Song in the Smoke Rekindled: recensione per PlayStation VR2
C'era una volta..
Talvolta le migliori storie sono quelle che creiamo vivendo in uno specifico mood. In questo caso le regole sono dettate da un sistema che pone al giocatore poche regole e un mondo primitivo (e crudele), ma ammantato di magia e stravaganze, come è giusto che sia.
Song in the Smoke Rekindled ci offre un impianto visivo piuttosto basilare, dove una pennellata di colore pastello rappresenta una netta distinzione tra il prato e le rocce, senza mai quella complessità di texture che potete ammirare in produzioni di livello più alto. Questa essenzialità non impedisce comunque di apprezzare una natura selvaggia discretamente modellata, ma lo scopo è comunque quello di sopravvivere, a qualunque costo e in qualunque modo. Ecco quindi che il cibo assume un ruolo che al nostro avatar (come del resto a noi) può ridare quell'energia perduta, lo si può trovare nascosto tra le piante che ci offre la natura stessa o ricavarlo dal combattimento con creature selvagge.
Per arrivare però a quest’ultima cosa dobbiamo necessariamente seguire un iter logico: trovare ossa, rami, pietre, materie prime ed iniziare a modellare, mescolare, fondere, intagliare ed ogni verbo vi venga in mente per creare armi o oggetti pratici anche solo per scaldarsi o fare luce. Una torcia vi risulterà utile per illuminare un antro buio, ma quanto è bello accenderla strofinandola contro una roccia.
Appiccare un falò non ha solo lo scopo di cucinare cibo, ma anche di salvare una partita e se venite uccisi prima di aver salvato vi ritroverete decisamente molto, molto indietro in una partita. Il mantello svolge una funziona fondamentale, ovvero di inventario, la possibilità di portarci qualche elemento aggiuntivo sia per ripristinare i parametri della vita, di unire elementi per creare strumenti o fare pozioni. Il resto, fatto salvo per un lungo – piacevole – tutorial, che scandisce per bene i comandi e le prime mini-quest per adattare il giocatore all’ambiente, sta tutto nel giocatore stesso.
Cacciare un predatore, che non vuole essere una preda, non è un gioco da ragazzi, sono infatti creature piuttosto rapide e, nonostante ci si prepari ad imbracciare un’arma con una mano in modo predefinito e una in un’altra, c’è comunque il rischio di non fare in tempo ad operare una difesa efficace, ma che soddisfazione quando si incocca una freccia e si centra il bersaglio in movimento.
Nonostante quindi non ci sia un gran lavoro artistico-estetico e di modellazione, il risultato è comunque piacevole tanto agli occhi, quanto alla fluidità del frame rate. Certo vi deve piacere il genere dei survival, ma anche in questo caso la varietà delle situazioni permette di non annoiarsi.
Versione Testata: PS5
Voto
Redazione
Song in the Smoke Rekindled: recensione per PlayStation VR2
I giochi survival hanno un mercato a sé ed è anche particolarmente complesso riuscire a riportare correttamente l’esperienza in VR; Song in the Smoke Rekindled riesce in questo compito abbastanza arduo. Pur mantenendo un livello di difficoltà piuttosto ostico, riesce a suo modo a creare i presupposti per offrire al giocatore tutti gli strumenti per sopravvivere, tenendo in mente che qualsiasi cosa vorrà uccidervi, in realtà. Ci sono errori e difetti di bilanciamento, questo sì, ma si può dire che in generale l’esperienza è atta a farvi vivere momenti di tensione, ma anche suscitare combattimenti divertenti da vivere e da affrontare.