Shadow of the Beast Remake
di
Lui é Aarbron, la Bestia. Non che si ricordi il suo nome: sa solo che deve seguire gli ordini del signore degli stregoni Maletoth e del suo sgherro Zelek, e al loro guinzaglio uccidere tutti i nemici che gli si parano contro. Ma quando il suo artiglio si macchia del sangue di un particolare uomo – suo padre – Aarbron realizza che le sue origini sono umane: improvvisamente riesce a liberarsi dalle catene che lo soggiogano e a rivoltarsi contro i propri padroni, in cerca di vendetta e di redenzione.
Shadow of the Beast é un titolo che é in grado di risvegliare ricordi sopiti da tempo nelle menti dei giocatori del secolo scorso: é infatti del 1989 la prima edizione per Amiga del titolo edito da Psygnosis e sviluppato da Reflection Studios. Il gioco ebbe poi varie conversioni (la migliore delle quali probabilmente per Mega Drive) e due seguiti molto meno acclamati, ma dopo il 1992 concluse il suo ciclo; finiva la storia, nasceva il mito: il mito di un gioco dalla grafica per l'epoca strepitosa, una colonna sonora indimenticabile e, soprattutto, una difficoltà da strapparsi i capelli. E poco importava se le creature meccaniche dell'artwork di Roger Dean non comparissero da nessun'altra parte se non sulla copertina del gioco.
Nel 1993, Sony ha riproposto il marchio mostrando alla GamesCom il primo trailer di un remake: si sperava di vederlo in azione per il venticinquesimo anniversario, ma sono stati necessari due anni in più per completarlo e solo ora arriva su PS4. Il gioco si configura sostanzialmente come un picchiaduro arcade a scorrimento bidimensionale (per la maggior parte orizzontale) con qualche sezione platform e occasionali enigmi sparsi qua e là. L'obiettivo di Aarbron sarà quello di attraversare 7 capitoli successivi, uccidendo tutti i nemici che gli si pareranno contro, compresi gli immancabili boss. Per quanto alcuni avversari siano semplicemente sparsi per i livelli, altri arriveranno in vere e proprie “ondate” in arene delimitate da cui Aarbron non potrà allontanarsi prima di averli sconfitti tutti.
I comandi di combattimento di base prevedono l'attacco semplice, quello stordente, la presa, il salto (che in battaglia “scalza” l'avversario), la schivata rotolante, la parata e il contrattacco attivo. A questi si aggiunge la gestione dell'indicatore del “sangue”, una risorsa che può essere utilizzata per attivare attacchi speciali (utili per curarsi o ottenere punti extra) oppure conservata per poi sfoderare una devastante “catena di rabbia” che permette di uccidere numerosi nemici semplicemente azzeccando il tempismo dei QTE. Infine, Aarbron potrà occasionalmente sferrare un colpo sul terreno – l'“Ira di Aarbron” – per generare una sfilza di spuntoni che trafiggano tutti i nemici visibili.
Naturalmente, i nemici non staranno immobili a farsi squartare dalla Bestia ma tenteranno a loro volta di danneggiarla e molti avranno delle forme di difesa (scudi, schivate e resistenze) studiate in modo da neutralizzare determinati attacchi. Tutto ciò é strutturato nell'ottica di alzare almeno di un poco l'asticella della difficoltà rispetto alla massa degli arcade moderni, in onore al titolo originale: sebbene anche a difficoltà Principiante la morte sia un'ipotesi tutt'altro che remota, la vera sfida sarà però a difficoltà Bestia (la terza), quando i nemici saranno molto più numerosi e capaci di infliggere danni più gravi. Solo a questo livello sarà inoltre possibile vedere il “Vero” finale.
Capitolo dopo capitolo, il gioco ci fornirà anche dei punti da spendere nella “Saggezza delle ombre” per potenziare le caratteristiche di Aarbron e ottenere nuove mosse speciali, oppure per acquistare bozzetti, artwork e – udite udite – l'originale Shadow of the Beast per Amiga, da giocare in emulazione. Nei livelli abbondano inoltre dei segreti: talvolta occorrerà raggiungere zone nascoste per ottenere “medaglioni” o power-up, altre volte sarà necessario ripercorrere i propri passi per combattere scontri extra che forniscano ulteriore punteggio.
Dal punto di vista stilistico, il lavoro svolto da Heavy Spectrum é veramente accattivante: non solo il team é riuscito a riproporre il mondo di Karamoon in maniera viva e pulsante, ma soprattutto ha saputo onorare il titolo originale con una pletora di citazioni e adattamenti, fino a portare addirittura su schermo e nel vivo della vicenda i “Colossi Deaniani” che i fan hanno sempre sognato (e sì che all'epoca si inserivano elementi grafici nei giochi senza preoccuparsi se avessero coerenza tra loro o meno, e SotB non faceva eccezione). Anche la successione dei livelli, a ben guardare, ricorda il classico dell'89: il Karamoon di Heavy Spectrum é lo stesso mondo alieno, magico, tecnologico e talvolta insensato, che Psygnosis e Reflection ci hanno fatto assaporare.
Queste sensazioni si applicano anche alla colonna sonora composta da Ian Livingstone, in larga parte ispirata alle note di David Whittaker, ma se questo non fosse abbastanza i brani dell'89 sono sbloccabili e utilizzabili nel gioco. Anche la lunghezza totale del prodotto é, in un certo senso, proporzionale all'opera originale: se si sommano le ore strettamente necessarie per superare i 7 livelli a difficoltà Principiante, infatti, queste rimangono probabilmente sotto alle 4, con i Boss che non sono sicuramente tra i più ostici che abbiamo mai dovuto affrontare in un videogioco. Il problema, come s'é detto, é la necessità di affrontare il gioco anche a livelli più alti, nonché di rintracciare e raggiungere tutti i segreti se si vuole ottenere il finale completo.
Una volta visto questo, probabilmente il gioco non avrà più molto da dire: rimarrà solo la sfida di migliorare i propri punteggi nella classifica online, o in generale la possibilità di rigiocare il tutto in sequenza semplicemente per farsi una “nuova run”. Era questo il destino dei titoli arcade degli anni '80-'90, ed é il destino di Shadow of the Beast: un gioco non certo lungo ma neanche semplicissimo, con una grande ambientazione di fondo e, soprattutto, una vagonata di nostalgia, che purtroppo solo i cultori dell'originale SotB sapranno cogliere. Per tutti gli altri un Arcade onesto, da giocare e rigiocare.
Shadow of the Beast é un titolo che é in grado di risvegliare ricordi sopiti da tempo nelle menti dei giocatori del secolo scorso: é infatti del 1989 la prima edizione per Amiga del titolo edito da Psygnosis e sviluppato da Reflection Studios. Il gioco ebbe poi varie conversioni (la migliore delle quali probabilmente per Mega Drive) e due seguiti molto meno acclamati, ma dopo il 1992 concluse il suo ciclo; finiva la storia, nasceva il mito: il mito di un gioco dalla grafica per l'epoca strepitosa, una colonna sonora indimenticabile e, soprattutto, una difficoltà da strapparsi i capelli. E poco importava se le creature meccaniche dell'artwork di Roger Dean non comparissero da nessun'altra parte se non sulla copertina del gioco.
Nel 1993, Sony ha riproposto il marchio mostrando alla GamesCom il primo trailer di un remake: si sperava di vederlo in azione per il venticinquesimo anniversario, ma sono stati necessari due anni in più per completarlo e solo ora arriva su PS4. Il gioco si configura sostanzialmente come un picchiaduro arcade a scorrimento bidimensionale (per la maggior parte orizzontale) con qualche sezione platform e occasionali enigmi sparsi qua e là. L'obiettivo di Aarbron sarà quello di attraversare 7 capitoli successivi, uccidendo tutti i nemici che gli si pareranno contro, compresi gli immancabili boss. Per quanto alcuni avversari siano semplicemente sparsi per i livelli, altri arriveranno in vere e proprie “ondate” in arene delimitate da cui Aarbron non potrà allontanarsi prima di averli sconfitti tutti.
I comandi di combattimento di base prevedono l'attacco semplice, quello stordente, la presa, il salto (che in battaglia “scalza” l'avversario), la schivata rotolante, la parata e il contrattacco attivo. A questi si aggiunge la gestione dell'indicatore del “sangue”, una risorsa che può essere utilizzata per attivare attacchi speciali (utili per curarsi o ottenere punti extra) oppure conservata per poi sfoderare una devastante “catena di rabbia” che permette di uccidere numerosi nemici semplicemente azzeccando il tempismo dei QTE. Infine, Aarbron potrà occasionalmente sferrare un colpo sul terreno – l'“Ira di Aarbron” – per generare una sfilza di spuntoni che trafiggano tutti i nemici visibili.
Naturalmente, i nemici non staranno immobili a farsi squartare dalla Bestia ma tenteranno a loro volta di danneggiarla e molti avranno delle forme di difesa (scudi, schivate e resistenze) studiate in modo da neutralizzare determinati attacchi. Tutto ciò é strutturato nell'ottica di alzare almeno di un poco l'asticella della difficoltà rispetto alla massa degli arcade moderni, in onore al titolo originale: sebbene anche a difficoltà Principiante la morte sia un'ipotesi tutt'altro che remota, la vera sfida sarà però a difficoltà Bestia (la terza), quando i nemici saranno molto più numerosi e capaci di infliggere danni più gravi. Solo a questo livello sarà inoltre possibile vedere il “Vero” finale.
Capitolo dopo capitolo, il gioco ci fornirà anche dei punti da spendere nella “Saggezza delle ombre” per potenziare le caratteristiche di Aarbron e ottenere nuove mosse speciali, oppure per acquistare bozzetti, artwork e – udite udite – l'originale Shadow of the Beast per Amiga, da giocare in emulazione. Nei livelli abbondano inoltre dei segreti: talvolta occorrerà raggiungere zone nascoste per ottenere “medaglioni” o power-up, altre volte sarà necessario ripercorrere i propri passi per combattere scontri extra che forniscano ulteriore punteggio.
Il mondo di Karamoon riproposto in maniera viva e pulsante
Dal punto di vista stilistico, il lavoro svolto da Heavy Spectrum é veramente accattivante: non solo il team é riuscito a riproporre il mondo di Karamoon in maniera viva e pulsante, ma soprattutto ha saputo onorare il titolo originale con una pletora di citazioni e adattamenti, fino a portare addirittura su schermo e nel vivo della vicenda i “Colossi Deaniani” che i fan hanno sempre sognato (e sì che all'epoca si inserivano elementi grafici nei giochi senza preoccuparsi se avessero coerenza tra loro o meno, e SotB non faceva eccezione). Anche la successione dei livelli, a ben guardare, ricorda il classico dell'89: il Karamoon di Heavy Spectrum é lo stesso mondo alieno, magico, tecnologico e talvolta insensato, che Psygnosis e Reflection ci hanno fatto assaporare.
Queste sensazioni si applicano anche alla colonna sonora composta da Ian Livingstone, in larga parte ispirata alle note di David Whittaker, ma se questo non fosse abbastanza i brani dell'89 sono sbloccabili e utilizzabili nel gioco. Anche la lunghezza totale del prodotto é, in un certo senso, proporzionale all'opera originale: se si sommano le ore strettamente necessarie per superare i 7 livelli a difficoltà Principiante, infatti, queste rimangono probabilmente sotto alle 4, con i Boss che non sono sicuramente tra i più ostici che abbiamo mai dovuto affrontare in un videogioco. Il problema, come s'é detto, é la necessità di affrontare il gioco anche a livelli più alti, nonché di rintracciare e raggiungere tutti i segreti se si vuole ottenere il finale completo.
Una volta visto questo, probabilmente il gioco non avrà più molto da dire: rimarrà solo la sfida di migliorare i propri punteggi nella classifica online, o in generale la possibilità di rigiocare il tutto in sequenza semplicemente per farsi una “nuova run”. Era questo il destino dei titoli arcade degli anni '80-'90, ed é il destino di Shadow of the Beast: un gioco non certo lungo ma neanche semplicissimo, con una grande ambientazione di fondo e, soprattutto, una vagonata di nostalgia, che purtroppo solo i cultori dell'originale SotB sapranno cogliere. Per tutti gli altri un Arcade onesto, da giocare e rigiocare.