Sideway: New York
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Ricordate quella pubblicità dove un omino-graffito corre e salta lungo i muri della città come se fosse in un videogame? Ecco, indovinate un po', ne hanno fatto un videogame.L'idea di base in effetti era troppo ghiotta per non sfruttarla, e questo Sideway degli emergenti Playbrains tenta di sfruttare tale intuizione per mettere in piedi un action/platform decisamente originale. Protagonista del gioco é Nox, un “regazzo della strada” (sic.) come dicevano i Flaminio Maphia prima di darsi al rap demenziale, che suo malgrado viene risucchiato nel regno dei graffiti dalla sua nemesi Spray. Il nostro bidimensionale eroe si troverà quindi a correre lungo i muri della sua città ed a lottare contro altri graffitazzi malvagi prima di sconfiggere il suo arcinemico, salvare la bella di turno e riguadagnare la libertà.
Detto così pare una gran figata, e in parte lo é, ma purtroppo il gioco non riesce ad esprimere il suo pieno potenziale. Sovvertendo l'ordine logico della tipica recensione “da manuale”, parleremo prima dell'aspetto grafico: visivamente parlando, Sideways alterna cose ottime (animazioni 2D dei graffiti in particolare) ad altre decisamente scarse, come la rappresentazione della città sin troppo naif. Ci saremmo aspettati una New York quasi fotorealistica come teatro dei graffiti viventi, e magari un protagonista inizialmente umano che diventava “cartoon” solo una volta entrato nel mondo bidimensionale della street art. E invece no, abbiamo una città colorata ed irreale in pieno stile animato, mentre il nostro eroe Nox é rappresentato in maniera buffa e colorata anche da umano, prima di entrare nel muro. Scelta stilistica, ok, ma non troppo felice considerando che anche lo stile grafico adottato non é particolarmente riuscito in quanto troppo “puccettoso” e privo di personalità: abbiamo visto graffiti veri ben più incisivi.
Ma passiamo all'argomento principe della questione: la giocabilità. Sideway é fondamentalmente un platform alla Super Mario spalmato su anguste pareti, dove é possibile eliminare i nemici saltandogli in testa o colpendoli con calcioni assortiti, si possono raccogliere bonus e ci sono i vari checkpoint (rappresentati da grosse scritte raffiguranti il nome Spray che vanno “coperte” con il nostro tag Nox, un po' come fanno i veri graffitari per affermare la loro presenza sul territorio), mini-boss, casse da spostare e passaggi segreti da scoprire. Tutto già visto quindi, ma l'originalità del gioco é nel fatto che i livelli si sviluppano sulle pareti e sui tetti degli edifici, attraverso percorsi prestabiliti (ma talvolta intricati) che ci fanno viaggiare da un muro all'altro.
Tutto ciò, oltre ad avere un impatto spettacolare sulla presentazione visiva del gioco, ha anche ripercussioni sul gameplay: innanzitutto l'intellegibilità dei percorsi e dei passaggi segreti diventa più ardua, costringendo il giocatore a pensare in maniera tridimensionale le conseguenze dei suoi movimenti in un 2D “spalmato” sul 3D. Poi, ancora più importante, talvolta ci troveremo davanti a piccoli enigmi e puzzle che richiedono di pensare “in quattro dimensioni” per capire cosa fare, ad esempio spostare una cassa sul tetto fino al bordo la farà cadere nella parete sottostante, o ancora facendo un giro particolare potremo affrontare il tetto da un'angolazione differente sfruttando così determinate piattaforme prima irraggiungibili.
Ma a parte queste intuizioni interessanti, il gioco appare sin troppo lineare e limitato geograficamente: le pareti sono spesso anguste ed il divertimento latita, mentre i movimenti di camera per quanto spettacolari sono spesso incerti e confusionari. Non va meglio per quanto riguarda il sonoro, con musichette hip-hop brevi, ripetitive e spesso tutt'altro che esaltanti (si salvano giusto un paio di brani rappati). Inoltre il doppiaggio manca del tutto, ma i testi sono tradotti discretamente in italiano. Infine, nonostante i livelli siano ben sedici, il tutto si completa tranquillamente in circa 4 ore.
E' possibile rigiocarlo per cercare i bonus mancati, ma il gioco é troppo breve anche in rapporto alla sua fascia di prezzo. E' presente una modalità co-op in locale, ma vista la natura ballerina delle inquadrature, il secondo giocatore viene costantemente lasciato indietro con effetti disastrosi. Chiudiamo con un'osservazione: il sottotitolo “New York” lascia intendere che i Playbrains hanno intenzione di produrre degli altri capitoli ambientati in altre città. Speriamo proprio di no: il concetto di “gioco episodico” se interpretato in questo modo sa tanto di rapina legalizzata.
Detto così pare una gran figata, e in parte lo é, ma purtroppo il gioco non riesce ad esprimere il suo pieno potenziale. Sovvertendo l'ordine logico della tipica recensione “da manuale”, parleremo prima dell'aspetto grafico: visivamente parlando, Sideways alterna cose ottime (animazioni 2D dei graffiti in particolare) ad altre decisamente scarse, come la rappresentazione della città sin troppo naif. Ci saremmo aspettati una New York quasi fotorealistica come teatro dei graffiti viventi, e magari un protagonista inizialmente umano che diventava “cartoon” solo una volta entrato nel mondo bidimensionale della street art. E invece no, abbiamo una città colorata ed irreale in pieno stile animato, mentre il nostro eroe Nox é rappresentato in maniera buffa e colorata anche da umano, prima di entrare nel muro. Scelta stilistica, ok, ma non troppo felice considerando che anche lo stile grafico adottato non é particolarmente riuscito in quanto troppo “puccettoso” e privo di personalità: abbiamo visto graffiti veri ben più incisivi.
Ma passiamo all'argomento principe della questione: la giocabilità. Sideway é fondamentalmente un platform alla Super Mario spalmato su anguste pareti, dove é possibile eliminare i nemici saltandogli in testa o colpendoli con calcioni assortiti, si possono raccogliere bonus e ci sono i vari checkpoint (rappresentati da grosse scritte raffiguranti il nome Spray che vanno “coperte” con il nostro tag Nox, un po' come fanno i veri graffitari per affermare la loro presenza sul territorio), mini-boss, casse da spostare e passaggi segreti da scoprire. Tutto già visto quindi, ma l'originalità del gioco é nel fatto che i livelli si sviluppano sulle pareti e sui tetti degli edifici, attraverso percorsi prestabiliti (ma talvolta intricati) che ci fanno viaggiare da un muro all'altro.
Tutto ciò, oltre ad avere un impatto spettacolare sulla presentazione visiva del gioco, ha anche ripercussioni sul gameplay: innanzitutto l'intellegibilità dei percorsi e dei passaggi segreti diventa più ardua, costringendo il giocatore a pensare in maniera tridimensionale le conseguenze dei suoi movimenti in un 2D “spalmato” sul 3D. Poi, ancora più importante, talvolta ci troveremo davanti a piccoli enigmi e puzzle che richiedono di pensare “in quattro dimensioni” per capire cosa fare, ad esempio spostare una cassa sul tetto fino al bordo la farà cadere nella parete sottostante, o ancora facendo un giro particolare potremo affrontare il tetto da un'angolazione differente sfruttando così determinate piattaforme prima irraggiungibili.
Ma a parte queste intuizioni interessanti, il gioco appare sin troppo lineare e limitato geograficamente: le pareti sono spesso anguste ed il divertimento latita, mentre i movimenti di camera per quanto spettacolari sono spesso incerti e confusionari. Non va meglio per quanto riguarda il sonoro, con musichette hip-hop brevi, ripetitive e spesso tutt'altro che esaltanti (si salvano giusto un paio di brani rappati). Inoltre il doppiaggio manca del tutto, ma i testi sono tradotti discretamente in italiano. Infine, nonostante i livelli siano ben sedici, il tutto si completa tranquillamente in circa 4 ore.
E' possibile rigiocarlo per cercare i bonus mancati, ma il gioco é troppo breve anche in rapporto alla sua fascia di prezzo. E' presente una modalità co-op in locale, ma vista la natura ballerina delle inquadrature, il secondo giocatore viene costantemente lasciato indietro con effetti disastrosi. Chiudiamo con un'osservazione: il sottotitolo “New York” lascia intendere che i Playbrains hanno intenzione di produrre degli altri capitoli ambientati in altre città. Speriamo proprio di no: il concetto di “gioco episodico” se interpretato in questo modo sa tanto di rapina legalizzata.