Silent Hill: Downpour

di Luca Gambino
Ancor più perché la struttura aperta dell'ambiente di gioco ha di sicuro il vantaggio di presentare numerose vie di fuga, ma raddoppiano anche le possibilità di trovarci di fronte nuovi avversari. Abbiamo parlato di "open world" non a caso dal momento che una volta superato la primissima fase di gioco ci troveremo di fronte ad una Silent Hill come non l'abbiamo mai vista, interamente esplorabile e con alcune missioni bonus e "laterali" rispetto alla main quest (banalmente: scappa e salva la pelle) che porteranno in dote il recupero di oggetti bonus come medikit o di alcuni documenti che raccontano nuovi retroscena della città "silente". Ne consegue che la durata del gioco si giova di questa soluzione, spostando le lancette della longevità sulle dodici ore complessive, parte delle quali saranno spese per risolvere proprio le missioni bonus.

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Un invito decisamente irrinunciabile per tutti gli amanti della saga che, tutto sommato, funziona. Girare liberamente per la città, ritrovare le vie ispirate a scrittori famosi e una toponomastica tutto sommato familiare (comprese anche alcune escursioni nel sottosuolo) é un pò un invito a nozze, smorzato però non tanto dal design della città stessa, ben realizzato e molto d'atmosfera, quanto piuttosto dal design degli avversari che non solo é piuttosto distante dai soliti canoni Konami (e ci può anche stare, per carità), ma che proprio non riescono a trasferire quella sensazione "disturbante" che é sempre stato uno dei cavalli di battaglia dell'intera produzione.

Così come detto anche in preview, il character design sembra essere stato fatto ispirandosi più a modelli esistenti, piuttosto che progettarli da zero. Ne consegue che é abbastanza facile capire le fonti di ispirazione, andando a perdere in creatività e, soprattutto, smontando un pò l'impalcatura di tensione emotiva che dovrebbe accompagnare sempre una produzione horror di questo tipo. Ritrovarsi di fronte le versioni digitali del batterista e del cantante degli Slipknot o un fan demoniaco di Bruce Lee, onestamente distruggerebbe le aspettative di qualsiasi fan.



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Eppure, malgrado tutto, Downpour riesce comunque a funzionare discretamente bene. I puzzle (che godono di un grado di difficoltà a sé stante) sono quelli classici della letteratura "silenthiliana", con filastrocche da interpretare, oggetti da recuperare e indizi da ricercare in giro per gli ambienti. In questo caso la struttura troppo aperta degli ambienti potrebbe dare qualche problema perché si rischia di girovagare a vuoto senza capire esattamente cosa fare, ma una volta "prese le misure" al gameplay si riesce a togliersi qualche soddisfazione. Più in generale fa piacere notare come ancora una volta temi importanti e adulti sono trasposti in versione ludica senza significative perdite di significato e qui Downpour riesce a mettere a segno uno dei punti più importanti a proprio favore, assieme ad un sistema di combattimento tutto sommato ben riuscito e una buona gestione dell'inventario.

Anche la pioggia, da cui deriva il titolo, assume un ruolo fondamentale all'interno della storia. Non solo perché segnala l'arrivo in massa degli avversari ma ha anche un significato più profondo, legato a doppia mandata alla vita e alla "colpa" del nostro protagonista. Insomma, un Silent Hill che non disdegna di essere bastardo e "cattivo" anche quando in gioco ci sono degli innocenti, capace di mettere in scena sequenze forti e drammatiche senza scadere nel banale. A fare da contraltare ci sono problematiche che riguardano un bilanciamento mal riuscito tra fasi esplorative e combattimenti che forse avrebbe meritato un maggiore approfondimento ma tutto sommato (se escludiamo un finale tirato un pò per i capelli), Downpour funziona.

Anche sul versante tecnico dobbiamo dire che, escludendo alcuni aspetti del character design, il lavoro svolto da Vatra si é rivelato efficace da un punto di vista artistico e tecnicamente di spessore. Certo, non mancano problemi quali tearing e un ritardo nello streaming delle texture ma ambientazioni di gioco ispirate e una buona pulizia su schermo giocano in favore di Downpour. Qualche perplessità in più invece l'abbiamo avuta sul versante sonoro dove le musiche di Daniel Licht non sono incisive e tristemente malinconiche (ma perfettamente a tema), con quella di Yamaoka. Ancora più dubbi sulla sigla iniziale assegnata ai Korn. Bellissima, per carità ma poco hanno a che fare con Silent Hill e anche perché, si sa, dopo Haze Jonathan Davies & Co. sono sinonimo di discreta sfiga.



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