South Park: Scontri Di-Retti
Nelle ultime settimane, il team marketing di South Park: Scontri Di-Retti è stato molto attivo regalandoci alcune trovate pubblicitarie fantastiche come il concorso di peti organizzato da Ubisoft e lo sketch pubblicitario con un personaggio, come Maccio Capatonda (in compagnia di Herbert Ballerina), che potrebbe tranquillamente vivere nell’assurdo mondo creato da Trey Parker e Matt Stone.
Dopo tanta attesa (dovuta anche all’ottimo primo capitolo, Il Bastone della Verità), finalmente South Park: Scontri Di-Retti arriva su PS4 (la versione recensita in questo articolo), Xbox One e PC
Fatevi un clistere, io vado a casa!
A prima vista questo secondo capitolo di South Park può sembrare una rivisitazione del primo.
Se nel “Bastone della Verità” si cercava di scimmiottare Game of Thrones e il mondo dei RPG Fantasy, in “Scontri Di-Retti” ci addentreremo nel mondo parodistico dei supereroi, andando a riprendere la Storyline dei Coon Friends (gruppo supereroi stico creato da Cartman, in versione mezzo uomo mezzo procione), in particolar modo dall’episodio “Franchise Prequel” (21x04).
Alla fine di questo episodio si creeranno due fazioni, la prima capeggiata da The Coon aka Eric Cartman, la seconda invece dal Professor Chaos, l’alter ego di Butters Stotch, personaggio presente fin dalla prima puntata di South Park, ma che per molto tempo è stato solo di contorno (praticamente una vera e propria “Civil War” di marveliana memoria).
Ed è qui che il giocatore entrerà in gioco con il suo personaggio, New Kid, che potrà essere customizzato sia come genere (maschile o femminile), che come “razza” (dovuta al colore della pelle), che entrerà nelle schiere degli “Amici del Procione” capeggiati da Cartman.
Sulla questione razza si sono già sprecate molte parole in tanti articoli online, in quanto quanto più scuri di pelle sceglieremo il nostro personaggio più difficile sarà il gioco, non tanto per quanto riguarda i combattimenti che rimangono inalterati, ma riguardo le interazioni con gli NPC che saranno diverse (è razzista? Sicuramente, ma che vi aspettavate da South Park?).
Il gioco viaggia tra combattimenti contro gli avversari più disparati (dai terribili ragazzini delle medie ai preti pedofili, senza scordarsi i membri della fazione opposta degli “Amici della Libertà), ammiccamenti al mondo dei social continui (durante gran parte gioco vi porterà a cercare di fare selfie con chiunque capiti sulla vostra strada per agguantare quanti più follower possibili su Procinstragram, con tanto di barra “Influencer” che sale!) e dissacranti minigame (come quello di defecare in ogni bagno presente in game).
Ma mettendo da parte il dissacrante mondo di South Park, cosa ci rimane?
Un gran bel RPG tattico, che nulla ha da invidiare a titoli più blasonati.
Analizzando il gameplay South Park: Scontri Di-Retti, ci troviamo di fronte ad un prodotto di un buon livello, se non addirittura ottimo. L’avventura si segue abbastanza facilmente attraverso un menù mappa con riepilogo di missioni che ci permette di capire subito dove dirigerci per proseguire nella storyline (o anche indicandoci i luoghi dove completare le quest secondarie che ci verranno presentate), con tanto di punti di viaggio rapido da sbloccare in cui il nostro Jimmy in versione Flash, anzi scusate Fastpass, ci farà da “tassista” personale.
L’interazione con le schermate di gioco, disegnate in perfetto stile South Park, è minima e si riduce solitamente nella distruzione o apertura di oggetti per acquisire loot di vario genere (utile per il crafting, di cui parleremo tra poco) o possibilità di spostare degli oggetti per accedere a sezioni fino a quel momento bloccate.
Ma dove South Park: Scontri Di-Retti brilla è durante la sezione combattimento.
Il gioco riprende i canoni dei classici RPG tattici alla Final Fantasy Tactics o Fire Emblem. Sebbene le aree di scontro non sono di grandi dimensioni (solitamente si combatte in griglie da 20-25 caselle circa), la grande varietà di attacchi e abilità permetterà di regalare al giocatore una bella scelta strategica regalando al titolo una profondità che non ci si aspetta.
Come da tradizione avremo a disposizione svariate classi tra cui scegliere le nostre abilità. All’inizio avremo solo 3 classi da cui scegliere (Brutalista, Velocistà e Blaster), ma ben presto avremo la possibilità di sbloccarne altre e averne due contemporaneamente attive, con la possibilità di cambiare quando si vuole, per ribilanciare il proprio party in seguito all’arrivo di nuovi personaggi al suo interno.
Avremo a disposizione 3 abilità base (alcune utilizzabili ogni turno, altre invece avranno un cooldown) più un’abilità speciale che sarà a disposizione del giocatore solo dopo aver riempito una barra durante i combattimenti, che avrà solitamente effetti devastanti, abilità selezionabili dalle classi attive al momento (ad esempio il Brutalista potrà essere combinato con l’Elementalista per avere la possibilità di accedere ad attacchi sia ravvicinati che a distanza, ma anche ad un discreto self-buff con tanto di cura, necessaria per un personaggio che si butta in prima linea).
In queste 3 abilità di base potremmo avere attacchi a distanza o ravvicinati, ma anche possibilità di curare i nostri alleati, debuffare gli avversari o curare/buffare i nostri alleati, o addirittura tauntare i nemici mentre nel frattempo si attiveranno abilità di protezione (permettendoci così di rispecchiare i classici ruoli degli RPG di tank, healer, buffer/debuffer, dps melee e ranged).
Man mano che saliremo di livello, avremo la possibilità di upgradare il nostro personaggio tramite dei manufatti che possono potenziare le varie caratteristiche del personaggio o migliorare determinate abilità (rendere più efficaci i debuff o più potenti i colpi a distanza, tanto per dirne alcune), oltre la possibilità di acquisire in game (sia tramite loot che tramite shop Ubisoft) tanti oggetti con cui modificare il proprio aspetto da “supereroe”.
Ovviamente non manca la possibilità di accedere ad un menù con cui usare gli oggetti che troveremo durante il gioco o che potremmo addirittura creare.
Infatti, ad un certo punto del gioco (in realtà l’opzione è utilizzabile anche prima, ma il tutorial non arriva subito), Morgan Freeman in persona ci introdurrà nel sistema di crafting del gioco che ci permetterà di creare oggetti che potremo usare sia durante il combattimento che fuori (e non scordatevi di chiedere un selfie con Morgan!).
Sebbene South Park: Scontri Di-Retti acquisti una certa complessità con questo sistema di combattimento, bisogna vedere anche il rovescio della medaglia, in quanto, rispetto a “Bastone della Verità”, risulterà tutto più lento, con il rischio di annoiare i giocatori più action e meno abituati a meccaniche di questo genere.
Dal punto di vista tecnico non siamo di fronte ad un capolavoro, ma è la stessa natura del gioco che non lo richiede in quanto per rimanere quanto più fedeli alla serie TV non potevamo di certo aspettarci chissà quale opera d’arte, ma l’effetto ricercato di immergerci nell’atmosfera di una puntata di South Park è perfettamente riuscito, il tutto, come per il primo episodio, coadiuvato dal doppiaggio di altissima qualità (tutto completamente in italiano, anche se talvolta differisce dai sottotitoli presenti su schermo), dandoci così, in tutto e per tutto, l’idea di assistere ad un episodio inedito di South Park.
La localizzazione però mi ha fatto storcere il naso. Purtroppo sono dell’idea che giochi di questo genere, che sulle gag linguistiche (e riferimenti culturali) basano molto del loro successo, non debbano assolutamente essere tradotti.
Anche se i traduttori hanno cercato di rendere al meglio alcuni giochi di parole, a partire dal titolo del gioco Scontri Di-Retti che dovrebbe richiamare il ben più sofisticato “The Fractured But Whole” (letteralmente “il fratturato ma intero”, ma in realtà But Whole risponde all’esigenza di inserire la parola Butthole nel titolo del gioco che spero sappiate tutti cosa significhi), spesso mi sono trovato a trovare alcuni typo nei testi, oltre ad alcuni passaggi non proprio esilaranti come sarebbero potuti essere nella versione in lingua inglese. Capisco che le esigenze di mercato costringano le Software House ad operare in questa maniera, ma rimango dell’idea che il gioco in lingua originale renda molto meglio.