Soul Calibur VI
Dopo aver ritardato il suo ritorno sugli spalti dei picchiaduro per ben sei anni dall’ultimo capitolo, la storica saga legata alla leggenda di Soul Edge acquista nuova linfa vitale grazie a questa sesta incarnazione del franchise, che si propone non solo più coerente a questa generazione ma anche, e soprattutto, più ricca per via della mole di contenuti proposti.
Bandai Namco sembra aver fatto tesoro dell’esperienza coltivata con l’ultimo Tekken, dimostrando che con un po' di olio di gomito, coerenza e pazienza possono condurre a un risultato finale solido e convincente, capace di poter dire la sua a tutto tondo sia per il comparto in singolo che per il multi.
A TALE OF SOULS AND SWORDS
Chi almeno una volta è riuscito a entrare in contatto con la saga, saprà che quest’ultima narra la storia della mitica spada Soul Edge, un manufatto in grado di donare poteri devastanti al suo possessore corrompendone allo stesso tempo l’anima. Dopo il pirata Cervantes fu infatti Siegfried a venir corrotto da Soul Edge, diventando il guerriero dall’armatura demoniaca ribattezzato con il nome di Nightmare.
Tutte le avventure vissute nei precedenti capitoli riguardanti questa storia vengono ora riproposte nelle Cronache dell’Anima, un vero e proprio tomo suddiviso accuratamente in ordine cronologico dove ogni guerriero segue il proprio percorso “raccontando” il suo rapporto con la spada e gli altri personaggi. Alla fine del filmato introduttivo, utile per una rispolverata generale oltre che per spiegare la storia anche a chi non dovesse conoscerla, la storia inizia con Kilik intento a difendere il tempio di Ling-Seng Su da alcuni malfestati corrotti dal Seme del Male. Il particolare momento in cui avviene tutto questo corrisponde con la suddivisione di tre artefatti leggendari: il bastone Kali Yuga, lo specchio Dvapara Yuga e la spada Krita Yuga.
Come per Kilik anche gli altri lottatori seguono una timeline parallela agli eventi, raccontando avvenimenti diversi con un buono stile di narrazione, che incespica soltanto nelle fasi in cui siamo “costretti” a scontrarci con qualche minion di troppo. Si poteva fare di più anche a livello di esposizione, se non altro perché lo stile a schermate statiche vanta solamente qualche artwork degno di nota, che a nostro avviso sarebbe stato digerito meglio se accompagnato da cutscene o veri e propri filmati (un po' come i finali di Tekken 3, ricordate?).
La storia originale viene quindi arricchita di particolari retroscena inediti mai visti fino a oggi, accompagnati peraltro da interessanti fasi narrative extra che potranno essere scoperte nella modalità Bilancia dell’Anima. Questa seconda offerta single player evolve le regole della Chronicles of the Sword viste nel terzo capitolo del franchise, proponendo come da tradizione la creazione di un personaggio personalizzato, che nei panni di malfestato comincia a muovere i suoi passi nel mondo di gioco, alternando fasi picchiaduro a fasi più ruolistiche, dove sarà possibile scegliere diverse strade al fine di scoprire cosa è accaduto dopo la manifestazione della Soul Edge.
L’editor permette di scegliere tantissime variabili di personalizzazione del nostro avatar e conclude il processo, come da prassi, proponendo un’arma con cui seguire al contempo il moveset del suo personaggio corrispondente. Il viaggio a tappe è ricco di dialoghi riprodotti con la stessa formula vista con la prima modalità in singolo, ma il grosso feedback positivo tratto da questa seconda corposa offerta sta nella possibilità di diversificare gli scontri durante il viaggio, grazie alla selezione di altre armi, nonché a sfruttare diversi bonus passivi grazie alla scelta di diversi cibi da consumare prima dello scontro.
Visitando il mondo di gioco sarà possibile ottenere armi più potenti da fabbri e mercanti, finanche selezionare delle missioni secondarie che dovranno essere affrontate seguendo regole diverse dello scontro, come alcune condizioni che cambiano modalità di attacco e stato dell’arena di combattimento.
A tutti gli effetti queste due modalità hanno tanto in comune in sede di esposizione, ma la loro essenza così articolata le rende valide sotto quasi tutti i punti di vista. Senza contare poi che il nostro alter-ego, durante il suo viaggio, avrà il piacere di incontrarsi/scontrarsi con tutti gli altri personaggi presenti nel roster, regalando quindi una prospettiva angolare interessante, capace di lasciar scoprire al giocare diversi aspetti interessanti di tutta la vicenda.
IL TIMING È TUTTO!
Trattandosi di un picchiaduro, il combat system di Soul Calibur ha subito modificazioni lungo il corso della sua pubblicazione, arrivando a uno standard rispettabile che gli ha permesso di non aver nulla da invidiare alle controparti di settore. La sesta installazione del franchise mantiene inalterati i rudimenti alle spalle del sistema di combattimento, permettendo un utilizzo assolutamente versatile del nostro personaggio, che può come sempre muoversi all’interno delle arene tridimensionali, sfruttando ogni direzione possibile in vista di combinare attacchi più o meno pesanti contro il nostro avversario.
Valutare le distanze, oltre che il timing con cui si effettuano i colpi, resta quindi uno dei must da assimilare sin dal primo momento in cui si entra in contatto con il gioco, ed è per questo che, qualora vogliate affrontare l’ardua modalità classificata, sarà meglio farsi una capatina nella zona di allenamento per usare tutti i personaggi almeno una volta per capirne il moveset. Oltre ai colpi e le mosse standard, il sistema adesso propone un’abilità chiamata Lama Invertita, in pratica una stance attivabile con il dorsale destro del gamepad che permette di colpire il proprio avversario, attivando una sorta di morra cinese in cui premere il tasto di attacco giusto (tra quadrato, triangolo e cerchio) potrebbe in qualche modo destabilizzare l’avversario, ottenendo tempo prezioso per finirlo con qualche combo ben assestata.
Soul Calibur 6 tende a rendere ogni incontro spettacolare e dinamico, ecco perché l’utilizzo di alcune abilità come la guardia reattiva adesso viene semplificato, poiché ora può essere attivata senza l’utilizzo della barra energia. Saper incalzare l’avversario nel modo giusto, tenendo conto del movimento e dell’area d’impatto delle armi, diventa quindi indispensabile di fronte alle molteplici possibilità di attacco e difesa generabili. Il picchiaduro di Bandai Namco non perdona chi sbaglia, ecco perché il ritmo delle battaglie segue meccaniche fortemente dinamiche e reattive, capace di far risolvere persino un combattimento estremo con un banale Ring Out frutto della distrazione.
La presenza dei 20 personaggi compresi nel roster, accompagnati come novità da Groh, Azwel e Geralt di Rivia, rende particolarmente divertente le partite in tutte le modalità presenti nel gioco, grazie alla doverosa necessità di diversificare tipologia di approccio a seconda delle necessità.
Il passaggio al motore grafico Unreal Engine determina uno sviluppo interessante e pregevole dell’interno comparto visivo del titolo, che adesso può vantare animazioni ed effetti non solo al passo con i tempi, ma anche qualitativamente belli da guardare. La nostra prova su console Playstation 4 ha dimostrato anche una piacevole stabilità in sede di framerate, che si attesta saldo sui 60 fps al secondo anche durante le partite classificate in multigiocatore. La mole di animazioni generabili a ogni combattimento rende un po' caotica l’azione, portando i giocatori meno esperti a soffrire un po' durante la valutazione della posizione dei colpi.