SCHiM: la Recensione di un'Odissea Saltellante
Un Platform semplice, ma solo all'apparenza
SCHiM è un gioco che dimostra come la passione di due sviluppatori Indie, nella fattispecie Ewoud van der Werf e Nils Slijkerman, possa portare alla creazione di un prodotto completo, moderno e originale. Certo, ci è voluta la collaborazione di Extra Nice e Playism per veder arrivare il gioco sugli scaffali digitali, ma fa sempre piacere constatare che sul mercato ci sia ancora spazio per produzioni di questo livello. Dopo aver saltellato qua e là, eccoci pronti a farvi una Recensione di SCHiM.
SCHiM: una Storia di Ombre e Legami
Peter Pan, come forse saprete, un giorno perse la sua ombra e dovette tornare a casa di Wendy per recuperarla. Probabilmente, la trama di SCHiM si ispira proprio a questa fiaba: ogni creatura o oggetto nel gioco ha infatti un piccolo folletto nero dalla forma vagamente rospoide che vive nella sua ombra, che chiameremo per l'appunto Schim [che in olandese, senza troppa sorpresa, significa “ombra”]. Talvolta gli Schim, come l'ombra di Peter, amano andare a farsi qualche saltello in giro, magari per far visita ad altri Schim nelle ombre altrui o per fare qualche marachella, ma non possono stare troppo a lungo lontani dalla loro “casa”. Questo è quello che accade al protagonista del gioco, uno Schim che a causa di una caduta rovinosa del suo umano vede spezzarsi il suo legame e deve cercare a tutti i costi di riconnettersi al suo partner... il quale però sembra inconsciamente fare di tutto per evitare la cosa.
Dal punto di vista prettamente meccanico, SCHiM è un platform a visuale isometrica, in cui le piattaforme sono costituite dalle varie zone d'ombra su cui il protagonista dovrà saltare e “nuotare” non potendo sostare alla luce se non per pochi istanti – sufficienti per fare solo un altro piccolo saltello correttivo. Va da sé che alcune cose come alberi, pali, cartelli, avranno ombre statiche, mentre altre come persone, animali, veicoli e altri oggetti [es. un aquilone] si porteranno appresso l'ombra quando si spostano. Lo scopo di ciascuno dei livelli del gioco sarà sostanzialmente il medesimo: lo Schim dovrà inseguire l'umano da cui si è staccato cercando di raggiungere volta per volta la fine del livello. Nella più classico dei “grazie, Schim, ma il tuo umano è in un altro livello” l'obiettivo continuerà a sfuggirgli, ma d'altro canto il gioco non ci fa pressione essendo assente qualsiasi limite di tempo.
Ovviamente il percorso dal punto A al punto B non sarà sempre lineare e sebbene lo Schim avrà talvolta la possibilità di scegliere tra diversi tragitti – gli ambienti sono vasti e vari, popolati in maniera realistica – non mancheranno passaggi obbligatori o sequenze più complesse di altre. Fortunatamente le capacità del protagonista non saranno unicamente deambulatorie: oltre a poter saltare da un'ombra all'altra lo Schim potrà infatti anche interagire con l'oggetto che produce l'ombra che occupa. Ecco pertanto che potrà far salire o scendere una sbarra meccanica per creare nuovi percorsi, attivare o disattivare i semafori per modificare il flusso del traffico – e quindi delle automobili-piattaforma – utilizzare cartelli inclinati o maniche a vento come “fionda” per fare lunghi salti, far suonare le trombe di un camion per spaventare un gatto dormiglione trasformandolo così in un “mezzo di trasporto” e altro ancora. Nella vastità dei livelli di SCHiM si celano numerosi piccoli puzzle, alcuni da risolvere necessariamente per proseguire nell'avventura, altri finalizzati alla raccolta di alcuni oggetti smarriti da restituire agli Schim proprietari, che costituiscono poi i “collezionabili” del gioco.
SCHiM: Un Mondo Bicolore senza Chiaroscuri
Ciò che immediatamente colpisce nella grafica di SCHiM è la scelta di realizzare un mondo sostanzialmente monocromatico, o per essere più precisi bicromatico: ci sono le ombre, in cui lo Schim può aggirarsi, e c'è tutto il resto, il cui colore non è effettivamente importante per lui ed infatti è realizzato in tinta unita. La genialità sta nel fatto che la tinta di base scelta vari comunque in base all'ambiente e all'illuminazione generale: un parco o un giardino durante una giornata luminosa avranno probabilmente una portante di colore verde chiaro, mentre alla sera questa sarà verde scuro; una via cittadina tenderà a colori più neutri, come il grigio-azzurro di un mattino sereno o l'arancione o il rosso di un tramonto. Non mancheranno situazioni più particolari, come la pioggia coi suoi toni scuri blu-viola o alcune sessioni notturne in cui i colori diventeranno tre: uno per la luce, uno per le ombre e uno per le zone scarsamente illuminate in cui le ombre non sono distinguibili ma in cui lo Schim non può comunque addentrarsi. Se poi le tinte di default non dovessero essere di vostro gradimento, o magari causassero problemi ai soggetti sensibili, è anche possibile agire sulle impostazioni di gioco per personalizzarle.
Altrettanto minimalista è il comparto audio: la colonna sonora è molto discreta e ci accompagna per tutti i 65 livelli del gioco, laddove la fanno invece da padroni gli effetti, primo fra tutti quello del saltello da ranocchia dello Schim e i vari “plof” e “pluf” che emette quando atterra al sicuro su un'ombra. Abbondano poi i suoni degli oggetti con cui interagisce, come i clacson dei veicoli, i rumori dei macchinari e i versi degli animali, ma non sentiremo mai gli umani parlare: le scene di dialogo a cui assisteremo nei neri panni dello Schim andranno intuite ed interpretate più che ascoltate.
SCHiM come Metafora della Vita
Se dovessimo formulare un giudizio su SCHiM basandoci unicamente sulla sua realizzazione e sul gameplay dovremmo etichettarlo come “semplice”, sia per quanto riguarda la realizzazione grafica che abbiamo già descritto – ma lì subentra lo stile minimalista che non è certamente qualcosa da mettere in discussione – sia nel senso di “facile da portare a termine”. In effetti, sebbene di tanto in tanto non manchi qualche picco di difficoltà – come ad esempio i livelli notturni o alcuni passaggi non immediatamente visibili o ancora legati al movimento più o meno randomico di certi oggetti – a conti fatti questi ostacoli si contano sulle dita di una mano e per il resto il gioco è un regolare spostarsi dal punto A al punto B, semplicemente saltando da un'ombra all'altra. Ripetutamente. Per ore. Per 65 livelli.
Ma fermarsi ad un giudizio di questo tipo sarebbe sbagliato, perché significherebbe tagliare fuori quello che si cela dietro a questo gioco, ossia la metafora di una vita in difficoltà. È qualcosa che si può intuire sin dall'inizio ma che si comprende pienamente solo più avanti: il fatto che in realtà il protagonista della vicenda non sia lo Schim ma l'umano a cui era attaccato, un uomo che nelle prime fasi del gioco perde l'amore, il lavoro, la bicicletta, l'autobus e all'apice dello sconforto la fiducia in se stesso e l'amore per la vita – rappresentati dallo Schim. Non vi faremo naturalmente Spoiler, ma vi diremo che il percorso dello Schim che cerca di ricongiungersi all'umano è in realtà il percorso interiore dell'umano che deve ritrovare se stesso, la sua natura, il suo entusiasmo e i suoi sogni, come quando da bambino era [appunto] tutt'uno col suo Schim e si divertiva a saltare da un'ombra all'altra.
...e se proprio qualcuno non avesse tempo o voglia di soffermarsi su questi concetti [siamo giocatori, non per forza filosofi!] allora diremo che una volta completato il gioco si sbloccheranno tre nuove opzioni che renderanno il gameplay più difficile. Una di queste elimina i Checkpoint intermedi, dunque ad ogni errore bisogna ripartire da quelli principali; la seconda impedisce di sostare alla luce anche solo per un istante, dunque ogni salto deve atterrare obbligatoriamente su un'ombra; la terza, denominata Modalità Rischio, limita a 20 gli errori totali che è possibile commettere dall'inizio alla fine dell'intera avventura. Ed ora provate a superare i 65 livelli con tutte queste opzioni attive e vedremo se SCHiM sarà ancora un gioco “semplice”...