Splinter Cell Conviction

di Andrea Bruni
Una vita passata a nascondersi tra le ombre, e ora dolorose ombre dal passato da affrontare senza alcuna possibilità di tornare indietro, questo é il destino di Sam Fisher. Il veterano di tante "missioniimpossibili" é un uomo diverso, incupito, alle prese con rimpianti e rancori e ossessioni personali. Abbandonato il lavoro per cui ha sacrificato famiglia e amici, dimenticato troppo facilmente dal paese che ha eroicamente servito, Sam ha appeso al chiodo l'iconico visore triocchiuto con l'unico desiderio di sparire dalla circolazione, ma l'inaspettata chiamata da un vecchio contatto lo costringerà a tornare all'azione. Ma non é più come ai vecchi tempi, non c'é il mondo da salvare o un conflitto da sventare, o meglio, non é niente di ciò a muovere Sam Fisher, stavolta la sua é una guerra puramente personale, alla ricerca della verità sulla morte della figlia.



Fin dalle battute iniziali Conviction si preannuncia come lo Splinter Cell più oscuro e violento di sempre, e le premesse non vengono disattese. Piace, e pure molto la svolta narrativa con cui si presenta il sesto (quinto, se ci limitiamo a PC e console domestiche) capitolo del popolare spionistico "griffato" Tom Clancy, che ha abituato il proprio pubblico a plot di alto profilo e che nemmeno stavolta manca l'appuntamento; prima ancora della pur solidissima sinossi, a convincere é proprio il ruolo centrale del protagonista, gli eventi di Conviction si susseguono di pari passo con i tormenti di Fisher, tutto é filtrato attraverso la coscienza dell'inquieto, incattivito ex agente Third Echelon; si parte dai dettagli, che annoverano a volte vere e proprie finezze stilistiche (si vedano i flashback che in svariati momenti Sam si vedrà proiettare davanti agli occhi a mò di vecchia pellicola), per arrivare a un'atmosfera generale che non abbandona mai un'evidente patina di degrado.

Non c'é frangente del gioco che non tradisca il duro e minuzioso lavoro che il team canadese ha profuso nel versante artistico della propria creatura, e a ulteriore prova della bontà dell'operato deglisviluppatori, é bene sottolineare come questi accorgimenti risultino tutti perfettamente integrati all'interno delle meccaniche di gioco: un felice esempio viene dal nuovo sistema di occultamento; non appena si entra in una zona d'ombra, la visuale assume i toni di un elegantissimo bianco e nero (eccezion fatta per i nemici e le trappole ambientali sfruttabili), in cui non vi sarà difficile scorgere una certa valenza simbolica. Quest'ultimo Splinter Cell (che costituirebbe un'ideale conclusione per la serie, non fosse che Ubisoft ha già annunciato un nuovo capitolo all'orizzonte), in quanto a fascino si attesta insomma come un netto e brillante successo, oltre che una pesante garanzia di coinvolgimento da parte del giocatore. Un gran bel punto a favore, a maggior ragione considerando che, come avremo modo di analizzare, sul versante puramente ludico, non tutto risulta altrettanto brillante in questo action-stealth.




Partiamo innanzitutto da quest'ultima definizione, nient'affatto casuale e assolutamente da non prendere sottogamba; parafrasando la frase con cui si apre il gioco, "lo Splinter Cell che conoscete é morto", e non é un'esagerazione. La formula di gioco infatti ha subito un netto e probabilmente irreversibile restyling, rincorrendo -come Ubisoft aveva anticipato- la volontà di rendere il gameplay più immediato e accessibile. E a farne le spese é un versante stealth qui drasticamente ridimensionato e semplificato, a favore di un ampliamento del versante votato alla pura azione. Le novità introdotte vanno tutte in questa direzione: già il fatto di poter contare di munizioni infinite per la pistola primaria parla chiarissimo, e la presenza di armerie disseminate per i livelli, in cui potremo personalizzare e potenziare il nostro arsenale, suggerisce che mettere dito al grilletto sarà un'evenienza non più tanto rara, in effetti Sam mostra di non avere più molti scrupoli a servirsi (e abusare) della "quinta libertà"; preparatevi, insomma, ad ammonticchiare cadaveri come mai avete fatto in un qualunque Splinter Cell.

Una svolta quantomeno opinabile, a cui peraltro certe scelte di design non aiutano certo a mettere in buona luce: ad esempio, perché mettere a disposizione un armamentario così variegato quando le differenze tra un cannone e l'altro sono generalmente abbastanza risibili? E poi, abilitare i potenziamenti delle armi con punti guadagnati sbloccando i vari achievements non convince del tutto. D'accordo che dare una ragione pratica ai sempre più imperanti obiettivi può essere una buona idea, ma in quest'ambito suona più come una forzatura che altro. Altra novità di rilievo che non manca di lasciare qualche perplessità é l'introduzione del "marca e colpisci": neutralizzate un nemico via corpo a corpo e sarete premiati con un certo numero (a seconda dell'arma equipaggiata) di "uccisioni bonus", selezionate i malcapitati di turno e con la semplice pressione di un tasto, Fisher li farà secchi uno dopo l'altro con uno scenografico effetto "bullet time". Comodo é comodo, ma così si rischia di semplificare un pò troppo la vita in un titolo che dovrebbe essere basato su pazienza, pianificazione e ragionamento, piuttosto che sulla distruzione indiscriminata.