Spec Ops: The Line
di
Massimiliano Pacchiano
Contrastare lo strapotere di Call of Duty, ed in particolare della serie Modern Warfare é come combattere una guerra persa in partenza. Non é facile da scalzare da suo trono un titolo che vanta il seguito di milioni di appassionati e che ha reso gli FPS bellici su console un genere di enorme successo, come non é facile raggiungere gli stessi livelli di qualità tecnica, spettacolarità e giocabilità “user friendly” in grado di divertire chiunque. Non potendo contare sull'esperienza decennale e sui capitali di Activision, il nuovo sparatutto 2K prova una strada differente per essere l'anti-Call of Duty. Non spingendo sulla qualità del gameplay o dei set-pieces, bensì sulla sceneggiatura: qualunque giocatore con un minimo di coscienza, una volta giocato e finito Spec Ops: The Line, guarderà con occhi ben diversi qualsiasi altro sparatutto bellico.
Già dall'inizio della campagna i più attenti potrebbero intuire dove si va a parare: la storia infatti ci vedrà impegnati in una missione di salvataggio all'interno di una Dubai completamente distrutta e sommersa da una colossale tempesta di sabbia, mentre cercheremo di portare a casa il Colonnello Konrad (crasi di Kurtz e Conrad, non poteva esserci citazione più esplicita da Cuore di Tenebra / Apocalypse Now) rimasto sul luogo per salvare quanti più civili possibile. Forse. The Line quindi non mira a concorrere contro Modern Warfare (come potrebbe?) bensì a distruggerne il concetto stesso, quella irritante patina di pseudo-realismo e quello stucchevole patriottismo da due soldi, che glissa allegramente sulle colpe e sugli errori del governo statunitense. Dubai come proiezione postmoderna di un medioriente forse salvato (o forse stuprato) dall'occupazione americana; il Colonnello Konrad come facciata di un esercito statunitense fatto di eroi “alla luce del sole” che forse nascondono ombre e verità ben poco piacevoli.
Ma passiamo al gioco vero e proprio, un canonico sparatutto guerrafondaio in terza persona, con tanto di coperture alla Gears e disposizione dei tasti come ci si aspetta da un titolo di questo genere. C'é da dire che il gioco riprende il titolo (Spec Ops) da una serie di vecchi shooter tattici per Pc e Psx, ma al di là del nome non c'é alcun contatto nel gameplay, il quale risulta totalmente stravolto rispetto alla serie originaria. Uniche, blande concessioni ai tatticismi sono la possibilità di impartire ordini ai propri compagni gestiti dell'IA (praticamente indicando su quale bersaglio concentrare il fuoco) ed il poter distruggere alcune pareti che faranno cadere quintali di sabbia sugli avversari, uccidendoli. Lo sviluppatore tedesco Yager, nonostante l'esperienza relativamente modesta (finora ha realizzato solo l'omonimo gioco per Xbox ed il misconosciuto Aerial Strike su Pc) é riuscito a cavarsela in maniera discreta, con una realizzazione tecnica soddisfacente ma un gameplay eccessivamente semplice e lineare. L'avanzamento infatti é predefinito e scriptato come nel cugino Call of Duty, ma in questo caso la dissimulazione del “tour guidato” non é altrettanto efficace ed i nodi vengono tutti al pettine. Potremo quindi definirlo un simpatico “sparamuretto corridoiato” con gunplay appena decente, dove il feeling delle armi, la precisione balistica e l'IA dei nemici sono ben lontani da quel che abbiamo visto nei più blasonati titoli di questo genere. Ma la parte peggiore forse é la deambulazione, mai come prima d'ora in un TPS il nostro personaggio si muove in maniera rigida ed impacciata, incastrandosi spesso in un sistema di coperture poco rifinito. Anche la difficoltà non é calibrata benissimo: la campagna abbordabilissima ci riserva alcuni momenti in cui la difficoltà s'impenna notevolmente costringendoci a ripetere svariate volte il medesimo segmento (e sorbirci i relativi caricamenti).
Tuttavia non mancano momenti coinvolgenti e spettacolari, incalzati dai dialoghi ben scritti e dalla trama appassionante. A tal proposito, alcuni si sono lamentati dell'incoerenza del plot, che a detta loro mal si sposa con le continue sparatorie e carneficine che dovremo perpetrare; in realtà la trama fa un buon lavoro per giustificare questo aspetto, ed anzi in alcuni momenti ci costringe volutamente ad uccidere persone che non vorremmo, creando una sorta di empatia tra il giocatore ed i nemici con l'abile utilizzo di dialoghi intelligenti e talvolta suggestivi. Sono presenti anche delle scelte morali in alcuni punti della trama, ma in realtà si tratta quasi sempre di decisoni “obbligate”: alcuni di questi bivi ci costringeranno a scegliere il male minore tra due alternative, entrambe spiacevoli. In alcuni casi la scelta sbagliata porta addirittura alla morte, altre volte non ci sono ripercussioni se non nell'animo del giocatore stesso (e nella lista trofei). Questo potrebbe apparire come una presa in giro, perché in effetti sono falsi bivi, ma in un contesto narrativo che va in una precisa direzione, dove nessuno é davvero innocente e dove la redenzione é impossibile, questa scelta non solo é giustificabile ma é persino vincente. Uno degli scopi del gioco é far sentire in colpa il giocatore, e talvolta ci riesce benissimo tanto da fargli spezzare l'empatia con i personaggi. E forse potrebbe persino spingere alcuni a ripudiare il gioco stesso.
La campagna dura circa sette ore, più o meno in linea con la concorrenza quindi; fortunatamente abbiamo un multiplayer con mappe ben studiate, un buon sistema di classi e diverse modalità interessanti. Tuttavia i controlli rigidi a cui abbiamo accennato pesano molto di più online che nella campagna, e non tutti saranno disposti a sopportare questi difetti per cimentarsi nello sbloccare le varie armi, perks ed equipaggiamenti. Otto giocatori online sembrano una quantità soddisfacente, ma se li paragoniamo ai 32 ottimamente gestiti da StarHawk, quello offerto dal titolo 2K é un numero decisamente modesto. Aggiungiamo inoltre che durante una delle nostre prove, in cui tra l'altro stavamo stravincendo contro un team di noob che litigava coi controlli, il gioco ci ha piantato in asso facendo freezare la console.
Tecnicamente parlando, The Line offre una cosmesi inizialmente piacevole: una volta tanto vediamo l'Unreal Engine utilizzato per dar vita ad una Dubai dai colori vividi, dalle architetture splendidamente devastate e decadenti, tanto affascinanti quanto spettacolari. Per una volta l'arte trova posto in un gioco a sfondo militare. Anche le texture sono discretamente definite, ed il tipico effetto “spixellato” durante lo streaming delle stesse é molto veloce rispetto a quello a cui siamo abituati. Il problema della grafica però é che tantissimi altri particolari sono poco curati: dalle animazioni fino ad aspetti macroscopici come fumo ed esplosioni (davvero ridicole, s'é visto di meglio su Ps2) o la gestione della sabbia dinamica (o meglio scriptata) che definire primitiva é un complimento. Manco a dirlo, i set-pieces dei vari Modern Warfare latitano, e quando c'é qualche scena “ultradinamica” in genere é realizzata con una certa carenza di mezzi (basti pensare all'inseguimento in elicottero della fase introduttiva). Il sonoro ci offre ottime musiche (alcune in pieno stile Apocalypse Now), effetti solo discreti ed un buon doppiaggio in italiano, ben tradotto e ben recitato.
NOTA: La differenza di valutazione tra le due versioni non rispecchia una discrepanza nella qualità effettiva del gioco (che é praticamente identico su entrambe le piattaforme), bensì é frutto di due approcci e due opinioni molto differenti da parte dei redattori che se ne sono occupati.
Già dall'inizio della campagna i più attenti potrebbero intuire dove si va a parare: la storia infatti ci vedrà impegnati in una missione di salvataggio all'interno di una Dubai completamente distrutta e sommersa da una colossale tempesta di sabbia, mentre cercheremo di portare a casa il Colonnello Konrad (crasi di Kurtz e Conrad, non poteva esserci citazione più esplicita da Cuore di Tenebra / Apocalypse Now) rimasto sul luogo per salvare quanti più civili possibile. Forse. The Line quindi non mira a concorrere contro Modern Warfare (come potrebbe?) bensì a distruggerne il concetto stesso, quella irritante patina di pseudo-realismo e quello stucchevole patriottismo da due soldi, che glissa allegramente sulle colpe e sugli errori del governo statunitense. Dubai come proiezione postmoderna di un medioriente forse salvato (o forse stuprato) dall'occupazione americana; il Colonnello Konrad come facciata di un esercito statunitense fatto di eroi “alla luce del sole” che forse nascondono ombre e verità ben poco piacevoli.
Ma passiamo al gioco vero e proprio, un canonico sparatutto guerrafondaio in terza persona, con tanto di coperture alla Gears e disposizione dei tasti come ci si aspetta da un titolo di questo genere. C'é da dire che il gioco riprende il titolo (Spec Ops) da una serie di vecchi shooter tattici per Pc e Psx, ma al di là del nome non c'é alcun contatto nel gameplay, il quale risulta totalmente stravolto rispetto alla serie originaria. Uniche, blande concessioni ai tatticismi sono la possibilità di impartire ordini ai propri compagni gestiti dell'IA (praticamente indicando su quale bersaglio concentrare il fuoco) ed il poter distruggere alcune pareti che faranno cadere quintali di sabbia sugli avversari, uccidendoli. Lo sviluppatore tedesco Yager, nonostante l'esperienza relativamente modesta (finora ha realizzato solo l'omonimo gioco per Xbox ed il misconosciuto Aerial Strike su Pc) é riuscito a cavarsela in maniera discreta, con una realizzazione tecnica soddisfacente ma un gameplay eccessivamente semplice e lineare. L'avanzamento infatti é predefinito e scriptato come nel cugino Call of Duty, ma in questo caso la dissimulazione del “tour guidato” non é altrettanto efficace ed i nodi vengono tutti al pettine. Potremo quindi definirlo un simpatico “sparamuretto corridoiato” con gunplay appena decente, dove il feeling delle armi, la precisione balistica e l'IA dei nemici sono ben lontani da quel che abbiamo visto nei più blasonati titoli di questo genere. Ma la parte peggiore forse é la deambulazione, mai come prima d'ora in un TPS il nostro personaggio si muove in maniera rigida ed impacciata, incastrandosi spesso in un sistema di coperture poco rifinito. Anche la difficoltà non é calibrata benissimo: la campagna abbordabilissima ci riserva alcuni momenti in cui la difficoltà s'impenna notevolmente costringendoci a ripetere svariate volte il medesimo segmento (e sorbirci i relativi caricamenti).
Tuttavia non mancano momenti coinvolgenti e spettacolari, incalzati dai dialoghi ben scritti e dalla trama appassionante. A tal proposito, alcuni si sono lamentati dell'incoerenza del plot, che a detta loro mal si sposa con le continue sparatorie e carneficine che dovremo perpetrare; in realtà la trama fa un buon lavoro per giustificare questo aspetto, ed anzi in alcuni momenti ci costringe volutamente ad uccidere persone che non vorremmo, creando una sorta di empatia tra il giocatore ed i nemici con l'abile utilizzo di dialoghi intelligenti e talvolta suggestivi. Sono presenti anche delle scelte morali in alcuni punti della trama, ma in realtà si tratta quasi sempre di decisoni “obbligate”: alcuni di questi bivi ci costringeranno a scegliere il male minore tra due alternative, entrambe spiacevoli. In alcuni casi la scelta sbagliata porta addirittura alla morte, altre volte non ci sono ripercussioni se non nell'animo del giocatore stesso (e nella lista trofei). Questo potrebbe apparire come una presa in giro, perché in effetti sono falsi bivi, ma in un contesto narrativo che va in una precisa direzione, dove nessuno é davvero innocente e dove la redenzione é impossibile, questa scelta non solo é giustificabile ma é persino vincente. Uno degli scopi del gioco é far sentire in colpa il giocatore, e talvolta ci riesce benissimo tanto da fargli spezzare l'empatia con i personaggi. E forse potrebbe persino spingere alcuni a ripudiare il gioco stesso.
La campagna dura circa sette ore, più o meno in linea con la concorrenza quindi; fortunatamente abbiamo un multiplayer con mappe ben studiate, un buon sistema di classi e diverse modalità interessanti. Tuttavia i controlli rigidi a cui abbiamo accennato pesano molto di più online che nella campagna, e non tutti saranno disposti a sopportare questi difetti per cimentarsi nello sbloccare le varie armi, perks ed equipaggiamenti. Otto giocatori online sembrano una quantità soddisfacente, ma se li paragoniamo ai 32 ottimamente gestiti da StarHawk, quello offerto dal titolo 2K é un numero decisamente modesto. Aggiungiamo inoltre che durante una delle nostre prove, in cui tra l'altro stavamo stravincendo contro un team di noob che litigava coi controlli, il gioco ci ha piantato in asso facendo freezare la console.
Tecnicamente parlando, The Line offre una cosmesi inizialmente piacevole: una volta tanto vediamo l'Unreal Engine utilizzato per dar vita ad una Dubai dai colori vividi, dalle architetture splendidamente devastate e decadenti, tanto affascinanti quanto spettacolari. Per una volta l'arte trova posto in un gioco a sfondo militare. Anche le texture sono discretamente definite, ed il tipico effetto “spixellato” durante lo streaming delle stesse é molto veloce rispetto a quello a cui siamo abituati. Il problema della grafica però é che tantissimi altri particolari sono poco curati: dalle animazioni fino ad aspetti macroscopici come fumo ed esplosioni (davvero ridicole, s'é visto di meglio su Ps2) o la gestione della sabbia dinamica (o meglio scriptata) che definire primitiva é un complimento. Manco a dirlo, i set-pieces dei vari Modern Warfare latitano, e quando c'é qualche scena “ultradinamica” in genere é realizzata con una certa carenza di mezzi (basti pensare all'inseguimento in elicottero della fase introduttiva). Il sonoro ci offre ottime musiche (alcune in pieno stile Apocalypse Now), effetti solo discreti ed un buon doppiaggio in italiano, ben tradotto e ben recitato.
NOTA: La differenza di valutazione tra le due versioni non rispecchia una discrepanza nella qualità effettiva del gioco (che é praticamente identico su entrambe le piattaforme), bensì é frutto di due approcci e due opinioni molto differenti da parte dei redattori che se ne sono occupati.
Spec Ops: The Line
7
Voto
Redazione
Spec Ops: The Line
Visto come un normale sparatutto bellico in un panorama sovraffolato da questo genere, Spec Ops The Line sarebbe presto falcidiato dalle linee nemiche dei vari CoD e Battlefield. Tecnicamente non eclatante (in particolare le esplosioni e la resa della sabbia gridano vendetta), ricco di sbavature, dotato di IA a tratti imbarazzante, coperture ostiche ed un gunplay lontano dall'essere soddisfacente (o anche “solo” realistico), The Line si qualificherebbe immediatamente come gioco “tutto fumo e niente arrosto”. Ma il valore nascosto del titolo 2K sta altrove: l'atmosfera generata da una Dubai distrutta e sferzata da tempeste di sabbia é assolutamente unica se paragonata all'iperrealismo della concorrenza. Rispecchia in pieno la decadenza morale che il gioco rappresenta: la trama ed i dialoghi davvero eccellenti ci prendono per mano e ci trascinano in un abisso che distrugge totalmente il significato dei vari Modern Warfare, con il loro stucchevole patriottismo filo-propagandistico; siamo davanti ad una rilettura postmoderna di Cuore di Tenebra con espliciti riferimenti alla politica estera degli Stati Uniti d'America. Se siete fan degli sparatutto bellici NON comprate The Line, perché non vi soddisferà ludicamente e metterà seriamente in dubbio quello in cui credete. Siamo davanti all'anti-Call of Duty, ma nel senso più distruttivo del termine. Un gioco che prende a schiaffi il giocatore stesso, gli sputa in faccia e lo costringe a specchiarsi per guardare negli occhi il suo lato peggiore.