Split Fiction, la recensione del successore di It Takes Two

Abbiamo passato gli ultimi giorni in compagnia di Zoe e Mio e siamo pronti a dirvi la nostra su Split Fiction

di Domenico Colantuono

In un momento storico in cui l’industria dei videogiochi si trova sempre più divisa tra chi inneggia alle esperienze multiplayer online e chi, invece, glorifica i titoli tripla A, sembra che in tanti abbiano dimenticato quando tra la fine degli anni ‘90 e i primi del 2000 ci si ritrovava a casa con gli amici e si passavano ore intere a giocare tra un Crash Bash e un Obscure.

Tanti, ma non Hazelight Studio, che dopo averci donato, con It Takes Two, una delle migliori esperienze videoludiche degli ultimi anni, ritorna con Split Fiction e punta a scuotere l’industria del gaming a suon di divertimento ed emozioni.

Ho speso l’ultima settimana a giocare a Split Fiction con la mia compagna, la quale è già reduce da It takes Two, e dopo un buon quantitativo di risate, urla e aggressioni verbali, posso dirvi che Hazelight Studio non si è fatta schiacciare dal peso dell’eredità del GOTY 2021 ed è riuscita a creare un’esperienza in grado di sorpassare il suo illustre predecessore.

La trama di Split Fiction: due autori in cerca di una pubblicazione

Split Fiction ci butta nei panni di Mio e Zoe, due giovani scrittrici che cercano di sbarcare il lunario e che un giorno vengono invitate nella sede della casa editoriale Rader.
Giunte negli uffici di questa multinazionale dell’editoria, le due ragazze scoprono che insieme a loro vi sono altri scrittori e che tutti sono stati invitati per testare un macchinario che promette di riscrivere le regole della narrativa.

La Rader ha infatti creato un macchinario che permette di entrare fisicamente negli eventi narrati in un libro e viverli in prima persona e ha invitato degli scrittori a provare con mano questa rivoluzionaria invenzione.
Tuttavia, un momento prima di entrare nel macchinario, Mio decide di tirarsi indietro e ciò dà il via a una discussione con i membri della Rader, che tra una spinta e l’altra gettano Mio nella storia di Zoe.

Una volta incontrate, le due ragazze scoprono che le loro storie si sono mescolate e soprattutto che il vero obiettivo del macchinario è quello di estrapolare la creatività dei vari autori col fine di creare una serie di romanzi di successo.

Ciò spinge le due ragazze a cercare di uscire dal macchinario, dando il via a un viaggio che le porterà a rivivere le loro storie e fare i conti con le emozioni alla base di queste.

Split Fiction, delle tematiche più mature, o semplicemente diverse

La trama di Split Fiction è totalmente diversa da quella di It takes Two
La storia di May e Cody trattava una delle tematiche più narrate di sempre, l’amore, da un punto di vista forse mai esplorato nei videogiochi; ovvero come ricostruire un amore che sembra ormai sgretolatosi.

Split Fiction poggia invece le sue basi in una storia dal carico emotivo sicuramente meno potente rispetto a It Takes Two, ma che mette sul piatto una serie di tematiche molto più mature e forti: come quella della malattia, del senso di colpa o dell’attualissima presenza dell’intelligenza artificiale nella vita di tutti i giorni.

Ciò fa sì che la storia narrata in Split Fiction non risulti mai banale, anzi riesce a dare una buona profondità alle due protagoniste e funge da ottimo collante tra i mondi da queste creati.

Un Inno ai videogiochi

Pad alla mano Split Fiction mostra come Hazelight Studio sia riuscito a prendere tutto ciò che di buono It takes Two aveva da offrire e lo ha elevato all’ennesima potenza.

Il gioco alterna i due mondi creati da Mio e Zoe, uno in pieno stile sci-fi e l’altro in stile fantasy, creando un contrasto non solo visivo, ma anche nella quality of life del gioco. 
Il mondo sci-fi creato da Mio è adrenalina pura e butta i giocatori in sella a motociclette futuristiche o sparatorie nel bel mezzo di un cielo super trafficato, mentre la realtà creata da Zoe è molto più tranquilla e accompagna i giocatori ad attività totalmente diverse e più orientate al platforming.

Non di rado poi, Split Fiction decide di cambiare le regole del gioco proponendo sezioni di gameplay del tutto nuove. Succede così che terminato il puzzle di turno - che richiede sempre la cooperazione tra i due giocatori - il gioco cambi totalmente la visuale della telecamera per trasformarsi in uno sparatutto in 2D, oppure proponga momenti tipici degli MMORPG o ancora sezioni dove i due giocatori manovrano un vero e proprio flipper; il tutto in un vortice creativo fatto di altre decine di gameplay diversi che funziona tremendamente bene e non lascia nemmeno un attimo alla noia.


Se tutto ciò non bastasse, vi sono poi le tantissime storie secondarie di Mio e Zoe che propongono dei mondi di dimensioni minori ma totalmente differenti dai due “macromondi”, sia nel design che nel gameplay.
Si passa così da mondi dove bisogna evitare che un sole esploda a mondi magici, di palese rimando allo stile di Tim Burton, per passare a mondi creati in stop motion e inseguimenti degni di Nathan Drake.

E sì, la citazione a Burton e Uncharted è totalmente voluta, poiché durante le varie sessioni di gioco, ho più volte notato come Split Fiction strizzi l’occhio a tantissime opere della cultura pop; andando dai tre porcellini a Mission Impossible, passando per Harry Potter, Tron, Akira, Control, Assassin’s Creed e altro ancora.
E ciò che rende Split Ficiton grande è il fatto che nonostante tutto, il gioco non perda mai la sua identità.


Scordatevi It Takes Two

Come ho già scritto, Split Fiction rappresenta una grossa evoluzione rispetto a quanto visto in It Takes Two sul piano narrativo e del gameplay, ma le differenze attuate da Hazelight Studio non si fermano qua.

Split Fiction rappresenta anche la volontà della Software House di espandere il proprio pubblico e ciò è visibile in tre fattori:

  • La possibilità di giocare online con i propri amici, permettendo anche il cross-play tra PlayStation 5, Xbox Serie X/S e Windows, fa sì che il gioco vada oltre la platea delle coppie o genitori con figli;
  • La scelta di aggiungere continui cambi al gameplay rispecchia anche la volontà di porsi a una platea abituata al gaming e quindi capace di familiarizzare velocemente coi nuovi comandi;
  • Una curva della difficoltà decisamente più elevata rispetto a It Takes 2 che, nonostante non presenti sfide impossibili, può essere frustante per i giocatori alle prime armi (aka la mia ragazza)

Come si comporta tecnicamente Split Fiction?

Split Fiction è un capolavoro di game design capace di proporre ai giocatori mondi sempre diversi che tantissime volte si sovrappongono o sono contemporaneamente su schermo - influenzandosi l’un l’altro.
La scelta di utilizzare uno stile grafico che punti maggiormente al realismo ha permesso a Hazelight Studio di mostrare i muscoli dell’Unreal Engine, facendo girare tutto a 60 frame al secondo senza alcun problema, nemmeno nei momenti più movimentati.

Il tutto è poi accompagnato da un ottimo sound design, capace di differenziarsi anch’esso in base al mondo esplorato e in grado anche di produrre, armonicamente, i suoni di entrambi i mondi in contemporanea.

Nonostante il gioco si apra poi a una platea più ampia, Hazelight Studio non ha dimenticato i suoi fan più cari e ha messo a disposizione una serie di opzioni che permettono di rendere la vita dei vari giocatori più semplice; opzioni che possono anche essere impostate per un solo giocatore.

Tali opzioni permettono di ridurre il danno fatto dai nemici, fino a eliminare la possibilità di essere uccisi da questi, oppure rendere automatiche le sezioni in cui bisogna premere ripetutamente una serie di tasti.
E come non citare l’opzione che ha salvato la sanità mentale della mia ragazza, ovvero la possibilità di skippare la sezione di gioco che si sta provando per la 23esima volta (storia di vita reale).

Insomma, quasi come se fosse una presa di consapevolezza di aver alzato di troppo il livello di sfida del gioco.

Verso il GOTY 2025: Split Fiction

La domanda sorge spontanea: Può Split Fiction bissare il successo di It Takes Two e diventare il GOTY del 2025?

Nonostante, come ormai avete capito, abbia amato Split Fiction credo che la conquista del titolo di gioco dell’anno sia un’impresa assai complicata per il gioco di Hazelight Studio.
Diversamente dal suo predecessore, che ha vinto il GOTY in un anno in cui uno dei competitor più forti era Resident Evil Village, Split Fiction arriva sul mercato in un anno dove tra Ghost Of Yotei, Death Stranding 2, Fable e GTA VI, la concorrenza è decisamente spietata.

Ciò non nega che Split Fiction rappresenti una delle migliori esperienze videoludiche mai create e abbia dalla sua tutte le carte per prendersi il suo posto d’onore nell’olimpo dei videogiochi.