Silent Hill 4: The Room
di
GIOCABILITA'
Se i capitoli precedenti di Silent Hill sono stati buoni alchemisti nell'ottenere un'ottima pozione a base di azione e trama, questa volta l'incantesimo si è infranto. L'azione continua a rivestire un ruolo di primo piano, ma soffre per una slogatura rispetto alla trama, aprendo una crepa tra quanto avviene nell'azione e quanto spiegato nella narrazione. Sono numerosi i filmati (e anche di pregevole fattura tecnica e cinematografica) che interrompono l'azione con lo spiacevole effetto di produrre cesure, più o meno larghe, tra il filo dell'azione fino a qual momento portata avanti e la nuova situazione introdotta dal filmato. L'innovazione più appariscente è senza dubbio l'impostazione della telecamera in visuale soggettiva ogni volta che Henry si trova nell'appartamento. Il sistema di controllo non può dirsi dei più efficaci, impedendo l'utilizzo del mouse per spostare la telecamera, che risulta configurabile secondo due prospettive fisse: di fronte a Henry o alle sue spalle, leggermente rialzata in entrambi i casi. I movimenti di Henry sono regolati con la tradizionale combinazione w-a-s-d, di cui tutti lamentiamo la rigidità nel direzionamento, troppo schematico e meccanico. I due tasti del mouse attivano l'arma (destro) e colpiscono (sinistro), potendo anche schivare gli attacchi retrocedendo rapidamente.
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Il problema della mira è stato finalmente risolto inserendo una mira automatica che indirizza i colpi verso l'avversario più vicino. E' possibile inoltre dosare l'intensità del colpo in quattro stadi progressivi, soluzione particolarmente adatta al combattimento all'arma bianca, decisamente più sfruttata rispetto alle armi da fuoco. Il paragone con SH3 è interessante, le innovazioni e le differenze essendo facilmente riscontrabili. Dopo la visuale in soggettiva nella casa, salta subito agli occhi la limitazione introdotta al numero di oggetti che Henry può portare con sé, limitazione finora inesistente nei primi tre capitoli, innestando su SH4 uno degli elementi più criticati di Resident Evil. Tuttavia sono esigue le situazioni in cui veramente occorre un oggetto lasciato nella cassapanca di casa, essendo comunque previste numerose possibilità di ritornare in casa a riprenderlo senza sacrificare o compromettere i progressi raggiunti. Ancora: niente più radio che segnala l'approssimarsi di situazioni critiche, normalmente l'avvicinarsi di un mostro; niente torcia elettrica per illuminare zone buie su questo aspetto convergono anche ragionamenti tecnici per la qualità grafica. Eliminati gli improvvisi sbalzi nell'inquadratura della telecamera che ostacolavano i combattimenti in SH3, le dinamiche sono più stabili, forse meno spettacolari, ma sicuramente più funzionali all'esplorazione di vasti ambienti. Più che sopravvivere, conta esplorare, leggere, annotare, ricordarsi le posizioni. Gli enigmi sono decisamente più accessibili e più esigui, tutto convergendo su quanto si apprende di volta in volta. Più che ritrovarsi esanimi, la vera sfida lanciata da SH4 è perdersi o non comprenderne i passaggi, quindi gli enigmi. Ma questa volta difficoltà dei combattimenti e difficoltà degli enigmi sono congiunte, a differenza di quanto accadeva con SH3.
LA RAPPRESENTAZIONE DELL'ORRORE
Ogni discorso sulla componente visuale di un titolo per PC deve confrontarsi con una premessa ineliminabile: l'hardware in dotazione. SH4 in risoluzione 400x300 non è lo stesso SH4 in risoluzione 1600x1200. Precisato questo, SH4 è il primo titolo della serie che ha luogo in ambienti estesi e sottratti all'effetto nebbia che occultava gran parte della visuale. Le conseguenze tecniche sono rilevanti: il carico visivo è molto più pesante, richiedendo molte più textures che, giocoforza, finiscono per perdere in qualità rispetto alla ridotta ma eccellente concentrazione cromatica e luminosa che è permessa senza particolari oneri qualora la visuale sia più ristretta. Gli scenari, ben differenziati e finalmente liberati dall'atmosfera opprimente e claustrofobica, possono esibire grande varietà di architetture e arredamenti. Le tonalità rispecchiano tenui pastelli, rendendo gli scenari di SH4 dei paesaggi urbani, distorti, eppure a loro modo ordinati, stabili, senza sbavature, lontani dall'abbondanza barocca o dal nonsenso modernista. Ottime le ombreggiature che seguono gli indumenti e le forme dei corpi, per appiattirsi invece sui grandi spazi, mentre l'innaturale freddezza dell'illuminazione esprime la deformità e l'anormalità dei luoghi visitati. L'apice della cura grafica è raggiunta dai volti dei protagonisti, i cui primi piani brillano per dettaglio e plasticità, ancora più accurati rispetto al precedente SH3. Di un impegno analogo beneficiano anche i mostri, perfettamente intonati agli ambienti, e resi graficamente con altrettanta cura. Addirittura i movimenti dei mostri risultano talvolta più naturali, o comunque meno ingessati, di quelli di Henry, sia per via del sistema di controllo basato sulla tastiera, sia per un'eccessiva rigidità muscolare che rende "robotica" l'andatura Henry. Non ci sono rallentamenti, né particolari difetti del motore grafico che a 1600x1200 gira stabilmente a 30fps, ad eccezione di un fastidioso bad clipping che colpisce soprattutto i corpi.
ACUSTICA
Come per la grafica, anche l'esame della componente acustica di SH4 deve fare i conti con l'hardware utilizzato: la soluzione perfetta è quella dell'audio sorround, che immerge il giocatore in un mondo che può ascoltare in 3d, con ottimo profitto per l'immedesimazione. Quanto alla colonna sonora, è impressionante il perfetto collimare tra la narrazione degli eventi e il loro accompagnamento musicale, che aggiunge accenti melanconici e struggenti ad eventi tragici, diluendo la ruvidità dell'incognito con la dolcezza di una musica lenta ma ritmata, oppure acuire ancora di più il senso di oppressione nell'entrare in un nuovo livello. Non è una colonna sonora in stile cinematografico, pomposa ma vuota, non è una grancassa di cacofonie sparse. E' piuttosto una melodia, forse povera, forse tirata troppo, che però funziona come un carillon, per scandire i momenti riunendoli però insieme in una sorta di trama musicale comune. Purtroppo le voci dei personaggi, tacendo sulla bestialità vocale dei mostri, sono accurate ma banali, qualche volta impostate.
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Se i capitoli precedenti di Silent Hill sono stati buoni alchemisti nell'ottenere un'ottima pozione a base di azione e trama, questa volta l'incantesimo si è infranto. L'azione continua a rivestire un ruolo di primo piano, ma soffre per una slogatura rispetto alla trama, aprendo una crepa tra quanto avviene nell'azione e quanto spiegato nella narrazione. Sono numerosi i filmati (e anche di pregevole fattura tecnica e cinematografica) che interrompono l'azione con lo spiacevole effetto di produrre cesure, più o meno larghe, tra il filo dell'azione fino a qual momento portata avanti e la nuova situazione introdotta dal filmato. L'innovazione più appariscente è senza dubbio l'impostazione della telecamera in visuale soggettiva ogni volta che Henry si trova nell'appartamento. Il sistema di controllo non può dirsi dei più efficaci, impedendo l'utilizzo del mouse per spostare la telecamera, che risulta configurabile secondo due prospettive fisse: di fronte a Henry o alle sue spalle, leggermente rialzata in entrambi i casi. I movimenti di Henry sono regolati con la tradizionale combinazione w-a-s-d, di cui tutti lamentiamo la rigidità nel direzionamento, troppo schematico e meccanico. I due tasti del mouse attivano l'arma (destro) e colpiscono (sinistro), potendo anche schivare gli attacchi retrocedendo rapidamente.
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Il problema della mira è stato finalmente risolto inserendo una mira automatica che indirizza i colpi verso l'avversario più vicino. E' possibile inoltre dosare l'intensità del colpo in quattro stadi progressivi, soluzione particolarmente adatta al combattimento all'arma bianca, decisamente più sfruttata rispetto alle armi da fuoco. Il paragone con SH3 è interessante, le innovazioni e le differenze essendo facilmente riscontrabili. Dopo la visuale in soggettiva nella casa, salta subito agli occhi la limitazione introdotta al numero di oggetti che Henry può portare con sé, limitazione finora inesistente nei primi tre capitoli, innestando su SH4 uno degli elementi più criticati di Resident Evil. Tuttavia sono esigue le situazioni in cui veramente occorre un oggetto lasciato nella cassapanca di casa, essendo comunque previste numerose possibilità di ritornare in casa a riprenderlo senza sacrificare o compromettere i progressi raggiunti. Ancora: niente più radio che segnala l'approssimarsi di situazioni critiche, normalmente l'avvicinarsi di un mostro; niente torcia elettrica per illuminare zone buie su questo aspetto convergono anche ragionamenti tecnici per la qualità grafica. Eliminati gli improvvisi sbalzi nell'inquadratura della telecamera che ostacolavano i combattimenti in SH3, le dinamiche sono più stabili, forse meno spettacolari, ma sicuramente più funzionali all'esplorazione di vasti ambienti. Più che sopravvivere, conta esplorare, leggere, annotare, ricordarsi le posizioni. Gli enigmi sono decisamente più accessibili e più esigui, tutto convergendo su quanto si apprende di volta in volta. Più che ritrovarsi esanimi, la vera sfida lanciata da SH4 è perdersi o non comprenderne i passaggi, quindi gli enigmi. Ma questa volta difficoltà dei combattimenti e difficoltà degli enigmi sono congiunte, a differenza di quanto accadeva con SH3.
LA RAPPRESENTAZIONE DELL'ORRORE
Ogni discorso sulla componente visuale di un titolo per PC deve confrontarsi con una premessa ineliminabile: l'hardware in dotazione. SH4 in risoluzione 400x300 non è lo stesso SH4 in risoluzione 1600x1200. Precisato questo, SH4 è il primo titolo della serie che ha luogo in ambienti estesi e sottratti all'effetto nebbia che occultava gran parte della visuale. Le conseguenze tecniche sono rilevanti: il carico visivo è molto più pesante, richiedendo molte più textures che, giocoforza, finiscono per perdere in qualità rispetto alla ridotta ma eccellente concentrazione cromatica e luminosa che è permessa senza particolari oneri qualora la visuale sia più ristretta. Gli scenari, ben differenziati e finalmente liberati dall'atmosfera opprimente e claustrofobica, possono esibire grande varietà di architetture e arredamenti. Le tonalità rispecchiano tenui pastelli, rendendo gli scenari di SH4 dei paesaggi urbani, distorti, eppure a loro modo ordinati, stabili, senza sbavature, lontani dall'abbondanza barocca o dal nonsenso modernista. Ottime le ombreggiature che seguono gli indumenti e le forme dei corpi, per appiattirsi invece sui grandi spazi, mentre l'innaturale freddezza dell'illuminazione esprime la deformità e l'anormalità dei luoghi visitati. L'apice della cura grafica è raggiunta dai volti dei protagonisti, i cui primi piani brillano per dettaglio e plasticità, ancora più accurati rispetto al precedente SH3. Di un impegno analogo beneficiano anche i mostri, perfettamente intonati agli ambienti, e resi graficamente con altrettanta cura. Addirittura i movimenti dei mostri risultano talvolta più naturali, o comunque meno ingessati, di quelli di Henry, sia per via del sistema di controllo basato sulla tastiera, sia per un'eccessiva rigidità muscolare che rende "robotica" l'andatura Henry. Non ci sono rallentamenti, né particolari difetti del motore grafico che a 1600x1200 gira stabilmente a 30fps, ad eccezione di un fastidioso bad clipping che colpisce soprattutto i corpi.
ACUSTICA
Come per la grafica, anche l'esame della componente acustica di SH4 deve fare i conti con l'hardware utilizzato: la soluzione perfetta è quella dell'audio sorround, che immerge il giocatore in un mondo che può ascoltare in 3d, con ottimo profitto per l'immedesimazione. Quanto alla colonna sonora, è impressionante il perfetto collimare tra la narrazione degli eventi e il loro accompagnamento musicale, che aggiunge accenti melanconici e struggenti ad eventi tragici, diluendo la ruvidità dell'incognito con la dolcezza di una musica lenta ma ritmata, oppure acuire ancora di più il senso di oppressione nell'entrare in un nuovo livello. Non è una colonna sonora in stile cinematografico, pomposa ma vuota, non è una grancassa di cacofonie sparse. E' piuttosto una melodia, forse povera, forse tirata troppo, che però funziona come un carillon, per scandire i momenti riunendoli però insieme in una sorta di trama musicale comune. Purtroppo le voci dei personaggi, tacendo sulla bestialità vocale dei mostri, sono accurate ma banali, qualche volta impostate.
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