Soul Calibur V
di
Nel contesto Online, il gioco ha un occhio di riguardo per la competitività e le classifiche, tanto che dal menù di gioco, denominato Casa Astrale, é possibile tenere d'occhio fino a tre “rivali”, vale a dire avversari umani che con cui sceglieremo di confrontare costantemente i nostri progressi e record. Al momento attuale le modalità di gioco in rete sono le due canoniche “scontro rapido classificato” e la “stanza del giocatore”: nel primo caso si compete contro sconosciuti cercando di salire di Rank, nel secondo si organizza una stanza di chat, eventualmente con “slot amico” riservati, dove gestire le sfide e comunicare con gli altri giocatori.
Un'altra modalità MultiPlayer Online, denominata “Colosseo”, é presente nel menù ma non é attualmente disponibile: un messaggio avvisa che sarà accessibile in seguito attraverso un DLC gratuito. Particolarmente intrigante la possibilità di salvare i replay dei propri scontri per poterli riguardare in seguito o condividere con gli altri giocatori.
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FEELING DI GIOCO
Il feeling trasmesso da SCV é quello di un gioco strutturalmente un po' più semplice rispetto ai capitoli precedenti, ma contemporaneamente più profondo sotto altri aspetti. Il sistema di controllo di base, come s'é visto, é rimasto essenzialmente lo stesso, ma le modifiche apportate non possono non far pensare ad un ritorno alle origini: nel primo Soul Edge/Blade per PSone infatti non c'erano le parate ad impatto ma era presente una versione (decisamente più complessa) della Lama Critica. Le armature sono ancora distruttibili, ma i danni in questo senso non sono più localizzati in una specifica parte del corpo; la “barra dell'anima” esiste ancora solo per stabilire il livello di sopportazione delle parete (leggasi: se vi trincerate in difesa, presto o tardi l'incalzare del nemico riuscirà a spezzare la vostra guardia) ma spariscono l' “anima infranta” e le “mosse finali” di SCIV.
Concept inalterato, ma approfondimento leggermente differente. Il ritmo di gioco, più che l'esecuzione di tecniche complesse, predilige adesso l'arte dell'incalzare e del “soffocare” l'avversario; d'altro canto, alla difesa ad oltranza sembra più proficuo il colpo d'occhio e l'anticipo degli attacchi con tecniche che sfruttino le aperture. Non manca la possibilità di concatenare mosse, anche piuttosto devastanti, in maniera tale che per l'avversario sia molto difficile, se non impossibile, sfuggire all'intera combo dopo aver incassato i primi colpi - ed in questo si riconosce parecchio la mano di Harada e del team di Tekken, che hanno supportato Project Soul nello sviluppo.
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Alcuni lottatori sono stati semplificati nelle loro liste comandi (per dirne una, Ivy non possiede più diverse posture), mentre altri sono stati riequilibrati nel tentativo di non essere né troppo forti né troppo deboli. Insomma: SCV costruisce sulla solida impalcatura del classico concept di Soul Calibur una sovrastruttura che strizza l'occhio all'immediatezza, permettendo ai neofiti di impratichirsi rapidamente e contemporaneamente invitando le vecchie volpi a rivedere alcune loro consuetudini di gioco.
REALIZZAZIONE TECNICA
L'impatto grafico con SCV é decisamente ottimo, complice lo studio veramente accattivante dei modelli e delle textures - soprattutto queste ultime: certi dettagli delle armi, delle stoffe, degli ambienti circostanti, addirittura dell'editor sono veramente strepitosi (un plauso anche alla collaborazione di Mari Shimazaki, character-designer di Bayonetta, autrice di alcune delle tenute). Tutte le animazioni sono fluide e non c'é traccia di rallentamenti neppure in presenza di particolari effetti di luce, come fiammate, fulmini, gelo e quant'altro possano mettere in campo le Lame Critiche. Le arene di gioco sono piuttosto interessanti, varie nella forma, nella dimensione e nell'ambientazione, ed alcune di queste variano tra un round e l'altro - per fare un esempio: in uno scenario sbattere l'avversario fuori dal ring sposta i successivi round nell'arena sottostante.
Non manca però qualche magagna... la prima si nota in due specifiche arene, studiate per essere “illimitate”, in cui però il parallasse variabile genera un effetto veramente fastidioso. La seconda é una tendenza un po' troppo diffusa nei modelli realizzati con l'editor a non tener correttamente conto delle compenetrazioni. Intendiamoci: un certo grado di tolleranza in questo senso é certamente da concedere, ma in SCV alcuni abiti particolarmente ampi, come gonne e mantelli, sono destinati sistematicamente a compenetrare le armi o gli altri pezzi dell'equipaggiamento. In entrambi i casi, comunque, niente che comprometta il regolare gameplay.
Decisamente ottimo il giudizio sul sonoro: ancora una volta il gioco offre una serie corposa di musiche che vanno dall'epic-fantasy, al fairy tale, a temi orientali, a motivi pirateschi, a sinfonie maestose, tutto a seconda dell'ambiente, o più correttamente ancora, del personaggio. In SCV, infatti, la musica non é legata indissolubilmente all'arena, e nella schermata di selezione é possibile sceglierla liberamente in base ai propri gusti. Si ringrazia Ubisoft per la presenza della Guest Star Ezio Auditore da Firenze e per il riarrangiamento del tema “Venice Rooftops”. I doppiaggi sono disponibili nell'originale Giapponese o nella controparte Americana: tra i due sono forse un po' migliori i primi, se non fosse che Ezio parla (occasionalmente) in Italiano solo nei secondi. Buona la traduzione dei testi.
Quello che abbiamo trovato un po' limitato é stato il fatto che la maggior parte delle scene della modalità Storia siano state realizzate sottoforma di tavole in bianco e nero: questa consuetudine é stata più volte utilizzata, ad esempio in SCII, per i finali dei singoli personaggi, ma in un contesto più prolungato diventano un po' eccessive. Fortunatamente, le scene animate ci sono, non sono poche e sono tutte ben realizzate.
CONCLUSIONI
In uno dei suoi numerosi interventi su Twitter, il game director Daishi Odashima ha dichiarato che in realtà avrebbe voluto intitolare SCV “Soul Edge II”, ma che ciò non é stato possibile per svariate ragioni. Provando il gioco e ritrovando un certo spirito proprio del titolo PSone si capisce perché Odashima-san avesse questo pensiero: il concept sembra infatti essere tornato alle sue origini, a costo di sacrificare diversi personaggi (alcune assenze anche importanti: spariscono infatti lo stile di Hwang/Yunsung, quello di Seong Mi-Na, quello di Talim e quello di Zasalamel) ed aggiornato alle attuali tecnologie e filosofie di gaming.
É un vero peccato che l'esperienza di gioco in SiglePlayer sia limitata ad un'unica Storia lineare - la quale oltretutto non fornisce sufficienti informazioni su molti dei personaggi presenti, come avremo modo di specificare presto in un apposito Speciale - e ad una palestra per il MultiPlayer, ma si tratta comunque di un lavoro decisamente soddisfacente.
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Un'altra modalità MultiPlayer Online, denominata “Colosseo”, é presente nel menù ma non é attualmente disponibile: un messaggio avvisa che sarà accessibile in seguito attraverso un DLC gratuito. Particolarmente intrigante la possibilità di salvare i replay dei propri scontri per poterli riguardare in seguito o condividere con gli altri giocatori.
FEELING DI GIOCO
Il feeling trasmesso da SCV é quello di un gioco strutturalmente un po' più semplice rispetto ai capitoli precedenti, ma contemporaneamente più profondo sotto altri aspetti. Il sistema di controllo di base, come s'é visto, é rimasto essenzialmente lo stesso, ma le modifiche apportate non possono non far pensare ad un ritorno alle origini: nel primo Soul Edge/Blade per PSone infatti non c'erano le parate ad impatto ma era presente una versione (decisamente più complessa) della Lama Critica. Le armature sono ancora distruttibili, ma i danni in questo senso non sono più localizzati in una specifica parte del corpo; la “barra dell'anima” esiste ancora solo per stabilire il livello di sopportazione delle parete (leggasi: se vi trincerate in difesa, presto o tardi l'incalzare del nemico riuscirà a spezzare la vostra guardia) ma spariscono l' “anima infranta” e le “mosse finali” di SCIV.
Concept inalterato, ma approfondimento leggermente differente. Il ritmo di gioco, più che l'esecuzione di tecniche complesse, predilige adesso l'arte dell'incalzare e del “soffocare” l'avversario; d'altro canto, alla difesa ad oltranza sembra più proficuo il colpo d'occhio e l'anticipo degli attacchi con tecniche che sfruttino le aperture. Non manca la possibilità di concatenare mosse, anche piuttosto devastanti, in maniera tale che per l'avversario sia molto difficile, se non impossibile, sfuggire all'intera combo dopo aver incassato i primi colpi - ed in questo si riconosce parecchio la mano di Harada e del team di Tekken, che hanno supportato Project Soul nello sviluppo.
Alcuni lottatori sono stati semplificati nelle loro liste comandi (per dirne una, Ivy non possiede più diverse posture), mentre altri sono stati riequilibrati nel tentativo di non essere né troppo forti né troppo deboli. Insomma: SCV costruisce sulla solida impalcatura del classico concept di Soul Calibur una sovrastruttura che strizza l'occhio all'immediatezza, permettendo ai neofiti di impratichirsi rapidamente e contemporaneamente invitando le vecchie volpi a rivedere alcune loro consuetudini di gioco.
REALIZZAZIONE TECNICA
L'impatto grafico con SCV é decisamente ottimo, complice lo studio veramente accattivante dei modelli e delle textures - soprattutto queste ultime: certi dettagli delle armi, delle stoffe, degli ambienti circostanti, addirittura dell'editor sono veramente strepitosi (un plauso anche alla collaborazione di Mari Shimazaki, character-designer di Bayonetta, autrice di alcune delle tenute). Tutte le animazioni sono fluide e non c'é traccia di rallentamenti neppure in presenza di particolari effetti di luce, come fiammate, fulmini, gelo e quant'altro possano mettere in campo le Lame Critiche. Le arene di gioco sono piuttosto interessanti, varie nella forma, nella dimensione e nell'ambientazione, ed alcune di queste variano tra un round e l'altro - per fare un esempio: in uno scenario sbattere l'avversario fuori dal ring sposta i successivi round nell'arena sottostante.
Non manca però qualche magagna... la prima si nota in due specifiche arene, studiate per essere “illimitate”, in cui però il parallasse variabile genera un effetto veramente fastidioso. La seconda é una tendenza un po' troppo diffusa nei modelli realizzati con l'editor a non tener correttamente conto delle compenetrazioni. Intendiamoci: un certo grado di tolleranza in questo senso é certamente da concedere, ma in SCV alcuni abiti particolarmente ampi, come gonne e mantelli, sono destinati sistematicamente a compenetrare le armi o gli altri pezzi dell'equipaggiamento. In entrambi i casi, comunque, niente che comprometta il regolare gameplay.
Decisamente ottimo il giudizio sul sonoro: ancora una volta il gioco offre una serie corposa di musiche che vanno dall'epic-fantasy, al fairy tale, a temi orientali, a motivi pirateschi, a sinfonie maestose, tutto a seconda dell'ambiente, o più correttamente ancora, del personaggio. In SCV, infatti, la musica non é legata indissolubilmente all'arena, e nella schermata di selezione é possibile sceglierla liberamente in base ai propri gusti. Si ringrazia Ubisoft per la presenza della Guest Star Ezio Auditore da Firenze e per il riarrangiamento del tema “Venice Rooftops”. I doppiaggi sono disponibili nell'originale Giapponese o nella controparte Americana: tra i due sono forse un po' migliori i primi, se non fosse che Ezio parla (occasionalmente) in Italiano solo nei secondi. Buona la traduzione dei testi.
Quello che abbiamo trovato un po' limitato é stato il fatto che la maggior parte delle scene della modalità Storia siano state realizzate sottoforma di tavole in bianco e nero: questa consuetudine é stata più volte utilizzata, ad esempio in SCII, per i finali dei singoli personaggi, ma in un contesto più prolungato diventano un po' eccessive. Fortunatamente, le scene animate ci sono, non sono poche e sono tutte ben realizzate.
CONCLUSIONI
In uno dei suoi numerosi interventi su Twitter, il game director Daishi Odashima ha dichiarato che in realtà avrebbe voluto intitolare SCV “Soul Edge II”, ma che ciò non é stato possibile per svariate ragioni. Provando il gioco e ritrovando un certo spirito proprio del titolo PSone si capisce perché Odashima-san avesse questo pensiero: il concept sembra infatti essere tornato alle sue origini, a costo di sacrificare diversi personaggi (alcune assenze anche importanti: spariscono infatti lo stile di Hwang/Yunsung, quello di Seong Mi-Na, quello di Talim e quello di Zasalamel) ed aggiornato alle attuali tecnologie e filosofie di gaming.
É un vero peccato che l'esperienza di gioco in SiglePlayer sia limitata ad un'unica Storia lineare - la quale oltretutto non fornisce sufficienti informazioni su molti dei personaggi presenti, come avremo modo di specificare presto in un apposito Speciale - e ad una palestra per il MultiPlayer, ma si tratta comunque di un lavoro decisamente soddisfacente.