State of Decay
di
Massimiliano Pacchiano
La formula di State of Decay é indubbiamente accattivante e riuscita: stavolta abbiamo a che fare con un gioco decisamente più profondo del solito che ha l'ardire di volersi imporre come simulazione di sopravvivenza apocalittica. E' un piacere aggirarsi tra edifici, negozi o villette, esplorando e cercando risorse mentre gli zombie sono sempre in agguato; inoltre se troveremo un edificio di nostro gradimento potremo trasformarlo in un avamposto o in determinati casi, nel nostro nuovo campo base. In sostanza il titolo Undead Labs va ad unire la parte action/stealth di giochi come The Walking Dead Survival Instinct ad una profondità assimilabile ad esperimenti indie come The Organ Trail Director's Cut, se non maggiore. Il fattore narrativo non é invece altrettanto sviluppato, infatti altri giochi story-based come The Last of Us o TWD di Telltale sono magari più lineari da giocare ma anche molto più coinvolgenti e curati per quanto riguarda trama, atmosfera ed impatto emotivo.
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La maggior cura della concorrenza si trova anche nel fattore tecnico, infatti State of Decay
é un titolo piuttosto modesto da questo punto di vista. Sorvolando sulla fluidità non eccelsa, sul tearing e sui cali di frame-rate (che fortunatamente si verificano solo per alcuni attimi all'inizio di ogni sessione, o mentre il gioco va a “bufferizzare” l'area circostante), anche la qualità di modelli, texture ed animazioni non é assolutamente ai livelli degli ultimi titoli “tripla A”. Ma ciò che peggiora l'aspetto visivo é la gestione dell'illuminazione dinamica: a seconda dell'ora del giorno, la cosmesi passa da buona (alba, mattino) a inguardabile (pomeriggio, sera) con una palette davvero scandalosa che accosta invariabilmente il verde pallido della vegetazione all'arancione acceso di altri elementi. Di notte le cose migliorano solo grazie alla torcia attivabile, nella cui assenza l'illuminazione diventa assolutamente piatta. In linea di massima, per un terzo delle 24 ore “simulate” il gioco risulta impastato e bruttino da vedere.
Passiamo infine a dei piccoli difetti di gameplay che si sarebbero facilmente potuti evitare: lasciando da parte il combattimento melee e le meccaniche stealth non eccezionali, ma che possiamo definire sufficienti soprattutto in un contesto sandbox e multiplayer (a breve sarà supportato il gioco cooperativo per 4 partecipanti), avremo apprezzato una maggior cura in due elementi in particolare. Innanzitutto il passaggio di oggetti tra personaggi: soprattutto nelle fasi iniziali capiterà che vogliate passare degli oggetti al personaggio con lo zaino più sgombro, in modo da raccogliere dell'altro o organizzare meglio l'inventario. Ebbene questo é impossibile, l'unico modo per farlo é tornare al campo base (che può essere distante anche chilometri), posare l'oggetto nella dispensa e farlo raccogliere dall'altro personaggio. Immaginate una situazione del genere nella realtà, é una cosa totalmente ridicola. Ancor più risibile é il trovare uno zaino più grande e non poterlo indossare perché si ha l'inventario pieno: bisogna per forza raccoglierlo e metterlo nel proprio zaino (più piccolo) prima di poterlo equipaggiare. Un assurdo paradosso che fa impallidire persino il Tesseract di Sir Charles Howard Hinton.
Un altro buffo difetto di logica é legato alla ricerca degli oggetti. Nelle varie case ed accampamenti troveremo contenitori ed armadi da esaminare in stile “Impossible Mission” tenendo premuto un tasto per un (lungo) periodo di tempo. Possiamo accelerare questo processo tenendo premuto il tasto di corsa/fatality LB, ma così facendo rischieremo di fare un rumore assurdamente esagerato che si potrà presentare casualmente e che attirerà una grossa orda di zombie verso la nostra posizione. La cosa assurda non é tanto che rovistare in un cassetto produca un botto da 12 kilotoni che riesce a svegliare pure i morti (letteralmente) ma il fatto che quando spareremo con un qualsiasi fucile o pistola il boato prodotto dal gioco molto più forte ed assordante, eppure gli zombie in questo caso lo ignorano quasi totalmente. Misteri del game design. Ad ogni modo questi difettucci, così come i piccoli bug grafici presenti, non intaccano più di tanto la struttura ludica e l'esperienza di gioco, che potremo definire tanto appassionante quanto complessa.
Per il resto, il sonoro ci offre effetti discreti e dialoghi ben recitati in inglese, con competenti sottotitoli in italiano. Le musiche sono decisamente buone ma purtroppo si sentono molto di rado all'interno del gioco, ed a volume basso (che fortunatamente é possibile alterare). Riguardo la lunghezza, il flusso di gioco é pensato per durare una ventina di ore, ma la durata può aumentare a seconda del tipo di fruizione ed é possible rigiocare il tutto agendo in maniera diversa. Il multiplayer in arrivo promette molto bene in questo senso.
Un'ultima parola per il prezzo del gioco, che é disponibile solo su Live Arcade e costa la bellezza di 1600 MP. Tra poco anche i morti inizieranno a lamentarsi del costo della vita.
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La maggior cura della concorrenza si trova anche nel fattore tecnico, infatti State of Decay
é un titolo piuttosto modesto da questo punto di vista. Sorvolando sulla fluidità non eccelsa, sul tearing e sui cali di frame-rate (che fortunatamente si verificano solo per alcuni attimi all'inizio di ogni sessione, o mentre il gioco va a “bufferizzare” l'area circostante), anche la qualità di modelli, texture ed animazioni non é assolutamente ai livelli degli ultimi titoli “tripla A”. Ma ciò che peggiora l'aspetto visivo é la gestione dell'illuminazione dinamica: a seconda dell'ora del giorno, la cosmesi passa da buona (alba, mattino) a inguardabile (pomeriggio, sera) con una palette davvero scandalosa che accosta invariabilmente il verde pallido della vegetazione all'arancione acceso di altri elementi. Di notte le cose migliorano solo grazie alla torcia attivabile, nella cui assenza l'illuminazione diventa assolutamente piatta. In linea di massima, per un terzo delle 24 ore “simulate” il gioco risulta impastato e bruttino da vedere.
Passiamo infine a dei piccoli difetti di gameplay che si sarebbero facilmente potuti evitare: lasciando da parte il combattimento melee e le meccaniche stealth non eccezionali, ma che possiamo definire sufficienti soprattutto in un contesto sandbox e multiplayer (a breve sarà supportato il gioco cooperativo per 4 partecipanti), avremo apprezzato una maggior cura in due elementi in particolare. Innanzitutto il passaggio di oggetti tra personaggi: soprattutto nelle fasi iniziali capiterà che vogliate passare degli oggetti al personaggio con lo zaino più sgombro, in modo da raccogliere dell'altro o organizzare meglio l'inventario. Ebbene questo é impossibile, l'unico modo per farlo é tornare al campo base (che può essere distante anche chilometri), posare l'oggetto nella dispensa e farlo raccogliere dall'altro personaggio. Immaginate una situazione del genere nella realtà, é una cosa totalmente ridicola. Ancor più risibile é il trovare uno zaino più grande e non poterlo indossare perché si ha l'inventario pieno: bisogna per forza raccoglierlo e metterlo nel proprio zaino (più piccolo) prima di poterlo equipaggiare. Un assurdo paradosso che fa impallidire persino il Tesseract di Sir Charles Howard Hinton.
Un altro buffo difetto di logica é legato alla ricerca degli oggetti. Nelle varie case ed accampamenti troveremo contenitori ed armadi da esaminare in stile “Impossible Mission” tenendo premuto un tasto per un (lungo) periodo di tempo. Possiamo accelerare questo processo tenendo premuto il tasto di corsa/fatality LB, ma così facendo rischieremo di fare un rumore assurdamente esagerato che si potrà presentare casualmente e che attirerà una grossa orda di zombie verso la nostra posizione. La cosa assurda non é tanto che rovistare in un cassetto produca un botto da 12 kilotoni che riesce a svegliare pure i morti (letteralmente) ma il fatto che quando spareremo con un qualsiasi fucile o pistola il boato prodotto dal gioco molto più forte ed assordante, eppure gli zombie in questo caso lo ignorano quasi totalmente. Misteri del game design. Ad ogni modo questi difettucci, così come i piccoli bug grafici presenti, non intaccano più di tanto la struttura ludica e l'esperienza di gioco, che potremo definire tanto appassionante quanto complessa.
Per il resto, il sonoro ci offre effetti discreti e dialoghi ben recitati in inglese, con competenti sottotitoli in italiano. Le musiche sono decisamente buone ma purtroppo si sentono molto di rado all'interno del gioco, ed a volume basso (che fortunatamente é possibile alterare). Riguardo la lunghezza, il flusso di gioco é pensato per durare una ventina di ore, ma la durata può aumentare a seconda del tipo di fruizione ed é possible rigiocare il tutto agendo in maniera diversa. Il multiplayer in arrivo promette molto bene in questo senso.
Un'ultima parola per il prezzo del gioco, che é disponibile solo su Live Arcade e costa la bellezza di 1600 MP. Tra poco anche i morti inizieranno a lamentarsi del costo della vita.
State of Decay
8
Voto
Redazione
State of Decay
Il primo impatto conState of Decay può essere decisamente fuorviante, a causa di una realizzazione tecnica non all'altezza delle ambizioni e della grandezza di un simile progetto. Ma guardando oltre la grafica non eccezionale troviamo un gioco incredibilmente immersivo e profondo, forse uno dei “simulatori di apocalisse zombesca” più riusciti e completi mai realizzati. Ambizioso ed accattivante, State of Decay rappresenta il connubio tra l'immediatezza di uno stealth/action zombesco e la profondità di un gestionale/rpg, il tutto in salsa sandbox: insomma una sorta di GTA Mortacci Edition. Il problema con questo genere di giochi ultracomplessi però é sempre il medesimo: nessuno dei tanti elementi di gioco é realizzato con abbastanza cura da potersi reggere da solo. Su tutto, una realizzazione tecnica altalenante, che soffre molto del budget limitato e dell'illuminazione dinamica non sempre efficace. Tuttavia nonostante alcuni difettucci, State of Decay é effettivamente uno degli zombie-game più completi ed efficaci sulla piazza. I fan del genere non dovrebbero lasciarselo scappare.