Still Wakes the Deep – L’Orrore che Viene dal Profondo – Recensione Xbox Series X

The Chinese Room tenta il colpaccio, ma non tutte le ciambelle escono con il buco.

di Simone Rampazzi

Paura. Un’emozione potente, capace di arrivare fin nel profondo di ognuno di noi, eppure quando ci fermiamo a pensare ad essa, non sempre risulta tanto facile da definire. È un'esperienza universale, ma unica per ciascuno di noi. Alcuni temono l'oscurità, altri ancora l'ignoto, altri hanno semplicemente paura e basta. Perciò quale potrebbe essere il metodo più efficace per sfruttarla in un videogioco?

Ci sono moltissimi giochi che potremmo citare per farvi degli esempi pratici: le nostre paure possono essere modellate a seconda dell’esperienza ricercata dallo sviluppatore di turno. Personalmente la mia prima esperienza horror è stata Silent Hill, con la sua dimensione d’incubo che contorceva la realtà (vi ricordate la cutscene con Lisa Garland o i bambini che piangevano nei bagni della scuola?).


Con il tempo le cose sono cambiate. Forse ci si abitua o, più semplicemente, si guarda all’interno di certi meccanismi così tante volte che alla fine risulta difficile provare il vero orrore, complice sicuramente una buona fetta di esperienze, cinematografiche e non, che pensano soltanto a sfruttare un “jump scare” di troppo.

Qualcosa è riemerso con il primo Outlast, e ancora oggi mi domando cosa abbia spinto Miles Upshur a entrare in quell’ospedale psichiatrico di notte e senza permesso, ma il motivo è probabilmente la risultante tra un cambio di gameplay, con il passaggio ai walking simulator, e la continua sensazione di essere braccati da qualcosa.

Still Wakes the Deep parte in realtà come una semplice gita in campagna, e il bello è che tutto si trasforma lentamente, lasciandoci intendere che il passare dei minuti è solo la prefazione di qualcosa di terribile, in questo caso nascosto nelle profondità d’acciaio della piattaforma petrolifera Beira D.

Still Wakes the Deep – Mi è Sembrato di Vedere Qualcosa

Come anticipato nel nostro prologo, Still Wakes the Deep parte a nostro avviso nel migliore dei modi: il nostro alter ego si chiama Cameron McLeary, ed è un elettricista che viene mandato a lavorare su una piattaforma petrolifera a largo della Scozia.

Cosa può esserci di più semplice e naturale? Apparentemente nulla, tanto che nella prima ventina di minuti di gioco, l’esperienza può essere riassunta come il classico colloquio conoscitivo, in cui faremo la conoscenza degli altri tecnici che popolano la struttura. Un incidente però coinvolge il nostro avatar, e al suo risveglio qualcosa appare cambiato, seppur non in modo evidente.

The Chinese Room, gli sviluppatori alle spalle del progetto, nonché autori di Amnesia, Everybody’s Gone to the Rapture o Dear Esther, centellinano ogni informazione fino ad arrivare al clou della questione, mostrandoci come le trivelle della piattaforma abbiano malauguratamente risvegliato un male capace di corromperne il midollo.

Still Wakes the Deep è un  Walking Simulator, e quindi!?

Alcuni horror sfruttano ancora la terza persona, mostrandoci una tipologia di gameplay se vogliamo più articolata (anche a seconda della gestione della telecamera). Altri invece continuano a sfruttare abilmente la prima persona, creando per l’occasione uno spettacolo immersivo dove il giocatore diventa protagonista, calandosi completamente nella parte dell’avatar digitale all’interno dello schermo.

Still Wakes the Deep sfrutta tutti gli elementi del walking simulator, proponendoci nella formula il classico moveset esplorativo, magari enfatizzato da alcune situazioni un po’ al cardiopalma, come l’esplorazione della stazione che non si riduce alla sola “camminata nei corridoi bui”, ma spesso diventa un salto da una piattaforma ad un’altra, oppure un arrampicata appesi a quattro cavi in croce.

Le zone aperte della stazione vengono subito sostituite dai corridoi angusti e bui della piattaforma. Alcune volte questi luoghi sono allagati, altre volte sono ricoperti da una melma che ricorda tantissimo “la cosa” di Carpenter, e altri ancora sembrano semplicemente tutti uguali, come a ricercare un senso di claustrofobia voluto, capace di enfatizzare la sensazione di tensione sebbene non accada praticamente nulla sullo schermo.


La paura viene veicolata semplicemente dalla sensazione di attesa perenne, uno stato che personalmente mi ha ricordato proprio la stessa sensazione di disagio nel film di Carpenter, dovuto alla capacità di mimesi della creatura. Ogni volta che appare un mostro, noi non possiamo fare altro che evitarlo. O al massimo nasconderci da lui.

Gli armadietti ci hanno regalato lo stesso retrogusto “amaro” di Outlast, dico amaro perché personalmente non mi piace molto nascondermi e attendere momenti migliori per uscire, però una volta capita l’antifona diventa più un discorso di seguire il percorso preposto e rispettare gli obiettivi al fine di andare avanti. Diciamo che il titolo di The Chinese Room è scritto su un binario, perciò dopo poco ci si sente quasi intrappolati in una serie di dejà vu che smorzano un po’ l’entusiasmo iniziale.

Fortuna vuole che gli inseguimenti siano comunque gestibili, e in molti casi le morti non portano a frustrazione poiché i checkpoint sono davvero generosi e ci permettono, spesso, di rivivere praticamente quasi a ridosso di dove si è morti. Ecco, proprio come dicevamo poc’anzi, Still Wakes the Deep perde mordente per colpa di una condizione di ripetitività: le creature sono quelle, ok, ma non fanno altro se non rincorrerci.

Still Wakes the Deep – Visivamente Davvero Intrigante

Affascinante come un miraggio emerso dal mare, Still Wakes the Deep si presenta come un videogioco visivamente ricco di contrasti, capace di rapire i giocatori già dai primi istanti di gioco. Le ambientazioni, curate nei minimi dettagli e rese vivide da texture nitide e da un'illuminazione perfetta, creano un'atmosfera ideale per il genere horror, alternando sapientemente momenti di quiete a picchi di tensione tra le pareti di metallo della struttura petrolifera.

Alternare luoghi di ampio respiro a spazi claustrofobici, praticamente chiusi e spesso da esplorare anche andando sott’acqua, si è rivelato funzionale all’esplorazione. Il doppiaggio, impeccabile e ricco di sfumature, restituisce fedelmente l'accento scozzese donato ai personaggi e si integra perfettamente con gli effetti sonori, che grazie ai rumori ambientali e alle urla strazianti creano un'immersione totale nell'universo di gioco.

La console Xbox Series X in nostro possesso ha gestito tutto egregiamente, lasciandoci godere dell’esperienza praticamente senza alcun intoppo.