Silent Hill: Downpour

di Luca Gambino
Quello di Silent Hill Downpour é un viaggio emozionale che inizia con l'allegorica figura di un ascensore che porta il nostro protagonista nelle viscere della prigione che lo detiene e che presto lo consegnerà al suo inferno personale, sotto forma di una apparente tranquilla città sulle sponde del lago Toluca.

Pendelton Murphy, questo é il nome del personaggio con cui condivideremo gli orrori di Silent Hill, é detenuto per una colpa che, almeno inizialmente, non ci é dato sapere. Colpevole o meno, Murphy é un uomo capace di uccidere. Lo vediamo proprio all'inizio del gioco, assassinare un altro detenuto in una delle scene più cruente dell'intera saga e che sicuramente si ritaglia un posto di tutto rispetto in tutta la storia dei videogames.



Di sicuro Murphy é una perfetta vittima per Silent Hill. E' colpevole, ha peccato, e ora deve pagare. A prendersi gioco del nostro protagonista ci si mette anche il fato quando, piuttosto che consegnarlo alla libertà, subito dopo l'incidente del bus che lo trasporta ad un'altra prigione, lo consegna proprio a Silent Hill. Il viaggio nel suo inferno, inizia proprio così.

Parlavamo poc'anzi di un'altalena di emozioni, ed in effetti é proprio quello che abbiamo provato nel corso del nostro test. All'esaltazione iniziale per il buon impianto narrativo e per la costruzione di un buon background che ci avrebbe accompagnato lungo tutto il corso del gioco, ci siamo ritrovati a storcere più il naso di fronte ad alcune scelte di design operate dai Vatra (team Ceco a cui Konami ha affidato lo sviluppo del gioco) che hanno contribuito a smorzare gli entusiasmi, fino quasi a farci abbandonare le speranze per la buona riuscita del gioco. Ma andiamo per gradi.

Partiamo subito con il dire che partendo dal trend che ha coinvolto i survival horror da Resident Evil 4 in poi (Silent Hill si é parzialmente allineato dal quarto episodio), anche Downpour fa un uso di telecamere poste alle spalle del protagonista. Una scelta che sposta l'ago del gameplay più sull'azione, mutuando anche il sistema di combattimento per adattarlo al meglio a questa precisa scelta stilistica. Soprattutto nelle prime fasi del gioco (che funzionano soprattutto da tutorial), Murphy dovrà fare di necessità virtù accontentandosi di qualsiasi cosa gli venga messa a disposizione dallo scenario di gioco.





Tubi d'acciaio, pietre, assi di legno, accette. Qualsiasi cosa capiti sotto le mani del nostro protagonista potrà essere usata come mezzo offensivo. Al combattimento corpo a corpo “classico”, che comprende anche la funzione della parata, é stata aggiunta la possibilità di lanciare l'arma verso l'avversario di turno. A complicare le cose, oltre ad un numero di avversari su schermo a volte insolitamente alto per un titolo come Silent Hill, si aggiunge anche la degradabilità delle armi in nostro possesso che rischiano, colpo dopo colpo, di disfarsi letteralmente sotto le nostre mani. Per di più la mancanza di un qualsiasi indicazione a schermo impedisce al giocatore di conoscere in tempo reale lo status della propria arma, con il rischio (a volte mortale) di essere in balia del nemico proprio nel bel mezzo del combattimento.

La totale mancanza di HUD sullo schermo é parzialmente compensata dalla possibilità di capire le condizioni di salute del nostro personaggio in base alle chiazze di sangue che appariranno o meno sui vestiti, accompagnato ovviamente da un'andatura più o meno claudicante in caso di ferite di particolare importanza. Un elemento non da poco, dal momento che spesso la fuga sarà la soluzione migliore in presenza di svariati nemici e con la quasi impossibilità di poterli affrontare contemporaneamente. Essere in inferiorità numerica, soprattutto nelle fasi iniziali del gioco é una prassi da gestire con estrema attenzione dal momento che gli avversari di Downpour non solo hanno l'abitudine di attaccare spesso in gruppo, ma dimostrano un'aggressività e una tendenza a "non mollare l'osso", fin'ora sconosciuta nella saga. Veloci e letali i "mostri 2.0" di Vatra si sono dimostrati avversari piuttosto ostici da affrontare e, più che mai, da abbattere.