Splinter Cell: Chaos Theory
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Nessuna innovazione plateale, piuttosto una piccola evoluzione nella struttura di base. Così la spia americana si presenta al terzo appuntamento, agghindata a festa e vantante alcune features sfiziose. Ma l'abito non fa il monaco, sussurrano dalla regia. Se la caratterizzazione assunta nel mercato videoludico attuale dalla filosofia stealth è divisibile in due grandi tronconi, il primo è rappresentato dall'opera di Hideo Kojima, l'altro indubbiamente dal prodotto Ubisoft. Il copione è più o meno lo stesso: un numero non esageratamente alto di missioni a cui fa da collante una trama che vanta la calligrafia di Tom Clancy nell'esperienza in singolo, una modalità spie contro mercenari rivista e perfezionata nel gioco online, l'aggiunta della modalità cooperativa affrontabile con un compagno e, non da ultimo, un reparto grafico fuori parametro. Suona bene, ma c'è qualcosa che dietro a questa facciata di buone intenzioni degrada, come accennato nel commento, il livello qualitativo dell'avventura.
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Ubisoft Montreal si è adoprata nell'aggiunta di un nuovo visore (elettromagnetico), di un coltello potenzialmente utile (ma nella pratica insignificante se non in occasioni circoscritte), e nell'aggiunta di nuove modalità. Chapeau. Ha pure dato ascolto alle critiche riguardanti la troppa linearità nell'andamento delle missioni, sfornando livelli più articolati, meno filo-guidati e con ancora più varianti per il superamento dei vari passaggi. Ma se in sede di commento abbiamo affermato che Splinter Cell manca per la terza volta il bersaglio è perché ancora una volta, la struttura di base vien tradita dalla risibilità dei nemici. E' di importanza capitale capire perché l'IA deficitaria riesca a degradare il livello qualitativo dell'esperienza ludica. Sostanzialmente la sfida è data da due fattori, il primo ambientale, il secondo umano. Il primo è superabile tramite l'attento studio del level design, scegliendo tra le più varianti per superare ogni passaggio e scrutando le opportunità offerte dall'ambientazione; inutile negare come il secondo, dato da nemici mossi da routine d'intelligenza deficitaria, sia notevolmente basso. Questo caso esemplifica bene il limite del prodotto Ubisoft: con due sentinelle che dialogano a pochi passi, si può andare dietro alla prima, sparare la seconda dirimpetto senza che nessuno si accorga di nulla e prendere alle spalle quella prossima a noi. Anche la guardia che dopo averci visto ballarle la macarena davanti per poi dire "mi è parso di aver visto qualcuno", è un campione statistico rilevante, in un clima dove le incoerenze spuntano come funghi.
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Oltre all'IA deficitaria è mansione ardua rintracciare altri difetti o superficialità nel lavoro certosino svolto dai programmatori. Si potrebbe azzardare che gli obiettivi dinamici siano una scusante per aumentare la longevità degli stage, ma sarebbe inopportuno puntare il dito su una trovata grazie a cui di fatto vengono inserite ambientazioni ben maggiori e un andamento delle missioni meno filo-guidato. Chaos Theory è Splinter Cell all'ennesima potenza. I fan, e i detrattori, sono avvisati. L'approccio su come superare le missioni è ora a piena discrezione del giocatore, potenzialmente capace di portarle a termine adottando una filosofia stealth oppure svuotando caricatori su caricatori alla Rambo. Apprezzabile, in tal senso, il vaglio dell'armamentario, adattando la missione allo stile di gioco del fruitore. Il beneficio consiste nella possibilità di scelta, nella libertà offerta e in un copione non più stretto dalla regia, ma finalmente tenuto a due mani, di cui una del giocatore. Come da tradizione le missioni risultano variegate, con alcune location degne di reminiscenza quali una banca, un incursione a Hokkaido o una nave da cargo. Che poi, a voler ben vedere, la varietà delle stesse è oramai tradizione nella saga. L'importanza sta invece in quelle problematiche di linearità denunciate a cui i programmatori hanno prestato orecchio, a volte con soluzioni telefonate (camera pullulante di nemici e pertugio nel muro nella stanza adiacente), altre volte con discreti tocchi di classe su cui tacciamo per amor vostro.
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Continuando con le novità, indubbiamente la maggiore consta nella modalità cooperativa a due giocatori, sia tramite split screen, sia tramite gioco on-line. Ubisoft Montreal è riuscita nell'impresa di affiancare due campagne di pari valore nel pacchetto ludico (qualitativamente parlando). Questa si avvantaggia della collaborazione tra i due personaggi, ora per compiere una scalata verso altezze altrimenti inaccessibili, ora per tenere ferma una telecamera col jammer, ora invece per scagliare il compagno contro un nemico. Lodevole come queste differiscano da quelle inserite nella campagna in singolo, peccato che il loro numero complessivo sia solamente di quattro unità. Tecnicamente Chaos Theory è l'apogeo della saga, potendo contare su un impatto visivo devastante che si piazza ai primi posti nella softeca X-Box. Pur non contando una complessità poligonale maggiore rispetto a Pandora, il motore grafico abusa di Bump e Normal Mapping, garantendo texture sublimi a cui, come di consueto, si affiancano effetti di luce dinamici eccellenti. Alcune cadute di stile sono date dalle ormai note camminate su gradini o pavimenti accidentati, ma è roba che lasciamo volentieri ai pignoli. Anche il reparto sonoro risulta curatissimo: la voce di Sam è ancora una volta affidata a Luca Ward (che come doppiatore si dimostra ben più capace che come attore), i rumori ambientali, le altre voci digitalizzate e gli effetti sonori curatissimi. Ovviamente il tutto è completamente localizzato in lingua nostrana.
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Ubisoft Montreal si è adoprata nell'aggiunta di un nuovo visore (elettromagnetico), di un coltello potenzialmente utile (ma nella pratica insignificante se non in occasioni circoscritte), e nell'aggiunta di nuove modalità. Chapeau. Ha pure dato ascolto alle critiche riguardanti la troppa linearità nell'andamento delle missioni, sfornando livelli più articolati, meno filo-guidati e con ancora più varianti per il superamento dei vari passaggi. Ma se in sede di commento abbiamo affermato che Splinter Cell manca per la terza volta il bersaglio è perché ancora una volta, la struttura di base vien tradita dalla risibilità dei nemici. E' di importanza capitale capire perché l'IA deficitaria riesca a degradare il livello qualitativo dell'esperienza ludica. Sostanzialmente la sfida è data da due fattori, il primo ambientale, il secondo umano. Il primo è superabile tramite l'attento studio del level design, scegliendo tra le più varianti per superare ogni passaggio e scrutando le opportunità offerte dall'ambientazione; inutile negare come il secondo, dato da nemici mossi da routine d'intelligenza deficitaria, sia notevolmente basso. Questo caso esemplifica bene il limite del prodotto Ubisoft: con due sentinelle che dialogano a pochi passi, si può andare dietro alla prima, sparare la seconda dirimpetto senza che nessuno si accorga di nulla e prendere alle spalle quella prossima a noi. Anche la guardia che dopo averci visto ballarle la macarena davanti per poi dire "mi è parso di aver visto qualcuno", è un campione statistico rilevante, in un clima dove le incoerenze spuntano come funghi.
Oltre all'IA deficitaria è mansione ardua rintracciare altri difetti o superficialità nel lavoro certosino svolto dai programmatori. Si potrebbe azzardare che gli obiettivi dinamici siano una scusante per aumentare la longevità degli stage, ma sarebbe inopportuno puntare il dito su una trovata grazie a cui di fatto vengono inserite ambientazioni ben maggiori e un andamento delle missioni meno filo-guidato. Chaos Theory è Splinter Cell all'ennesima potenza. I fan, e i detrattori, sono avvisati. L'approccio su come superare le missioni è ora a piena discrezione del giocatore, potenzialmente capace di portarle a termine adottando una filosofia stealth oppure svuotando caricatori su caricatori alla Rambo. Apprezzabile, in tal senso, il vaglio dell'armamentario, adattando la missione allo stile di gioco del fruitore. Il beneficio consiste nella possibilità di scelta, nella libertà offerta e in un copione non più stretto dalla regia, ma finalmente tenuto a due mani, di cui una del giocatore. Come da tradizione le missioni risultano variegate, con alcune location degne di reminiscenza quali una banca, un incursione a Hokkaido o una nave da cargo. Che poi, a voler ben vedere, la varietà delle stesse è oramai tradizione nella saga. L'importanza sta invece in quelle problematiche di linearità denunciate a cui i programmatori hanno prestato orecchio, a volte con soluzioni telefonate (camera pullulante di nemici e pertugio nel muro nella stanza adiacente), altre volte con discreti tocchi di classe su cui tacciamo per amor vostro.
Continuando con le novità, indubbiamente la maggiore consta nella modalità cooperativa a due giocatori, sia tramite split screen, sia tramite gioco on-line. Ubisoft Montreal è riuscita nell'impresa di affiancare due campagne di pari valore nel pacchetto ludico (qualitativamente parlando). Questa si avvantaggia della collaborazione tra i due personaggi, ora per compiere una scalata verso altezze altrimenti inaccessibili, ora per tenere ferma una telecamera col jammer, ora invece per scagliare il compagno contro un nemico. Lodevole come queste differiscano da quelle inserite nella campagna in singolo, peccato che il loro numero complessivo sia solamente di quattro unità. Tecnicamente Chaos Theory è l'apogeo della saga, potendo contare su un impatto visivo devastante che si piazza ai primi posti nella softeca X-Box. Pur non contando una complessità poligonale maggiore rispetto a Pandora, il motore grafico abusa di Bump e Normal Mapping, garantendo texture sublimi a cui, come di consueto, si affiancano effetti di luce dinamici eccellenti. Alcune cadute di stile sono date dalle ormai note camminate su gradini o pavimenti accidentati, ma è roba che lasciamo volentieri ai pignoli. Anche il reparto sonoro risulta curatissimo: la voce di Sam è ancora una volta affidata a Luca Ward (che come doppiatore si dimostra ben più capace che come attore), i rumori ambientali, le altre voci digitalizzate e gli effetti sonori curatissimi. Ovviamente il tutto è completamente localizzato in lingua nostrana.