Musou, una spettacolare super che si può attivare dopo aver riempito un'apposita barra, e le capacità speciali sono invece delle mosse le cui caratteristiche variano a seconda del guerriero usato. Per completare la disamina occorre citare le solite parate e schivate, nonché il salto. Sebbene le sue dinamiche non siano molto approfondite, il combattimento diverte; ci riesce proprio perché, in virtù della sua impostazione semplice, esso offre grande immediatezza, senza per questo rinunciare alla sostanza dei duelli. Semmai, va criticata la ripetitività di fondo, alla quale il repertorio di mosse ristretto va inevitabilmente incontro. Ripetitività aggravata, essendo trasversale ai personaggi: per quanto distinti nelle fisionomie, e soprattutto nelle armi imbracciate, per ognuno di essi viene riproposto il medesimo modello di combattimento. Sia che si tratti di un ingombrante martellone, sia che si tratti di un agile fioretto.
Un discorso a parte merita il livello di difficoltà. Se viene settato verso il basso, allora Samurai Warriors rischia di divenire un becero taglia-taglia di nemici, dove si arriva facilmente alla conclusione senza trovare ostacoli degni di nota. Se invece si sposta verso l'alto, allora il fattore di sfida si impenna vertiginosamente, offrendo una esperienza che esige una buona dose di impegno, ma sarà capace di appagare in proporzione agli sforzi compiuti.
A tale (notevole) quantità di personaggi disponibili si é giunti assommando qualche new entry al cast degli episodi preesistenti (per chi mastica un po' l'argomento, riguardo i newcomers basti fare i nomi -fra gli altri- di Mori Motonari, Kato Kiyomasa o Kuroda Kanbei). L'abbondanza é indubbiamente favorita dal bacino amplissimo a cui attingere (se ancora non si fosse capito, stiamo parlando di un'epoca feconda di eroi), unita alla tendenza a ricomprendere nella cerchia dei guerrieri, a fianco dei tradizionali generali, dei samurai ecc... Anche figure che poco c'entrerebbero col contesto militare, come le donne di corte. Questa apertura a guerrieri "particolari" é dettata da ragioni di varietà; sempre per motivi di varietà, le sembianze degli stessi, spesso (ma non sempre), si discostano dall'immagine immortalata nei ritratti del tempo. In materia di abbigliamento, si ravvisa qualche netto ravvicinamento al gusto contemporaneo: capiterà di vedere più di una fanciulla indossare vestiti degni di una teen-ager odierna, ovviamente succinti. Il Team di sviluppo Omega Force si é concesso qualche evidente anacronismo in virtù delle esigenze ludiche, ma va compreso, sebbene in qualche frangente abbia calcato troppo la mano: chissà che il povero Chosokabe Motochika li perdoni, per averlo trasformato, da rispettabile signore della provincia di Tosa qual era, in uno scavezzacollo molto simile ad un punk!
Complessivamente si dispone di un gruppo di personaggi ricco e composito, dove ognuno si differenzia per aspetto fisico ed arma utilizzata. Riguardo quest'ultimo punto, l'assortimento di strumenti offensivi spazia dalle molteplici tipologie di spade e lance fino a derivati meno convenzionali come il kusarikama (un falcetto con una catena, alla cui estremità é attaccato un peso), impugnato per l'occasione dal ninja Hattori Hanzo.
Il gameplay poggia su una struttura elementare, eppure collaudata. Si controlla un ufficiale nel bel mezzo di una battaglia, ma non si impartiscono ordini ai sottoposti e non ci si occupa di raffinate questioni strategiche. Più prosaicamente, si menano fendenti in puro stile action. L'unità di base dell'esercito é costituita dai soldati semplici, incapaci di opporre una valida resistenza ma estremamente numerosi, tanto che di norma se ne uccidono nell'ordine delle centinaia. Ve ne sono di diverse categorie, fra cui gli ashigaru (la comune fanteria), gli arcieri, i moschettieri ecc... Ben più pericolosi gli ufficiali nemici, con i quali ci si confronta in lunghi duelli, che costituiscono il vero fulcro delle battaglie. Gli avversari più duri si rivelano davvero difficili da fronteggiare, senza contare che non ritengono affatto disonorevole aggredire l'utente in tre o quattro alla volta, contro uno (va da sé che si possa anche fare il contrario).
Questi brevi cenni non devono condurre all'impressione di un'azione totalmente sragionata: sebbene non vi sia molto da pensare, nemmeno ci si limita alla continua ricerca di carne da macellare. Ogni battaglia prevede infatti degli obiettivi, che per essere perseguiti impongono di adattare il proprio stile di gioco alle necessità del momento. Se, ad esempio, venisse richiesto di abbattere un ufficiale in breve tempo, ci si dovrebbe dirigere celermente verso di lui ed assalirlo con veemenza, anche se si é soliti assumere un atteggiamento attendista. Ma, a prescindere dagli obiettivi, si é spontaneamente spinti dal buon senso ad orientarsi sul campo con quel minimo di cognizione di causa indispensabile. Viene appunto spontaneo aiutare un ufficiale amico in crisi, o servirsi della sua collaborazione per sconfiggere nemici altrimenti preponderanti.
Il metodo di combattimento si fonda su due sole mosse, l'attacco normale e quello potente. Il sistema di combo, piuttosto limitato, consta di una serie di attacchi normali seguiti da uno o due attacchi potenti. L'attacco Musou, una spettacolare super che si può attivare dopo aver riempito un'apposita barra, e le capacità speciali sono invece delle mosse le cui caratteristiche variano a seconda del guerriero usato. Per completare la disamina occorre citare le solite parate e schivate, nonché il salto. Sebbene le sue dinamiche non siano molto approfondite, il combattimento diverte; ci riesce proprio perché, in virtù della sua impostazione semplice, esso offre grande immediatezza, senza per questo rinunciare alla sostanza dei duelli. Semmai, va criticata la ripetitività di fondo, alla quale il repertorio di mosse ristretto va inevitabilmente incontro. Ripetitività aggravata, essendo trasversale ai personaggi: per quanto distinti nelle fisionomie, e soprattutto nelle armi imbracciate, per ognuno di essi viene riproposto il medesimo modello di combattimento. Sia che si tratti di un ingombrante martellone, sia che si tratti di un agile fioretto.
Un discorso a parte merita il livello di difficoltà. Se viene settato verso il basso, allora Samurai Warriors rischia di divenire un becero taglia-taglia di nemici, dove si arriva facilmente alla conclusione senza trovare ostacoli degni di nota. Se invece si sposta verso l'alto, allora il fattore di sfida si impenna vertiginosamente, offrendo una esperienza che esige una buona dose di impegno, ma sarà capace di appagare in proporzione agli sforzi compiuti.