Shadow the Hedgehog
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C'era una volta un'istrice blu che correva e rotolava e saltava, alle prese con un malvagio scienziato. Noto prima come Dottor Robotnik, e in seguito come Eggman, egli imprigionava gli animaletti e li usava per crearsi una personale orda di robot da combattimento. Il compito del videogiocatore era di sgominare i nemici meccanici e riportare la pace.
Sono passati circa quindici anni dall'apparizione sulle console casalinghe di Sonic; nel frattempo, la saga si è arricchita di numerosi nuovi capitoli, e l'istrice blu è divenuta icona della SEGA, entrando nel cuore dei fans tanto da poter rivaleggiare con Mario in fatto di notorietà.
L'ultimo episodio della serie eleva a protagonista Shadow, nemesi di Sonic, dal quale si differenzia principalmente nel colore: nero, tonalità cromatica che richiama per antonomasia il "lato oscuro" delle cose. L'aspetto caratterizzante il gioco sta proprio nella possibilità di scegliere se prendere posizione in favore del bene, oppure abbracciare l'oscurità. Ed è il conferimento di questa facoltà al giocatore che giustifica l'adozione di Shadow come personaggio principale: potrebbe infatti Sonic, stereotipo dell'eroe, farsi promotore della causa del male? Evidentemente no.
Purtroppo una premessa tanto intrigante non è supportata a dovere dalla trama. Shadow si trova coinvolto in una guerra fra le armate nere, alieni che cercano di conquistare la terra (che ovviamente rappresentano i cattivi), e gli esseri umani (che, cliché ormai abusato, sono i buoni). Privo della propria memoria, dovrà decidere volta per volta da che parte schierarsi, e far luce sul proprio passato.
Come la tradizione dei platform vuole, l'intreccio si rivela presto essere banale, poco più che pretesto per mettere il joypad fra le mani dell'utente.
Impugnando (appunto) il controller, ci si accinge ad un'esperienza di gioco nella quale si riconoscono diverse componenti, non riconducibili ad una matrice unitaria. Da un lato, vengono mantenute alcune peculiarità proprie della serie Sonic fin dai primordi, riscontrabili ad esempio nelle sezioni ad alta velocità, oppure nella raccolta degli anelli. Dall'altro questo nucleo originale (che già preso singolarmente mostra il fianco alle critiche) viene pesantemente contaminato da elementi che altri esponenti della categoria dei platform hanno fatto propri negli ultimi anni. Si potrà vedere Shadow ricorrere ad un vasto arsenale di armi, oppure affrontare una sezione a bordo di un veicolo.
Le componenti citate, come tessere in mano ad un mosaicista maldestro, si collocano in un quadro deludente, caratterizzato anche dalla scarsissima intelligenza artificiale degli avversari, e da una ripetitività alla quale non può porre rimedio l'aderenza ad una o all'altra fazione. La differenza fra bene e male, in contrasto con l'ingenua nettezza della divisione alieni-umani, spesso è poco marcata durante il gioco: si tratta di attaccare un certo tipo di unità piuttosto che un altra, di arrivare in fondo al livello o di collezionare alcuni oggetti. La generale mancanza di profondità del contesto rende impalpabile ciò che, almeno teoricamente,dovrebbe essere in forte contrasto. Vi è dunque la sensazione che Shadow the Hedgehog si limiti a seguire la corrente, implementando features dettate dai canoni attuali del genere; features, fra l'altro, realizzate in maniera approssimativa. Manca uno sforzo volto a rendere, se non originale, almeno interessante l'esperienza.
Il metodo di controllo presenta alcune scelte discutibili, ove quasi si rispecchia la poca cura prestata alla giocabilità.
La gestione della telecamera è a dir poco difficoltosa, complice lo scorrimento lineare dei livelli, ed è assente la possibilità di centrare l'inquadratura alle spalle di Shadow. In un titolo che vuole rivolgere molta attenzione alla possibilità di servirsi di armi da fuoco, sorprende che non si possa ricorrere ai grilletti per sparare.
La modalità storia si compone di quadri piuttosto lunghi, che richiedono spesso un tempo superiore ai dieci minuti per essere portati a compimento; talvolta possono risultare estenuanti. Gli stage di gioco soffrono della linearità che Sonic si porta dietro fin dal 2D, e inoltre vi è una generale carenza di nemici o elementi di interesse in contemporanea sullo schermo. Basta affrontarne sei, più alcuni intermezzi con i boss, per completare la partita. A bilanciare la durata esigua della modalità vi è la possibilità, cambiando obiettivo nel corso del livello, di accedere ad uno scenario differente per il livello successivo. Un bivio con due o più direzioni implica strade diverse da seguire, le quali conducono a mete differenti; ciò, in termini videoludici, si traduce in una molteplicità di variazioni della storia, e in più di venti scenari, che richiedono numerose partite per essere visitati tutti.
Il dualismo bene/male trova in questo punto la sua applicazione più rilevante e convincente. Puntare molto sul fattore "rigiocabilità", a scapito dela singola campagna, è una mossa coraggiosa da parte del Sonic Team. La scelta però è minata fin dalla nascita dai problemi che affliggono Shadow the Hedgehog, che scoraggiano un approccio volto ad affrontare lo stesso livello in modi diversi, e a ricominciare da capo più volte.
Si aggiunge una modalità multiplayer uno contro uno in split screen, che risente dei difetti già riscontrati in singolo, e si addice poco alla natura del titolo.
Resta il rammarico per come una delle più famose saghe dei videogiochi, dopo aver retto a fatica il passaggio alla terza dimensione, abbia imboccato una strada che conduce alla mediocrità e all'anonimato. E' caldamente auspicata un'inversione di tendenza, volta a dettare i nuovi canoni del genere platform, anziché farseli imporre da altri. Nella speranza che Sonic conosca ancora i fasti di un tempo, però, Shadow the Hedgehog verrà dimenticato in fretta.
Sono passati circa quindici anni dall'apparizione sulle console casalinghe di Sonic; nel frattempo, la saga si è arricchita di numerosi nuovi capitoli, e l'istrice blu è divenuta icona della SEGA, entrando nel cuore dei fans tanto da poter rivaleggiare con Mario in fatto di notorietà.
L'ultimo episodio della serie eleva a protagonista Shadow, nemesi di Sonic, dal quale si differenzia principalmente nel colore: nero, tonalità cromatica che richiama per antonomasia il "lato oscuro" delle cose. L'aspetto caratterizzante il gioco sta proprio nella possibilità di scegliere se prendere posizione in favore del bene, oppure abbracciare l'oscurità. Ed è il conferimento di questa facoltà al giocatore che giustifica l'adozione di Shadow come personaggio principale: potrebbe infatti Sonic, stereotipo dell'eroe, farsi promotore della causa del male? Evidentemente no.
Purtroppo una premessa tanto intrigante non è supportata a dovere dalla trama. Shadow si trova coinvolto in una guerra fra le armate nere, alieni che cercano di conquistare la terra (che ovviamente rappresentano i cattivi), e gli esseri umani (che, cliché ormai abusato, sono i buoni). Privo della propria memoria, dovrà decidere volta per volta da che parte schierarsi, e far luce sul proprio passato.
Come la tradizione dei platform vuole, l'intreccio si rivela presto essere banale, poco più che pretesto per mettere il joypad fra le mani dell'utente.
Impugnando (appunto) il controller, ci si accinge ad un'esperienza di gioco nella quale si riconoscono diverse componenti, non riconducibili ad una matrice unitaria. Da un lato, vengono mantenute alcune peculiarità proprie della serie Sonic fin dai primordi, riscontrabili ad esempio nelle sezioni ad alta velocità, oppure nella raccolta degli anelli. Dall'altro questo nucleo originale (che già preso singolarmente mostra il fianco alle critiche) viene pesantemente contaminato da elementi che altri esponenti della categoria dei platform hanno fatto propri negli ultimi anni. Si potrà vedere Shadow ricorrere ad un vasto arsenale di armi, oppure affrontare una sezione a bordo di un veicolo.
Le componenti citate, come tessere in mano ad un mosaicista maldestro, si collocano in un quadro deludente, caratterizzato anche dalla scarsissima intelligenza artificiale degli avversari, e da una ripetitività alla quale non può porre rimedio l'aderenza ad una o all'altra fazione. La differenza fra bene e male, in contrasto con l'ingenua nettezza della divisione alieni-umani, spesso è poco marcata durante il gioco: si tratta di attaccare un certo tipo di unità piuttosto che un altra, di arrivare in fondo al livello o di collezionare alcuni oggetti. La generale mancanza di profondità del contesto rende impalpabile ciò che, almeno teoricamente,dovrebbe essere in forte contrasto. Vi è dunque la sensazione che Shadow the Hedgehog si limiti a seguire la corrente, implementando features dettate dai canoni attuali del genere; features, fra l'altro, realizzate in maniera approssimativa. Manca uno sforzo volto a rendere, se non originale, almeno interessante l'esperienza.
Il metodo di controllo presenta alcune scelte discutibili, ove quasi si rispecchia la poca cura prestata alla giocabilità.
La gestione della telecamera è a dir poco difficoltosa, complice lo scorrimento lineare dei livelli, ed è assente la possibilità di centrare l'inquadratura alle spalle di Shadow. In un titolo che vuole rivolgere molta attenzione alla possibilità di servirsi di armi da fuoco, sorprende che non si possa ricorrere ai grilletti per sparare.
La modalità storia si compone di quadri piuttosto lunghi, che richiedono spesso un tempo superiore ai dieci minuti per essere portati a compimento; talvolta possono risultare estenuanti. Gli stage di gioco soffrono della linearità che Sonic si porta dietro fin dal 2D, e inoltre vi è una generale carenza di nemici o elementi di interesse in contemporanea sullo schermo. Basta affrontarne sei, più alcuni intermezzi con i boss, per completare la partita. A bilanciare la durata esigua della modalità vi è la possibilità, cambiando obiettivo nel corso del livello, di accedere ad uno scenario differente per il livello successivo. Un bivio con due o più direzioni implica strade diverse da seguire, le quali conducono a mete differenti; ciò, in termini videoludici, si traduce in una molteplicità di variazioni della storia, e in più di venti scenari, che richiedono numerose partite per essere visitati tutti.
Il dualismo bene/male trova in questo punto la sua applicazione più rilevante e convincente. Puntare molto sul fattore "rigiocabilità", a scapito dela singola campagna, è una mossa coraggiosa da parte del Sonic Team. La scelta però è minata fin dalla nascita dai problemi che affliggono Shadow the Hedgehog, che scoraggiano un approccio volto ad affrontare lo stesso livello in modi diversi, e a ricominciare da capo più volte.
Si aggiunge una modalità multiplayer uno contro uno in split screen, che risente dei difetti già riscontrati in singolo, e si addice poco alla natura del titolo.
Resta il rammarico per come una delle più famose saghe dei videogiochi, dopo aver retto a fatica il passaggio alla terza dimensione, abbia imboccato una strada che conduce alla mediocrità e all'anonimato. E' caldamente auspicata un'inversione di tendenza, volta a dettare i nuovi canoni del genere platform, anziché farseli imporre da altri. Nella speranza che Sonic conosca ancora i fasti di un tempo, però, Shadow the Hedgehog verrà dimenticato in fretta.