Sparta : la battaglia delle Termopili

di Paiano Walter
Tra i tanti pregi che possiamo attribuire a Wikipedia, l’enciclopedia libera che é ormai la più alta espressione della rivoluzione culturale internettiana, c’é quello di essere anche un ottimo strumento di statistica. Vi sarà di certo capitato di darci un’occhiata, più di una volta, e se i motivi che vi spingono a farlo sono simili a quelli di chi vi scrive, almeno una volta vi sarete imbattuti nella voce che parla della battaglia delle Termopili, il celebre scontro nel cui il re spartano Leonida affronta con un piccolo manipolo, ovvero la sua guardia personale di 300 uomini, alcuni opliti volontari e un contingente a guardia del famigerato sentiero alle spalle dell’indistruttibile falange, che costerà poi, secondo le fonti storiche, la sconfitta alle truppe elladi.

Quando vedi il ritmo con cui una voce in Wikipedia si evolve capisci l’attenzione che il popolo dei navigatori le riserva. In questo caso, essa l’attenzione per la Battaglia delle Termopili é esponenzialmente aumentata negli ultimi mesi, causa la tanto discussa trasposizione cinematografica di Snyder della graphic-novel “300” e un certo lavoro di recupero, un po’ giornalistico e un po’ spassionatamente amatoriale, delle vicende di Leonida e dei suoi prodi.
FX Interactive aggiunge altra carne al fuoco, cimentandosi in un interessante strategico in tempo reale che ha come leit motiv, tirate a indovinare, la storia dei 300.
Sparta, tuttavia, é un rts canonico. Non vi facciate illusioni, dato che anche qui abbiamo 3 fazioni (Spartani, Egiziani e Persiani) e le 3 relative campagne. Ogni campagna non ci catapulta direttamente nel vivo dell’azione, ma un po’ per gioco un po’ per suspence, ci introduce ai diversi fatti che si susseguono nel periodo storico preso in esame, e che naturalmente riguardano questi tre popoli.

Ogni campagna svolge la funzione di introdurci ad un quadro generale del gioco (una sorta di tutorial ben mascherato) e alle funzionalità particolari di ogni fazione.
La struttura di fondo rimane la stessa di molti altri titoli simili: si creano cittadini, si costruiscono edifici cittadini e militari, si estraggono risorse (usando delle miniere d’oro quasi senza fondo, il taglio della legna o le fattorie, ad esempio). Una novità molto interessante é data dal fatto di poter scegliere personalmente come equipaggiare i soldati, usando le armi sbloccate dalle ricerche o quelle che i nemici lasciano cadere e che possiamo raccogliere, così come ogni cavallo o arma d’assedio abbandonata può tornarci utile immediatamente (una feature che molti strategici, tra cui Total War, non si sono mai decisi ad implementare); d’altronde, da buona tradizione FX interactive, l’approvvigionamento dei soldati sarà tra le nostre maggiori preoccupazioni, dato che senza cibo i soldati tendono a perdere piuttosto velocemente salute.
Sul campo di battaglia si può contare sull’apporto degli eroi e di abilità speciali, oltre che sui veterani che battaglia dopo battaglia guadagnano resistenza ed esperienza, mentre le battaglie navali sono state impreziosite da alcune opportunità inedite, come l’abbordaggio; e tuttavia le navi, e in generale ogni unità sullo schermo, soffrono come di una sorta di flemmatica calma, caratteristica che é costata al titolo l’infausto appellativo di “un age of empires al rallentatore”. Il problema di fondo del gioco risiede però in una fastidiosissima gestione della telecamera, che in molte occasioni lascia fuori dalla nostra visuale “angoli bui”, cosa assolutamente improponibile per un rts. In aggiunta abbiamo una pessima gestione dei punti di riunione per i cittadini (se piazziamo la banderuola su una miniera essi non iniziano automaticamente a lavorare) e del movimento delle unità, oltre a regolari capricci del puntatore.
Graficamente il titolo é ben impostato, cromaticamente vario e tutt’altro che mediocre, e si attesta su ottimi livelli di coinvolgimento. Anche la simulazione dei crolli degli edifici e il motore fisico in generale fa buona voce in capitolo, mentre il comparto sonoro rimane in una aurea mediocrità che non sconvolge né appassiona.
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