Tales of Eternia

di Antonio Norfo
Sopra il cielo di Inferia, terra verde e soleggiata, sta Celestia con le sue fredde lande (ai due "mondi", aldilà di lingua e cultura, si frappone materialmente una barriera di nuvole denominata Orbus).
Mentre l'ordine è minacciato da un'incombente pericolo, l'inferiano medio sembra non accorgersi di nulla, se si esclude quel diverso pigmento che pian piano sta assumendo la volta celeste.
La quiete ha tuttavia le ore contate, ed in effetti le placide campagne di Rasheans vengono un giorno scosse dalla caduta di un misterioso oggetto volante. Dal suo interno uscirà incolume una misteriosa fanciulla, Meredy, il cui incontro con Farah Oersted, Reid Hershel (e Keele Zeibel) darà il la all'avventura su cui siamo adesso chiamati ad esprimere un giudizio.


Ma dimentichiamo per un istante gli abbondanti cliché narrativi che cuciono il prologo con l'epilogo e focalizziamo piuttosto l'attenzione su quel "Linear Motion Battle System" che anche qui fa la parte del leone.
Controllando Reid (o chi per lui) come fosse in un picchiaduro 2d a scorrimento daremo direttamente vita, nel corso delle frenetiche belligeranze, a parate, ad attacchi fisici con X e ad altri speciali che in quanto tali consumeranno TP (in questo caso, nella configurazione standard, il tasto verso cui rivolgere il pollice è cerchio).
Le "skill", per quanto concerne l'eroe sopraccitato, si apprenderanno gradualmente a seconda che si affondi oppure si tagli con la lama in dotazione, mentre per Farah dipenderà da quanto si elargiranno pugni e calci.
Alternare le proprie tecniche combattive appare invero la strada da seguire, così come inanellare un alto numero di colpi sarà uno degli obiettivi principali di taluni giocatori (non solo per la soddisfazione in sé e per sé data dalle combo, ma anche per i bonus d'esperienza che queste conferiscono).
I membri del party non gestiti dal giocatore verranno affidati ad un'intelligenza artificiale pressoché efficiente cui è possibile peraltro impartire alcuni basilari consigli (bersagli sui quali concentrarsi, formazione da assumere ad inizio battaglia e via discorrendo).

Tal altri giocatori avranno invece di che lamentarsi quanto all'alta frequenza degli scontri casuali, dal canto loro sempre rapidi (una manciata di secondi per i nemici comuni, pochi minuti per quelli più ostici ed i boss) e mai frustranti (a tal proposito, comunque li si trovi, due sono le difficoltà selezionabili).
I Great Craymel (Undine, Sylph, Efreet, Gnome, Celsius e compagnia elementale) potranno poi essere evocati da Keele e Meredy e potranno altresì dar vita a nuove magie qualora combinati tra loro nelle magiche Craymel Cages in cui, al fine di salvare Inferia e Celestia, andranno a "risiedere" volontariamente.
Non mancano neppure degli enigmi (semplici, forse fin troppo), né la ricerca di lenti (una sessantina circa) e di ricette (le quali sono elargite, ovviamente, dal misterioso "Wonder Chef").
Le pietanze, per la cui fattura è necessario possedere gli appositi ingredienti, hanno i più disparati effetti benefico-curativi, i quali spaziano dal ripristino di una determinata percentuale di HP alla purificazione di un dato malus fisico.
Da segnalare infine le sotto-storie ed i mini-giochi, quest'ultimi magari non sempre esaltanti ma che (fra le carte "WHIS", test di conoscenza sul mondo Namco, guida di treni ed altro ancora) arricchiscono quanto basta l'esperienza ludica complessiva.


Dal punto di vista audiovisivo risulta curato e nostalgico l'intero apparato bidimensionale (benché il character design, opera di Inomata Mutsumi, non sia il più ispirato all'interno della serie), così come pregevoli appaiono ai nostri occhi i filmati formato anime dispensati (è d'altra parte più spartana la mappa 3d del mondo).
Ma l'aspetto esteticamente più debole del lavoro Namco è indubbiamente il reparto sonoro, il quale offre sì motivi musicali a tratti incalzanti, ma che, spenta la console, difficilmente produrranno ricordi (non è certo questo l'apice compositivo di Motoi Sakuraba).
Si ascolteranno poi una serie di dialoghi "recitati" in inglese o in Melnic -l'idioma Celestiano- che rasentano a nostro parere l'atonico promuovendo l'apatia piuttosto che l'immedesimazione (gli elementi parlati, comunque, possono essere messi a tacere tramite apposita opzione).

Probabilmente Tales of Eternia non è il miglior esponente dell'illustre serie in questione, nata dieci anni or sono su Super Famicom (né tanto meno, come si è visto, è un gioco privo di aspetti perfettibili).
Eppure sarebbe un compito difficoltoso negare, per chi è solito intrattenersi con titoli affini, il divertimento ed il buon numero di ore video-giocate di cui esso è tuttora garante.
Aggiungiamo il fatto che il fu Tales of Destiny II (questo il nome con cui apparve in America nel 2000, su PsOne) non è mai stato precedentemente distribuito in Europa e diciamo pure (altra lacuna colmata) che la PSP, in questo nostro continente, agognava un J-Rpg di spessore dal momento in cui è apparsa sul mercato.
Ce n'è insomma abbastanza per dirsi soddisfatti.