Starfox Assault

di Antonio Norfo
Dopo Star Wing e Lylat Wars (rispettivamente ospitati su Super Famicom e Nintendo 64), la saga astrale della casa di Kyoto sembra aver smarrito la luminosa via della sua genesi. Se il discusso "Adventures" apparso su Gamecube è risultato un titolo modesto o, volendo, discreto, il capitolo ora in analisi abbassa ulteriormente quella media qualitativa un tempo, e per i tempi, attestata su ottimi livelli. Il sopraccitato spin-off per la console 128 bit si distaccava dai capostipiti sia per genere sia per propositi e le sue problematiche risiedevano più sulle carenze a livello di battle system ed esplorazione che sulle pur mediocri sessioni a bordo di Arwing (messe a disposizione nel tentativo e di variegare lo spostamento da un pianeta all'altro e di citare i capitoli antecedenti).


Invero globalmente più che meritevole sotto il profilo prettamente audiovisivo (nonché risultante uno dei migliori lavori stilistici operati da Rare), l'action adventure in questione non seppe soddisfare la maggior parte degli affezionati della serie che a gran voce corsero nel reclamare un episodio che fosse fedele ai primi passi e volteggi mossi dai McCloud. La risposta a tale richiesta venne in men che non si dica materializzandosi in un nuovo progetto, curato questa volta da Namco, ed auspicante l'agognato ritorno alla natura originaria. Se da una parte il frequente cambio di nome (da Armada a Starfox 2, da Starfox 2 ad Assault) e l'altalenante qualità delle immagini rilasciate lungo tre anni di sviluppo lasciavano presupporre una progettazione non del tutto serena, dall'altra le speranze dopo i video del decimo E³ erano tutto fuorché fioche. Da quei fotogrammi si intravedeva difatti un'ispirata struttura aerea, pur rabbuiata dall'insicurezza mostrata nelle fasi terrestri. E mai come in questo caso le profezie si sono confermate veritiere, al pari di quel detto che vuole le cose ben svolte fatte da sé (alla prova dei fatti la cessione del brand a terzi, sebbene blasonati, non ha che nuociuto).

Il malcontento si presenterà nel constatare la semplicistica fattura delle missioni terrene, le quali si distinguono, ahinoi, per noia e lacunosa arguzia degli antagonisti (predisposti ad una rapida auto-generazione). Esse attingono peraltro dai principali difetti degli sparatutto: ripetitività delle missioni affrontate e, alla lunga, scarso intrattenimento dato dal blastare quanto si comporti ostilmente. Inoltre, ogni qual volta si ampli il proprio raggio d'azione dalla locomozione su binari a quella a trecentosessanta gradi, la maschera celante un insicuro level design crolla prontamente. Cosa abbia poi spinto gli sviluppatori, o chi per loro, a trascinare sul suolo la volpe bipede più celebre del mondo dei videogiochi non si sa, ciò di cui si è certi è, quantomeno, che lo spazio aperto e le missioni a bordo di velivoli preservano quella formula tipica degli esponenti a 16 e 64 bit. Ed è per questo che la delusione aumenta, perché ad un lato invero apprezzabile (per quanto poco propenso a trovate innovative se non il diversivo di Fox sopra l'ala d'un velivolo alleato) se ne affianca uno del tutto sconsolante.


Sui cieli si affronteranno sciami nemici ed utilizzeranno bombe, frenate e turbo; si trotterellerà per schivare lo schivabile (con L e con il looping ora scomodamente affidato allo C stick) e si sparerà tanto caricando quanto agendo sul medesimo tasto (A) con procedura da "tapping". Si prenderanno inoltre i bonus dispensati (vite, anelli energetici, potenziamenti di fuoco, riparazioni per le ali, bandierine ed altro) e si ascolteranno ed aiuteranno assiduamente i nostri compagni di squadra, sempre pronti a parlare ed a mettersi nei guai con voci forse meno piacevoli del previsto (per la cronaca: mentre Slippy Toad sfoggia la sua immutata indole e Falco Lombardi, dopo l'epilogo su Dinosaur Planet, risulta letteralmente insopportabile, Krystal sostituisce sul campo Peppy Hare, ormai anziano a delegato a compiti da stratega ed eroico consulente).

Non che muoversi via terra comporti poi una gamma comportamentale assai diversa (tanto in termine di movimenti quanto d'attacco basta applicare, aggiungere o detrarre sui mezzi alternativi ossia piedi e "landmaster"-, parte di quanto sopra descritto sul sistema di controllo e sue offerte). Il fatto rilevante, comunque, è che la differente cura generale con le quali sono state allestite le due parti del titolo comporti per una la noia, per l'altra, quella ovviamente eterea, un discreto intrattenimento (pur orba degli intriganti percorsi alternativi: vero fiore all'occhiello di Lylat Wars).
Singolare peraltro che i giudizi sulle due facce del gioco si riflettano parzialmente anche sulla loro resa estetica, con una globalmente ispirata e pregevole colonna sonora (non esente da epos), ma con una resa grafica gradevole e meticolosa solamente a metri e metri di distanza dal terreno. Infine, ad impreziosire quantitativamente l'esperienza si trovano tre tipologie di medaglia per tre rispettive difficoltà (bronzo, argento ed oro), con dei requisiti da soddisfare per ottenerle e, soprattutto, con dei premi che spaziano da stage e personaggi per il multiplayer (anch'esso perfettibile), ad un piccolo ricordo della storia Namco.