Socom 3: U.s. Navy Seals

di Gabriele Cazzulini
LA PERFEZIONE NON ESISTE, PERO'...
Tutto in uno possibile? E soprattutto: possibile che tutto in uno venga tutto bene, senza macchie e senza pieghe? Niente formule da stregoneria; basta l'esperienza rocciosa di una serie trasfigurata nel firmamento videoludico, un soggetto inchiodato in primo piano nell'attualità quotidiana e l'uso intensivo dell'hardware che non lascia un solo byte sprecato inutilmente. Tutte queste parole sono sintetizzate in una sola: SOCOM. Questa è la terza edizione, che compie un salto verso sponde qualitative sempre più avanzate e ci arriva!


...E' A PORTATA DI SPARO...
Polonia, sudest asiatico, nordafrica, quattro soldati di un'èlite militare, ostaggi, minacce globali, armamenti tutti circondati dall'alone tetro della morte. Il giocatore è il leader che coordina la squadra socom in una pluralità di missioni con obiettivi, scenari e rischi ogni volta differenziati. L'attrattiva del gioco sta nella sua diretta sperimentazione. Anche i mollaccioni riformati dal servizio militare e chi resta a digiuno di scienza strategica troveranno in S3 la spoletta per far esplodere il proprio divertimento. Il teatro della guerra alza subito il sipario e manda in scena il suo spettacolo, gettando subito i seals nella mischia senza un noioso training. S'impara su strada. Utilizzo intensivo della tecnologia vuol dire anche questo: sfruttare ogni funzionalità del joypad per dare l'effetto di guidare quattro uomini, otto mani, semplicemente muovendo le dita.

Visuale in soggettiva o esterna, nuoto, corsa, cammino, inginocchiato, disteso o stealth, con armi leggere o pesanti, a braccio o installate su veicoli: i movimenti e le interazioni sono molteplici ma mai complicati da attuare. In questo modo il gioco viene da sé: mappe molto estese, numerosi obiettivi sono le sfide lanciate da S3.
Con un'interfaccia di gioco completa e capace di prendere per mano il giocatore, con numerosi punti di salvataggio, e offrendo una corsa gratis a bordo di jeep e motoscafi per spostarsi più rapidamente e sicuramente, la guerra almeno quella di S3 diventa succosa quanto basta, senza scadere nella faciloneria ma nemmeno nel frustrante simulatore. La longevità media di S3 è alta, non solo per la sua durata, ma anche per la vita del giocatore che, a meno di non impersonare un kamikaze o meditare il suicidio, scoprirà di avere la pelle dura abbastanza per resistere ai proiettili.


...E DI CERVELLO
Eseguire operazioni coperte ad alto rischio non è mai stato così invitante. Ma questo vuol forse dire che S3 è una specie di "wargame for dummies" un gioco di guerra per cerebrolesi abituati a smanettare duro per abbattere solo un nemico alla volta, grosso e cattivo? La questione non è limitata al grado di complessità strategica di S3, perché letteralmente tira in gioco un altro fattore: il multiplayer. Più che mai "multi", questo S3 offre un maxi multiplayer che allarga le sue braccia fino ad accogliere 32 soldati ludici online. Con una dozzina di mappe anche loro in formato XL, nuove modalità e un'accattivante scansione temporale tra giorno e notte, S3 diventa un'arena di gioco obbligata per l'online Sony. Oltre a morti e pallottole, questo realtà online di massa rappresenta anche un'incredibile fucina di socializzazione. E' qui che si sviluppano comportamenti collettivi, mode, stili; è qui che si traccia e rintraccia il confine tra devianza e normalità. E' il luogo perfetto per forgiare un'intelligenza artificiale in continuo mutamento, sia per estensione, che specialmente per qualità. Ecco allora l'anello di congiunzione per giudicare lo spessore strategico di S3. Se la demografia intellettuale dei partecipanti sarà di pregevole fattura, il risultato sarà una notevole profusione di energia strategica in caso contrario, fuoco a volontà resta l'unico ordine sensato.

MA LA GRAFICA E L'AUDIO SONO DA MONDIALE
Finora le ossa del gioco ma la sua carne? E' da atletica pesante, con muscoli grafici scolpiti nei panorami, con bicipiti che spingono l'orizzonte distante, e addominali che sollevano effetti climatici realisti. Acqua, terra, fuoco, aria sono i quattro elementi che fanno lievitare la grafica di S3 su livelli stratosferici, guardando al certificato anagrafico della ps2. Un puzzle ordinato di tasselli ognuno al suo posto, senza sbavature o squilibri. Come in una pellicola che mantiene intatta la sua qualità dall'inizio alla fine. (Pochi) punti di lieve affaticamento visivo sono localizzati nelle visuali notturne, le cui tonalità perdono in realismo, e nel senso volumetrico con cui le strutture fisse (palazzi, installazioni militari, fortificazioni) appaiono talvolta scenografie di cartapesta. Ma sono spigolature.
L'audio è il realismo fatto sonoro. Se le pupille vedranno davanti a sé lo scenario della guerra, e le mani sentiranno vibrare sulla loro pelle il metallo delle armi, i timpani sentiranno il rumore delle detonazioni, il sibilo del vento trafitto dai proiettili, le grida della violenza. Troppo? Provare per credere.

L'ULTIMO SPARO
Quando il caricatore ha finito le munizioni, e le croci sono state piantate sulle tombe dei caduti, è tempo di riflessioni. La critica troverà armi deboli nell'attaccare S3, prodotto eccelso che combina giocabilità e qualità. La quadratura del cerchio è ancora lontana, ma se il buongiorno si vede dal mattino, chi ben incomincia è già a metà dell'opera. Perché questa raffica di proverbi? Per comunicare la sensazione che in S3 tutto è in ordine, come i calzini piegati e appaiati nel cassetto della biancheria. Ordine tanto, (forse) emozioni (troppo) poche. Impressioni dopo una decina d'ore di gioco. Comunque: tenete aperto il vasetto della fantasia. E della pazienza, perché anche la perfezione ha i suoi lati deboli. E il fattore umano emerge nella rigidità delle missioni, spacchettate in sotto-missioni per eseguire le quali sembra di essere chirurghi che eseguono un intervento. Oppure operai alla catena di montaggio. Meno male che c'è la boccata d'aria fresca del multiplayer che risolleva la vivacità e l'imprevedibilità di questo campionato del contro-terrorismo. Insomma, qui Moggi non c'ha messo il suo zampino ma questo è un altro discorso...