SplatterHouse

di Tommaso Alisonno
Brutta giornata quella di Rick Taylor: il giovane avrebbe voluto solo accompagnare la fidanzata Jennifer presso la magione del suo professore, Henry West, per poi terminare la serata con lei al grande concerto dell'eclissi di sole. Come avrebbe mai potuto immaginare che il dottor West fosse uno scienziato pazzo che avrebbe rapito Jenny lasciando lui mortalmente ferito nell'androne della casa? A quel punto, accettare le parole sussurrate da una strana maschera d'osso, indossarla e tramutarsi grazie ad essa in una sorta di Juggernaught non ha costituito per Rick un grande trauma: l'unico pensiero é ora quello di salvare Jenny dalle grinfie di West.



Magari Rick avrebbe avuto idea di quello che gli sarebbe successo se a cavallo degli anni '80 e '90 avesse giocato l'originale SplatterHouse o i suoi due sequel, visto che questo titolo ne é a tutti gli effetti il remake in chiave moderna: quello che era all'epoca un picchiaduro a scorrimento bidimensionale diventa oggi un arcade strutturato su per giù secondo lo schema delle arene successive. Rick, accompagnato dal persistente commento della Maschera (un vero co-protagonista!), dovrà attraversare l'immensa West Mansion, prendendo talvolta dei portali per altri luoghi e altri tempi, massacrando lungo strada gl'informi servitori di West: solitamente sarà sufficiente abbattere tutti quelli presenti per superare una stanza, ma altre volte sarà necessario risolvere alcuni piccoli puzzle per andare avanti.

Il sistema di controllo segue dei canoni piuttosto classici: attacco veloce, attacco potente, salto, presa, scatto, parata/schivata costituiscono lo scheletro delle schermaglie; particolarmente interessante il tasto della presa, che servirà anche per lanciare i nemici verso spuntoni e trappole (risoluzione degli enigmi) e per attivare le finishing-blow (che sono poi dei QTE), necessarie tanto per uccidere nemici particolari quanto per accumulare più sangue del nomale. Il rubizzo fluido vitale é infatti la misura del potere della maschera: più Rick ne accumulerà, più mosse potrà sbloccare dall'apposito menù, oltre a riempire la barra dei poteri speciali - siano essi devastanti mosse una-tantum, una rigenerazione dei danni subiti o l'accesso ad una temporanea modalità Berserker.

Graficamente SplatterHouse é gradevole, ma poco di più: il modello del protagonista é ben realizzato, ma i mostri e gli ambienti sono abbastanza ordinari, anche se c'é un accenno di Cell-Shading molto particolare - in chiave fumetto splatter - che rende il risultato comunque gradevole. L'immensa quantità di sangue versato ad ogni pié sospinto é enfatizzata da ottimi effetti nella gestione degli schizzi, ed é interessante il fatto che i danni subiti si ripercuotano sul modello di Rick - sebbene solo l'amputazione del braccio porti a problemi in combattimento - ma andiamo poco oltre queste qualità. Il sistema é comunque efficiente e stabile.




Dal punto di vista del sonoro registriamo la presenza di un gran numero di brani Heavy Metal perfettamente in linea con la natura Splatter del titolo: Five Finger Death Punch, Lamb of God e molte altre band hanno prestato la loro opera a questa riesumazione di un classico di un ventennio fa. Unico difetto: talvolta nei brani si percepisce lo “stacco” alla fine del loop. Molto buoni anche tutti i doppiaggi, sebbene alla fine le voci “umane” presenti siano quelle di soli quattro personaggi: Rick, Jenny, West e la Maschera. Queste sono tutte in lingua Inglese, ma sono sempre disponibili i sottotitoli in Italiano, con una traduzione discreta. Nella norma gli effetti sonori.

Il sistema di controllo é piuttosto semplice, ma altrettanto non si può dire della difficoltà intrinseca del gioco: é consigliabile cimentarsi inizialmente al livello più basso tra i tre presenti (di cui il terzo disponibile solo dopo aver terminato il gioco almeno una volta), perché i danni inflitti dai mostri comuni sono rilevanti, e alcuni di questi (gli umanoidi artigliati azzurri) sono in grado di uccidere con appena tre-quattro colpi anche quando avrete portato la barra dell'energia al massimo. Soprattutto quello che sconcerta di Splatterhouse é l'estrema severità con cui viene punito l'errore nei QTE: alcuni mostri possono togliervi anche metà dell'energia se non reagite a dovere, e addirittura sbagliare la finishing-move contro un boss é punito col Game Over.

Normalmente un pizzico di difficoltà in più non guasta, soprattutto in un gioco che ha nel combattimento nudo e crudo il suo leit-motiv, ma SplatterHouse ha un difetto veramente snervante: ad ogni decesso, il gioco ricarica per svariati secondi, anche dopo aver dedicato 6 GB di spazio sul disco all'installazione. É frustrante, decisamente più del necessario, trovarsi al cospetto di sessioni di salto o incentrate comunque sui QTE, giocare per 10-20 secondi, sbagliare un comando, morire e attendere altri 40-50 secondi che il gioco ricarichi.

Fortunatamente SplatterHouse ha anche qualche piacevole sorpresa, come le quest aggiuntive relative alla ricerca dei pezzi delle foto di Jenny (alcune decisamente V.M.14) o ai diari del Dott. West, i piccoli puzzle che dovremo superare per andare avanti di tanto in tanto, nonché delle sessioni in cui l'inquadratura si fissa su un asse laterale e il gioco diventa, omaggio all'originale, un picchiaduro a scorrimento monodirezionale. I tre SpltterHouse originali sono inoltre presenti sottoforma di contenuti speciali da sbloccare e interamente giocabili dal menù principale, insieme alle arene di sopravvivenza.

Questi elementi, uniti alla difficoltà intrinseca (anche troppo frustrante per i motivi citati) e alla presenza di tre livelli di difficoltà rendono perlomeno l'esperienza di gioco soddisfacentemente lunga, nonostante per portarlo a termine dall'inizio alla fine servano si e no 6-7 ore. Probabilmente SplatterHouse é nato più con l'intento di portare nel panorama moderno la spensieratezza e il gore di un classico degli anni '80-'90, ed in questo ha sicuramente successo, ma per il resto é un gioco senza particolare profondità, più frustrante del necessario (e per i motivi sbagliati) e che forse avrebbe meritato uno studio più approfondito...