Strike Suit Zero: Director's Cut

di Massimiliano Pacchiano
Cosa c'é di meglio che sfrecciare tra le stelle abbattendo nemici a suon di cannoni al plasma? Farlo a bordo di un mech trasformabile, che domande! I giocatori di vecchia data ricorderanno certamente classici del dogfighting spaziale come Darklight Conflict, Colony Wars e similari, o addirittura i leggendari Wing Commander e, perché no, Star Raiders su Atari VCS. Pseudo-simulatori fantascientifici, lontani dal modello di Elite e Frontier, dove l'enfasi era sempre posta sul combattimento a gravità zero in pieno stile Guerre Stellari. Ebbene, quelle emozioni tornano in Strike Suit Zero, gioco dei Born Ready Games (evidentemente parenti di Jack Burton) originariamente uscito su Pc grazie ad una campagna Kickstarter, ed approdato ora anche su Ps4 in versione riveduta e corretta.


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La trama é piuttosto canonica ma ben dettagliata e narrata: un segnale alieno giunto sulla terra in tempi remoti spinge l'umanità a colonizzare i pianeti e le galassie limitrofe al fine di trovare l'origine della trasmissione. Nel corso dei secoli le varie colonie iniziano a pretendere l'indipendenza, e ben presto scoppia una guerra secessionista interplanetaria (fortunatamente non c'entra nulla la Serenissima né i carri armati fatti in casa) e noi ci troveremo in mezzo al conflitto. Questa versione Director's Cut del gioco introduce diverse migliorie, alcune delle quali già apportate nella versione Infinity: ad esempio le prime tre missioni sono state pesantemente modificate in modo da offrire una curva di apprendimento adeguata. Adesso però abbiamo anche due nuovi mech ed una seconda campagna piuttosto interessante, la quale aggiunge 5 nuove missioni alle 13 già presenti. I nuovi livelli sono sostanzialmente delle simulazioni in cui al cadetto di turno vengono riproposti gli scenari di guerra più importanti o spettacolari del conflitto, percorrendo la trama che precede l'inizio del gioco. Una sorta di prequel insomma, dove ci troveremo persino in situazioni apparentemente impossibili da risolvere “in stile Kobayashi Maru” per chi conosce Star Trek.

Lo stile di gioco ricalca piuttosto da vicino quanto visto nei vecchi Colony Wars per Psx, e presenta uno schema di comandi inizialmente ostico che va domato a dovere. Con lo stick destro ruoteremo il muso della nave (e conseguentemente il mirino) a 360 gradi, quello sinistro, invece, sarà deputato alla gestione di beccheggio e rollìo (insomma: su, giù e rotazione sull'orizzonte), mentre i grilletti di serviranno al controllo di velocità (SX) ed armi (DX). Fortunatamente é possibile modificare questa configurazione e non mancano i tasti di lock-on, flare e trasformazione (nel caso in cui staremo usando un velivolo alla Macross). Ovviamente, trovandosi a gravità zero, il nostro mezzo interstellare avrà un'inerzia ben superiore a qualsiasi aereo terreste, quindi dovremo tener conto anche di questo mentre faremo pratica tra manovre ardite e bersagli impossibili.


La difficoltà del gioco aumenterà esponenzialmente avanzando, con numerosi sciami di navicelle nemiche e resistentissime corazzate spaziali, ma in nostro aiuto arriva proprio la trasformazione in mech: nei panni di robottone avremo a disposizione attacchi molto più potenti, lock-on automatico e possibilità di schivare agilmente i colpi nemici, tuttavia manca quella fisicità dell'azione e degli impatti tipica delle produzioni giapponesi.

Chi pensa di avere a che fare con un nuovo Zone of the Enders rimarrà deluso, infatti la conformazione mech va usata con parsimonia (c'é una barra ricaricabile che si esaurisce piuttosto in fretta) e si comporta in maniera poco differente dalla tradizionale astronave: accelerazione e decelerazione vengono spostati dai grilletti allo stick sinistro, e come detto abbiamo il lock-on automatico (che prende il posto del tasto flare) e la possibilità di sparare missili multipli, ma per il resto la navigazione appare sempre piuttosto impacciata ed inerziale. In sostanza manca la plasticità dei movimenti e delle animazioni che ci si aspetterebbe da un robottone di Robotech, al contrario siamo a bordo di una rozza scatoletta di latta con appendici che vaga nello spazio. Probabilmente tratta proprio di inesperienza, di una visione di gioco basata su canoni occidentali (Colony Wars principalmente) che ignora tutta una serie di accorgimenti tipicamente nipponici tesi a rendere un gioco più soddisfacente e “fisico”. Persino il senso di velocità smodata manca quando si attivano i propulsori, e le fragorose esplosioni che vedremo da vicino lasceranno spazio a delle vere e proprie puzzette spaziali se viste dalla distanza.



Tecnicamente parlando il gioco é piacevole, beneficia dell'alta risoluzione di PlayStation 4 ed é generalmente molto fluido (circa 60 fotogrammi al secondo con qualche calo nelle fasi più affollate), ma la complessità poligonale dei vari elementi é molto bassa per gli standard odierni. Soprattutto i Mech sono realizzati a risparmio, con un gusto ed uno stile molto discutibili: sembra quasi che siano usciti da un sacchetto di patatine. Gli effetti particellari, l'illuminazione e gli sfondi sono invece ottimi, ma purtroppo altri particolari come le esplosioni e le cutscenes lasciano parecchio a desiderare. Il versante audio ci offre delle buone musiche ed una recitazione inglese dei dialoghi più che sufficiente, accompagnati da validi sottotitoli in italiano.