Shellshock Nam '67
di
Antonio 'Treasure Hunter' Norfo
Il mondo dei videogiochi ha ospitato nel corso degli ultimi mesi svariati titoli ambientati nel Vietnam degli anni sessanta e settanta; fra gli sviluppatori, chi più chi meno, ognuno ha cercato di riprodurre su schermo quei conflitti che ancora ai nostri giorni rievocano l'orrore di eventi fra i più tristemente noti della storia contemporanea. Lo scontro vide opposti americani e vietcong (nel maggio del 1970 coinvolse anche i territori cambogiani) e aggravò inesorabilmente la di per sé precaria situazione di una nazione. Quello scontro, cicatrice mai rimarginata del nostro mondo, fa da background anche al presente titolo dei "Guerrilla", software house ultimamente al centro dell'attenzione per il progetto Killzone e l'hype da esso generato (se a ragione o a torto lo dimostreranno gli imminenti fatti).
Il team olandese in questione ha cercato e trovato nell'ambientazione geografica il punto di forza di Shellshock Nam '67, proponendo giungle, contrade, campi di riso e case lignee che, seppure non all'avanguardia visiva, hanno ricevuto sufficiente cura.
Menzione a parte merita il campo militare dove, tra una missione e l'altra, sarà all'occasione possibile, in modalità psuedo-gioco di ruolo, parlare e fare acquisti con i personaggi non giocanti. Buona anche la riproduzione di indumenti militari ed armamentario, abbastanza verosimili al tempo in cui il gioco è ambientato (1967, come si evince facilmente dal titolo stesso). Tutti elementi d'atmosfera ormai appartenenti ad un immaginario collettivo, promosso probabilmente più che dalla memoria storica da famose pellicole hollywoodiane quali, esempi fra gli esempi, "Full Metal Jacket" (Stanley Kubrick) ed "Apocalypse Now" (F.F. Coppola). A tal proposito la colonna sonora offre alcuni pezzi musicali direttamente tratti dalle discografie del tempo, una "tattica" appunto già utilizzata in precedenza dal grande schermo.
Alcuni nomi presenti nella Sound Track sono The Troggs, Sonny and Cher, Roy Orbison, The Monkees, The Small Faces ed altri ancora. Quello che col cinema non a nulla a che fare, e su cui avremmo volentieri auspicato il contrario, sono alcune scelte toccate in sorte alla localizzazione ed al parlato della versione italiana; la loquela orientale è infatti canzonata come solo i film di infima caratura sono capaci di fare ed il risultato finale è tutto fuorché piacevole alle nostre orecchie.
Guidato dal giocatore sarà un qualunque soldato degli Stati Uniti (le scelte estetiche disponibili sono tre), che insieme alla sua piccola squadra vivrà direttamente le mille insidie della guerriglia. In realtà di guerriglia se ne vede poco e non si corre mai il rischio di aggiramenti o attacchi alla spalle; il nemico è infatti, per la stragrande maggioranza delle situazioni, davanti ai nostri occhi riducendo il tutto ad uno spirito arcade che alla lunga cade nella ripetitività e nello scontato. Shellshock Nam '67 fa difatti parte di quella categoria videoludica politicamente scorretta, con temi subordinati ad una guerra quali la droga, i soprusi, l'atrocità e la prostituzione e con un alto tasso di violenza del tutto fine a sé stesso. L'ostentata e promessa ricerca del realismo si è fermata al solo contorno, dimenticando di influenzare la caratteristica più importante del videogioco, la sua giocabilità. Alla luce di questo, il parto Guerilla è nella sua essenza ludica fallimentare, anche e soprattutto perché si cade nello Splatter dimenticando la realtà e la bruttura delle belligeranze di posizione. Se una guerra è storicamente celebre perché fu portata avanti dall'azione furtiva e dalla guerriglia, con il silenzio insopportabile ed il costante terrore dell'agguato (e da una parte e dall'altra), un videogioco che si ispira a tale conflitto (o un film, estendendo il concetto) non può fare a meno di queste particolarità.
Shellshock Nam '67 lo fa eccome, presentandosi per di più con un'esasperata linearità , peraltro penalizzata dalle mai troppo piacevoli limitazioni di libertà di movimento (i cosiddetti muri invisibili).
L'azione è basata su sparatorie e su un uso difensivo della morfologia del terreno (tronchi, massi e cespugli), quest'ultimo invero ben implementato. Le principali varianti, oltre alla sopraccitata fase esplorativa presente nel campo base, sono il sabotaggio di mezzi nemici e l'esplorazione di alcune cave (le cui uscite andranno bloccate per mezzo di cariche esplosive).
Insoddisfacente è senza dubbio l'intelligenza artificiale delle orde nemiche che seppure presenti in un numero elevato dimostrano di comportarsi in maniera del tutto casuale e assolutamente poco militare. Oltre all'illogico loro posizionarsi, è da menzionare la strana sensibilità dimostrata nel subire i danni di arma da fuoco (a tratti troppo vulnerabili, a tratti eccessivamente resistenti).
La locomozione è affidata ovviamente all'analogico, con il dorsale L1 che permette uno scatto e con L2 che consente di accovacciarsi al terreno (il pulsante triangolo fa inginocchiare il soldato). Gli opposti R2 ed R1 danno rispettivamente accesso all'inventory ed all'uso dell'arma selezionata (le armi dei nemici possono essere prese dal terreno).
Il novero delle azioni permette anche l'uso del binocolo e di ricaricare rapidamente (mediante croce digitale ed il tasto cerchio), ma soprattutto concede al giocatore di variare la visuale e di avere pertanto la giusta concezione di quanto accada sul campo di battaglia. La telecamera riprende il combattente gestito dal joypad alle spalle, proponendo una visuale a metà strada fra la prima e la terza persona e, se i movimenti possono risultare rigidi e macchinosi, globalmente il sistema di controllo è abbastanza funzionale. Da segnalare infine la frequente presenza di errori di codice (e grafici), tutti ampiamente evitabili (specie i checkpoints mal posizionati). Non è raro che le persone appaiano all'improvviso, così come spesso alcuni elementi coreografici quali abitazioni, fauna e pareti rocciose sbucano letteralmente dal nulla. Il tutto penalizza una discreta profondità della visuale che invero è anche mascherata da un effetto nebbia che al giorno d'oggi è alquanto anacronistico. Se, in definitiva, Shellshock Nam '67 doveva dimostrarsi realistico e rivoluzionario nell'ambito dei videogiochi di guerra esso ha miseramente fallito, che Shellshock Nam '67 sia ludicamente piatto ed insufficiente è altrettanto fuori discussione.
Il team olandese in questione ha cercato e trovato nell'ambientazione geografica il punto di forza di Shellshock Nam '67, proponendo giungle, contrade, campi di riso e case lignee che, seppure non all'avanguardia visiva, hanno ricevuto sufficiente cura.
Menzione a parte merita il campo militare dove, tra una missione e l'altra, sarà all'occasione possibile, in modalità psuedo-gioco di ruolo, parlare e fare acquisti con i personaggi non giocanti. Buona anche la riproduzione di indumenti militari ed armamentario, abbastanza verosimili al tempo in cui il gioco è ambientato (1967, come si evince facilmente dal titolo stesso). Tutti elementi d'atmosfera ormai appartenenti ad un immaginario collettivo, promosso probabilmente più che dalla memoria storica da famose pellicole hollywoodiane quali, esempi fra gli esempi, "Full Metal Jacket" (Stanley Kubrick) ed "Apocalypse Now" (F.F. Coppola). A tal proposito la colonna sonora offre alcuni pezzi musicali direttamente tratti dalle discografie del tempo, una "tattica" appunto già utilizzata in precedenza dal grande schermo.
Alcuni nomi presenti nella Sound Track sono The Troggs, Sonny and Cher, Roy Orbison, The Monkees, The Small Faces ed altri ancora. Quello che col cinema non a nulla a che fare, e su cui avremmo volentieri auspicato il contrario, sono alcune scelte toccate in sorte alla localizzazione ed al parlato della versione italiana; la loquela orientale è infatti canzonata come solo i film di infima caratura sono capaci di fare ed il risultato finale è tutto fuorché piacevole alle nostre orecchie.
Guidato dal giocatore sarà un qualunque soldato degli Stati Uniti (le scelte estetiche disponibili sono tre), che insieme alla sua piccola squadra vivrà direttamente le mille insidie della guerriglia. In realtà di guerriglia se ne vede poco e non si corre mai il rischio di aggiramenti o attacchi alla spalle; il nemico è infatti, per la stragrande maggioranza delle situazioni, davanti ai nostri occhi riducendo il tutto ad uno spirito arcade che alla lunga cade nella ripetitività e nello scontato. Shellshock Nam '67 fa difatti parte di quella categoria videoludica politicamente scorretta, con temi subordinati ad una guerra quali la droga, i soprusi, l'atrocità e la prostituzione e con un alto tasso di violenza del tutto fine a sé stesso. L'ostentata e promessa ricerca del realismo si è fermata al solo contorno, dimenticando di influenzare la caratteristica più importante del videogioco, la sua giocabilità. Alla luce di questo, il parto Guerilla è nella sua essenza ludica fallimentare, anche e soprattutto perché si cade nello Splatter dimenticando la realtà e la bruttura delle belligeranze di posizione. Se una guerra è storicamente celebre perché fu portata avanti dall'azione furtiva e dalla guerriglia, con il silenzio insopportabile ed il costante terrore dell'agguato (e da una parte e dall'altra), un videogioco che si ispira a tale conflitto (o un film, estendendo il concetto) non può fare a meno di queste particolarità.
Shellshock Nam '67 lo fa eccome, presentandosi per di più con un'esasperata linearità , peraltro penalizzata dalle mai troppo piacevoli limitazioni di libertà di movimento (i cosiddetti muri invisibili).
L'azione è basata su sparatorie e su un uso difensivo della morfologia del terreno (tronchi, massi e cespugli), quest'ultimo invero ben implementato. Le principali varianti, oltre alla sopraccitata fase esplorativa presente nel campo base, sono il sabotaggio di mezzi nemici e l'esplorazione di alcune cave (le cui uscite andranno bloccate per mezzo di cariche esplosive).
Insoddisfacente è senza dubbio l'intelligenza artificiale delle orde nemiche che seppure presenti in un numero elevato dimostrano di comportarsi in maniera del tutto casuale e assolutamente poco militare. Oltre all'illogico loro posizionarsi, è da menzionare la strana sensibilità dimostrata nel subire i danni di arma da fuoco (a tratti troppo vulnerabili, a tratti eccessivamente resistenti).
La locomozione è affidata ovviamente all'analogico, con il dorsale L1 che permette uno scatto e con L2 che consente di accovacciarsi al terreno (il pulsante triangolo fa inginocchiare il soldato). Gli opposti R2 ed R1 danno rispettivamente accesso all'inventory ed all'uso dell'arma selezionata (le armi dei nemici possono essere prese dal terreno).
Il novero delle azioni permette anche l'uso del binocolo e di ricaricare rapidamente (mediante croce digitale ed il tasto cerchio), ma soprattutto concede al giocatore di variare la visuale e di avere pertanto la giusta concezione di quanto accada sul campo di battaglia. La telecamera riprende il combattente gestito dal joypad alle spalle, proponendo una visuale a metà strada fra la prima e la terza persona e, se i movimenti possono risultare rigidi e macchinosi, globalmente il sistema di controllo è abbastanza funzionale. Da segnalare infine la frequente presenza di errori di codice (e grafici), tutti ampiamente evitabili (specie i checkpoints mal posizionati). Non è raro che le persone appaiano all'improvviso, così come spesso alcuni elementi coreografici quali abitazioni, fauna e pareti rocciose sbucano letteralmente dal nulla. Il tutto penalizza una discreta profondità della visuale che invero è anche mascherata da un effetto nebbia che al giorno d'oggi è alquanto anacronistico. Se, in definitiva, Shellshock Nam '67 doveva dimostrarsi realistico e rivoluzionario nell'ambito dei videogiochi di guerra esso ha miseramente fallito, che Shellshock Nam '67 sia ludicamente piatto ed insufficiente è altrettanto fuori discussione.
Shellshock Nam '67
5
Voto
Redazione
Shellshock Nam '67
Shellshock Nam '67 fa parte di quella categoria videoludica politicamente scorretta, con temi subordinati ad una guerra quali la droga, i soprusi e la prostituzione e con un alto tasso di violenza del tutto fine a sé stesso. Diciamolo subito, il risultato finale riguardo a questa componente è fallimentare, giacché si sfiora l'atmosfera di un film splatter dimenticando la realtà e la bruttura delle belligeranze di posizione.Aggiungete a questo una frequente presenza di errori di codice e grafici (con nemici dotati di scarsa IA e persone che tendono a sbucare dal nulla), un'eccessiva linearità ed un parlato, al pari delle fasi d'azione, degne di un film di bassa categoria. Di buono c'è senz'altro un uso protettivo della morfologia del territorio, territorio che geograficamente appare verosimile e riuscito. Se Shellshock Nam '67 doveva dimostrarsi realistico esso ha miseramente fallito, che Shellshock Nam '67 sia ludicamente piatto ed insufficiente è fuori discussione.