Silent Hill 4: The Room

di Federico 'Chron' Bavastro
L'UNIVERSO DI SILENT HILL 4
Ancora Silent Hill? Non precisamente. Ancora Silent Hill, ma non più a Silent Hill. Lo scenario in cui è calato il quarto atto si sposta a poca distanza dalla sanguinolenta collina, l'ombelico della scabrosità videoludica. Se angoscia e ribrezzo non sono risentono delle latitudini, le loro gelide lame possono abbattersi improvvisamente e mortalmente su ogni luogo. E' così che le scene di SH4 si spostano a South Ashfield, cittadina apparentemente tranquilla, situata, come suggerisce il nome stesso, poco più a sud di Silent Hill. Più che mai SH4 avvicina ciò che è quotidiano, dato per scontato, quindi reale, e tutto ciò che invece sfugge, ciò che è altro, il mistero insoluto, la paura angosciante. Fino al punto di scatenare una distruttiva sospensione di questo mondo per sostituirlo, violentemente, con un altro mondo, senza poter stabilire quale sia la realtà e quale l'illusione, quale la percezione sensibile, e quale la perversione onirica. Ecco: uno degli assi su cui si regge SH4 è proprio la volontà di amplificare questa inconscia percezione delle sottili incongruenze e degli scricchiolii della quotidianità precipitosamente riposti nel solaio dell'esistenza per distorcerli ed elevarli all'ennesima potenza della malignità, della disperazione, dell'angoscia. E' così che nei normali meccanismi della vita quotidiana si allignano inaspettati interstizi di mistero, avvolti in coni d'ombra che offuscano le certezze lasciando intravedere qualcosa d'altro.


Certamente SH4 si allontana dal solco della sua tradizione per accostarsi, con strategia innovativa, ad un'interpretazione iper-realista del genere "horror" che finisce però col perdere il palpitante aggettivo "survival" sostituendolo con momenti più riflessivi (me non troppo) di investigazione, con l'introspezione nelle incognite della trama, con l'esplorazione (quasi monotona) di grandi ambienti. La nostra è un'epoca affamata di "reality", e SH4 punta più sulla realtà della paura, che non sull'efferatezza delle azioni o sulla scabrosità del soggetto, peraltro già ampiamente presenti nei precedenti capitoli. Perché al di sotto della patina drammatica di SH4, non si muovono solo ragionamenti stilistici, ma anche calcoli di mercato per confermare il quarto capitolo della saga Konami come prodotto vincente, capace di remunerare gli investimenti profusi nel suo progetto. Anche questa è realtà.

IL PROLOGO DELLA STORIA
Il dipanarsi della trama segue un percorso ad arco, iniziando da una situazione di normalità per ritornarvi una volta attraversato una dimensione parallela nella quale viene rivoluzionata l'identità del protagonista. Questa orribile metamorfosi, in cui le solide certezze sono travolte da angosciose incertezze, comincia già dalla toponomastica. Oltre a trovarsi in prossimità di Silent Hill, "Ashfield" è letteralmente "campo di ceneri", espressione impregnata di quello spesso odore di ceneri e incenso che viene sparso per redimere le anime dei loro peccati. La stessa pervasiva sensazione di profanazione ed espiazione che tormenta Henry Townshend, un insignificante giovanotto verso la trentina, trasferitosi di recente nell'appartamento 302. Henry è un ragazzo dai tratti somatici piacevoli, ma assolutamente anonimi. Non svolge un mestiere particolare, non dice niente di particolare, dimostra poi un atteggiamento così flemmatico, anche di fronte a spaventose scoperte, da sconfinare nella superficialità. Anche il suo appartamento ne riflette la personalità banale: televisore, libreria con libri impolverati, telefono, letto, bagno, cucina, ripostiglio, qualche foto e pochi appunti. Ma qui la povertà nel gusto dell'arredamento fa da contraltare alla minaccia che sta per sopraggiungere, fungendo quindi da tela bianca su cui le forti pennellate rosso-sangue di SH4 si stanno per accalcare producendo raffigurazioni cupe e terrificanti. L'appartamento è quindi una sorta di integrazione materiale al personaggio che lo abita, entrambi interagendo con quanto li circonda.

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