Steel Battalion Heavy Armor
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I meno giovani di voi ed in particolare i possessori della vecchia Xbox ricorderanno sicuramente Steel Battalion, titolo conosciuto non tanto per il livello di difficoltà a dir poco improbo, quanto piuttosto per la sua ingombrantissima periferica di controllo, capace di replicare in tutto e per tutto la console di comando di un “vero” mech da battaglia. A dieci anni di distanza, Capcom ha ben veduto di riesumare ed aggiornare questo particolare prodotto, rinunciando ad una delle periferiche più originali della storia dei videogames in favore di un ben più pratico Kinect. Il risultato prende il nome di Steel Battalion: Heavy Armor, il nuovo titolo della casa di Resident Evil nato col preciso scopo di diventare il primo hardcore game Kinect oriented.
Ritorno al passato
Anno 2082: l'intero mondo é sconvolto da un particolare biovirus informatico creato da una nuova fazione orientale capeggiata dalla Cina, in grado di divorare il silicio contenuto in qualsiasi circuito elettronico e distruggere così gran parte dei sistemi di difesa e comunicazione dei paesi più industrializzati del globo. L'intento é, ovviamente, quello di stabilire una nuova gerarchia di potere sfruttando il debito tecnologico appena creatosi, per un'invasione totale che porterà ad un unico vincitore: la Cina.
Non tutto, però, é ancora perduto. Nonostante l'evidente disparità di forze, gli Stati Uniti stanno organizzando un'ultima disperata controffensiva basata sull'uso dei Vertical Tank, vecchissimi bipedi corazzati da battaglia, immuni per ovvi motivi al virus appena creato. Nei panni del “veterano” tenente Powers, non vi resterà dunque che riprendere il controllo dell'ultimo VT rimasto e dimostrare così che i veri eroi sanno essere più forti anche dello stesso destino a cui l'intera umanità pare ormai condannata.
Quello che sembra essere il classico incipit attorno al quale sviluppare la classica modalità storia, in Steel Battalion: Heavy Armor rappresenta di fatto la vera essenza del gioco. La totale assenza di strumentazioni avanzate impone, infatti, al giocatore di cimentarsi con un sistema di gioco dal gusto decisamente “romantico”, in cui la componente manuale rappresenta il maggiore punto di forza. Nonostante la necessità di affidarsi al classico PAD sia per la gestione delle inquadrature che per gli spostamenti e l'uso delle armi, tutte le restanti azioni a bordo del VT richiedono, infatti, l'uso attivo e continuativo del proprio corpo, opportunamente scansionato da un Kinect che, in questo caso specifico, non svolgerà più il solo ruolo di periferica accessoria.
Tralasciando le rarissime situazioni a terra, che hanno per lo più il compito di semplice collante fra una missione e l'altra, gran parte dell'azione di gioco si svolge ovviamente all'interno del cockpit dell'unità di combattimento, decisamente angusto ma pur sempre capace di ospitare ben tre co-piloti e soprattutto una quantità smisurata di servomeccanismi che andranno ovviamente gestiti tramite l'interazione con il Kinect, attraverso un sistema ad “ancoraggio” in grado di rilevare la prossimità delle vostre braccia virtuali sugli oggetti situati all'interno dell'area di gioco.
Tramite la classica visuale frontale ed il movimento di un solo braccio, é in sostanza possibile attivare la velocità turbo agendo sulla leva posta sulla sinistra, avviare il sistema di ventilazione forzata per la rimozione del fumo in eccesso (cosa che capiterà sovente sia utilizzando armi di grosso calibro che subendo i colpi nemici), abilitare il periscopio, intervenire sulla scelta delle munizioni (anticarro o anti-fanteria) e perfino attivare il sistema di autodistruzione del VT.
Attraverso un movimento di tipo orizzontale verso i lati dello schermo, é invece possibile sia interagire direttamente con i co-piloti che farne le veci (caricamento munizioni arma principale - caricamento munizioni arma secondaria) in caso di una prematura dipartita nel corso della battaglia, mentre tramite l'uso combinato di entrambe le braccia, si avrà modo di abilitare la visuale esterna del tank e soprattutto il sistema di controllo a “gesture”, che consentirà azioni più complesse quali il lancio delle granate (rotazione di un braccio), l'uso del binocolo (posizionamento di un braccio sulla propria testa) della mitragliatrice (posizionamento di entrambe le braccia in avanti) ed in senso più generale tutte quelle azioni che non richiederanno l'interazione con un oggetto posizionato sullo schermo.
Quando teoria e pratica non coincidono
Se dal punto di vista prettamente teorico la scelta di affidarsi alle doti “sensoriali” del Kinect appare senz'ombra di dubbio apprezzabile, all'atto pratico cimentarsi con Steel Battalion: Heavy Armor significa, purtroppo, interfacciarsi con un sistema di controllo decisamente ostico, impreciso e poco adatto a supportare nel migliore dei modi un titolo nato per soddisfare il pubblico hardcore.
La principale nota dolente del gioco Capcom é, infatti, da ricercare nell'incapacità da parte del sistema di “interpretare” in maniera accettabile i movimenti del giocatore, con il conseguente risultato di veder eseguiti comandi che poco o nulla hanno a che fare con l'evoluzione stessa dell'azione di gioco.
Innanzitutto, la presenza di un notevole numero di servomeccanismi ha l'effetto di ridurre enormemente la distanza fra un punto di ancoraggio e l'altro, fatto questo che specie con i televisori con diagonale non troppo ampia ha come sgradevole risultato quello di vedere eseguito un comando per un altro. Un tentativo di attivare l'aria forzata può pertanto tradursi nell'attivazione del comando di autodistruzione del Vertical Tank, mentre un semplice spasmo del braccio durante l'uso del PAD potrebbe trasformarsi nella chiusura dell'otturatore o peggio ancora nell'attivazione del comando di switch dell'armamento, con tutti i problemi del caso.
Secondariamente, l'imprecisione del sistema di rilevamento dei movimenti da parte del Kinect riesce, invece, nell'intento di scoraggiare anche il giocatore più assiduo, visto che fra mancati saluti ai compagni (che vi odieranno per questo, sappiatelo), rotazioni involontarie delle telecamere, erronee attivazioni della strumentazione di bordo, esecuzione dei comandi a dir poco tardivi e continue ricalibrazioni da parte del Kinect alla prima parvenza di oggetto in movimento fuori contesto, la possibilità di ripetere più e più volte la medesima situazione di gioco per problemi indipendenti dalla propria volontà rappresenterà più una regola che non una sporadica eccezione.
Come se non bastasse, l'orientamento hardcore voluto dal team di sviluppo ha, infine, come effetto quello di fiaccare definitivamente le residue velleità del videgiocatore, visto che fra missioni ad obbiettivo multiplo ed incursioni degne del migliore team d'elite difficilmente saranno ammessi continui errori o troppe esitazioni.
Dal punto di vista tecnico Steel Battalion: Heavy Armor mostra più ombre che luci. Sebbene sotto il profilo visivo il titolo Capcom risulti indubbiamente gradevole e piuttosto credibile, l'eccessiva ripetitività di alcuni scenari e la piattezza creativa dimostrata sia sul fronte del Mech design che su quello concernente le truppe vere e proprie non permettono al titolo di casa Capcom di emergere dalla moltitudine di titoli a tema presenti nel mercato, difetto peraltro riscontrabile anche sul fronte sonoro, con dialoghi decisamente sottotono e scelte musicali quanto meno discutibili. Come anticipato, la vera nota dolente di Steel Battalion: Heavy Armor resta tuttavia il sistema di controllo, francamente troppo distante da un livello che possa definirsi accettabile per un gioco che mira a distinguersi dalla moltitudine di “giochi mordi e fuggi” only Kinect.
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Ritorno al passato
Anno 2082: l'intero mondo é sconvolto da un particolare biovirus informatico creato da una nuova fazione orientale capeggiata dalla Cina, in grado di divorare il silicio contenuto in qualsiasi circuito elettronico e distruggere così gran parte dei sistemi di difesa e comunicazione dei paesi più industrializzati del globo. L'intento é, ovviamente, quello di stabilire una nuova gerarchia di potere sfruttando il debito tecnologico appena creatosi, per un'invasione totale che porterà ad un unico vincitore: la Cina.
Non tutto, però, é ancora perduto. Nonostante l'evidente disparità di forze, gli Stati Uniti stanno organizzando un'ultima disperata controffensiva basata sull'uso dei Vertical Tank, vecchissimi bipedi corazzati da battaglia, immuni per ovvi motivi al virus appena creato. Nei panni del “veterano” tenente Powers, non vi resterà dunque che riprendere il controllo dell'ultimo VT rimasto e dimostrare così che i veri eroi sanno essere più forti anche dello stesso destino a cui l'intera umanità pare ormai condannata.
Quello che sembra essere il classico incipit attorno al quale sviluppare la classica modalità storia, in Steel Battalion: Heavy Armor rappresenta di fatto la vera essenza del gioco. La totale assenza di strumentazioni avanzate impone, infatti, al giocatore di cimentarsi con un sistema di gioco dal gusto decisamente “romantico”, in cui la componente manuale rappresenta il maggiore punto di forza. Nonostante la necessità di affidarsi al classico PAD sia per la gestione delle inquadrature che per gli spostamenti e l'uso delle armi, tutte le restanti azioni a bordo del VT richiedono, infatti, l'uso attivo e continuativo del proprio corpo, opportunamente scansionato da un Kinect che, in questo caso specifico, non svolgerà più il solo ruolo di periferica accessoria.
Tralasciando le rarissime situazioni a terra, che hanno per lo più il compito di semplice collante fra una missione e l'altra, gran parte dell'azione di gioco si svolge ovviamente all'interno del cockpit dell'unità di combattimento, decisamente angusto ma pur sempre capace di ospitare ben tre co-piloti e soprattutto una quantità smisurata di servomeccanismi che andranno ovviamente gestiti tramite l'interazione con il Kinect, attraverso un sistema ad “ancoraggio” in grado di rilevare la prossimità delle vostre braccia virtuali sugli oggetti situati all'interno dell'area di gioco.
Tramite la classica visuale frontale ed il movimento di un solo braccio, é in sostanza possibile attivare la velocità turbo agendo sulla leva posta sulla sinistra, avviare il sistema di ventilazione forzata per la rimozione del fumo in eccesso (cosa che capiterà sovente sia utilizzando armi di grosso calibro che subendo i colpi nemici), abilitare il periscopio, intervenire sulla scelta delle munizioni (anticarro o anti-fanteria) e perfino attivare il sistema di autodistruzione del VT.
Attraverso un movimento di tipo orizzontale verso i lati dello schermo, é invece possibile sia interagire direttamente con i co-piloti che farne le veci (caricamento munizioni arma principale - caricamento munizioni arma secondaria) in caso di una prematura dipartita nel corso della battaglia, mentre tramite l'uso combinato di entrambe le braccia, si avrà modo di abilitare la visuale esterna del tank e soprattutto il sistema di controllo a “gesture”, che consentirà azioni più complesse quali il lancio delle granate (rotazione di un braccio), l'uso del binocolo (posizionamento di un braccio sulla propria testa) della mitragliatrice (posizionamento di entrambe le braccia in avanti) ed in senso più generale tutte quelle azioni che non richiederanno l'interazione con un oggetto posizionato sullo schermo.
Quando teoria e pratica non coincidono
Se dal punto di vista prettamente teorico la scelta di affidarsi alle doti “sensoriali” del Kinect appare senz'ombra di dubbio apprezzabile, all'atto pratico cimentarsi con Steel Battalion: Heavy Armor significa, purtroppo, interfacciarsi con un sistema di controllo decisamente ostico, impreciso e poco adatto a supportare nel migliore dei modi un titolo nato per soddisfare il pubblico hardcore.
La principale nota dolente del gioco Capcom é, infatti, da ricercare nell'incapacità da parte del sistema di “interpretare” in maniera accettabile i movimenti del giocatore, con il conseguente risultato di veder eseguiti comandi che poco o nulla hanno a che fare con l'evoluzione stessa dell'azione di gioco.
Innanzitutto, la presenza di un notevole numero di servomeccanismi ha l'effetto di ridurre enormemente la distanza fra un punto di ancoraggio e l'altro, fatto questo che specie con i televisori con diagonale non troppo ampia ha come sgradevole risultato quello di vedere eseguito un comando per un altro. Un tentativo di attivare l'aria forzata può pertanto tradursi nell'attivazione del comando di autodistruzione del Vertical Tank, mentre un semplice spasmo del braccio durante l'uso del PAD potrebbe trasformarsi nella chiusura dell'otturatore o peggio ancora nell'attivazione del comando di switch dell'armamento, con tutti i problemi del caso.
Secondariamente, l'imprecisione del sistema di rilevamento dei movimenti da parte del Kinect riesce, invece, nell'intento di scoraggiare anche il giocatore più assiduo, visto che fra mancati saluti ai compagni (che vi odieranno per questo, sappiatelo), rotazioni involontarie delle telecamere, erronee attivazioni della strumentazione di bordo, esecuzione dei comandi a dir poco tardivi e continue ricalibrazioni da parte del Kinect alla prima parvenza di oggetto in movimento fuori contesto, la possibilità di ripetere più e più volte la medesima situazione di gioco per problemi indipendenti dalla propria volontà rappresenterà più una regola che non una sporadica eccezione.
Come se non bastasse, l'orientamento hardcore voluto dal team di sviluppo ha, infine, come effetto quello di fiaccare definitivamente le residue velleità del videgiocatore, visto che fra missioni ad obbiettivo multiplo ed incursioni degne del migliore team d'elite difficilmente saranno ammessi continui errori o troppe esitazioni.
Dal punto di vista tecnico Steel Battalion: Heavy Armor mostra più ombre che luci. Sebbene sotto il profilo visivo il titolo Capcom risulti indubbiamente gradevole e piuttosto credibile, l'eccessiva ripetitività di alcuni scenari e la piattezza creativa dimostrata sia sul fronte del Mech design che su quello concernente le truppe vere e proprie non permettono al titolo di casa Capcom di emergere dalla moltitudine di titoli a tema presenti nel mercato, difetto peraltro riscontrabile anche sul fronte sonoro, con dialoghi decisamente sottotono e scelte musicali quanto meno discutibili. Come anticipato, la vera nota dolente di Steel Battalion: Heavy Armor resta tuttavia il sistema di controllo, francamente troppo distante da un livello che possa definirsi accettabile per un gioco che mira a distinguersi dalla moltitudine di “giochi mordi e fuggi” only Kinect.