Tales of Monkey Island: The Lair of the Leviathan
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L'ultima volta che abbiamo visto il nostro prode Guybrush, stava urlando. E non per la rabbia, o per il dolore, o per qualunque altra terza cosa renda onore ad un vero uomo. Assolutamente. Urlava di paura. Come non biasimarlo, del resto, dato che stava per essere inghiottito - con nave ed equipaggio al seguito - da una balena gigante? Se non ricordate come il Temibile Pirata sia finito in questa situazione, vi rinfreschiamo noi la memoria. Il tortuoso cammino verso la Esponja Grande, un amuleto capace di liberare i Caraibi dalla tossina che LeChuck ha liberato una volta tornato umano, ha portato il pirata prima sulle coste di Flotsam e, dopo, su quelle dell'arcipelago di Jerkbait. Qui, sotto la guida dai saggi consigli del re delle sirene (o era una regina?), ha appreso il rituale per raggiungere il luogo in cui, da tempo immemore, riposa questo artefatto.
Issata l'ancora e preso il largo in direzione del punto contrassegnato dai mistici cavallucci marini accorsi in suo aiuto, Guybrush poteva anche prendersi una meritata pausa. Purtroppo per lui, una doppia dose di guai non aspettava altro che un suo momento di distrazione. Braccato nuovamente da LeFlay, affascinante ma letale mercenaria ingaggiata dal barone DeSinge per ucciderlo, l'unica possibilità del nostro eroe era quella di sperare in un miracolo. Ed é qui che entra in gioco la balena sopraccitata, che - senza farselo ripetere due volte - trangugia entrambi e rimanda lo scontro tra i due a data da destinarsi. Come un moderno Pinocchio, quindi, Guybrush dovrà trovare un modo per fuggire dal corpo del leviatano.
Neanche il tempo di fare un passo che già arriva la prima rivelazione. La balena altro non é che un vero e proprio mezzo per raggiungere la Esponja. Un mezzo difettoso, per giunta, avendo perso da tempo l'orientamento e continuando a vagare in tondo per i fondali degli oceani. Questo porta ad una sola conseguenza: tutti i precedenti avventurieri partiti alla ricerca della spugna sono ancora bloccati al suo interno. Infatti é proprio qui che faremo la conoscenza di uno schizofrenico Coronado de Cava, l'amante di Voodoo Lady di cui tanto si era parlato negli episodi precedenti. Solo cooperando con lui e la sua ciurma potremo sperare di uscire vivi da questa scomoda situazione.
Se ben ricordate, nel caso di Launch of Screaming Narwhal lamentammo la mancanza di personaggi secondari di spessore; cosa poi degnamente risolta con Siege of Spinner Cay. E chi si aspettava che Telltale potesse mai raggiungere livelli simili con Lair of the Leviathan? Il terzo episodio altro non é che una lunga (e divertentissima, ovviamente) introspezione psicologica nei vecchi e nuovi personaggi. Qui Guybrush viene un po' messo da parte, lasciando spazio alla nascosta ed inattesa dolcezza di LeFlay, alla gelosia corrosiva di Coronado nei confronti della sua amante, o al carattere dei suoi seguaci. C'é il lunatico, una finta moglie, un nerd con una forte repulsione per le donne, un hippy, un duro tatuato, uno scheletro trattato da essere vivente. Insomma, stiamo parlando di un improbabile agglomerato di persone tenute assieme dallo stesso, triste destino: quello di vagare per l'eternità nelle interiora di un mammifero acquatico.
Ironia della sorte vuole che, a differenza di Coronado, il resto della marmaglia non voglia assolutamente arrivare a destinazione. Anzi, con lo stomaco della bestia adibito a paradiso terrestre, verremo intralciati in ogni modo nel raggiungimento del nostro scopo. Ironico, intelligente ed appassionante, Lair of the Leviathan traccia l'inizio di una nuova alba per Guybrush, come si può vedere dal finale stesso (che, ovviamente, non vi anticipiamo). Eppure ogni cosa bella deve avere per forza un risvolto della medaglia. Questo episodio non fa eccezione. E, almeno a nostro parere, va a cadere nel peggiore dei modi. Conosciamo tutti Telltale e la sua passione per le avventure semplificate in favore di un copione meno diluito. Bene, moltiplicate l'idea per mille e avrete Lair of the Leviathan. Che sia un pregio o un difetto sta a voi deciderlo, ma noi di certo non possiamo sorvolare su un punta e clicca che - di fatto - ha enigmi che si contano sulle dita di una mano. É facile, restrittivo e riempito all'inverosimile dai mini-giochi più disparati. Niente é lì a minare l'atmosfera, ma anzi così vanta un ritmo più sostenuto e accattivante.
Ma chi, come noi di GameSurf, é cresciuto con avventure degne di questo nome, non troverà altro che un prodotto agevolato e con un gameplay ridotto all'osso, ancor più dei predecessori. Ed é davvero un'occasione sprecata, perché Lair of the Leviathan ambiva a diventare il miglior Tales of di sempre, e non solo. Non sappiamo se sia dovuto a precise scelte di design o a qualche intralcio di troppo durante lo sviluppo, ma le cose stanno così. Partiamo dalle ambientazioni: Flotsam era un'isola varia e piuttosto estesa, con pittoresche casupole che si alternavano a labirintiche foreste con insidie di ogni tipo. Jerkbait ancora meglio, trattandosi di un arcipelago immenso, punteggiato tra l'altro da ulteriori piccoli atolli. Lair of the Leviathan, invece? Tre zone, facile contarle. Quattro, se vogliamo includere anche il vascello di Guybrush. Due ambientazioni all'interno della balena (bocca e stomaco) e una all'esterno, tutto qui. Anche piuttosto limitative, dato che i rompicapi saranno sempre limitati ad un solo scenario alla volta.
Molto comodo, é impossibile perdersi o andare fuori strada, perché si ha praticamente ogni tassello già davanti, pronto a ricomporsi quasi da solo. Anche se definirli “rompicapi” é una parola grossa. Parliamo di enigmi risolvibili quasi esclusivamente con dialoghi o mini-giochi di qualche tipo, dopotutto. Ricordate la fuga dalla “sala delle torture” del barone, nel primo capitolo? Oppure il combattimento all'arma bianca con Morgan all'inizio del secondo? Ecco, decuplicateli e avrete il vostro Lair of the Leviathan. É già tanto se nel corso dell'intero mini-episodio abbiamo aperto l'inventario un paio di volte. In realtà, la situazione non é così critica come potrebbe sembrare, sia chiaro. In fin dei conti parliamo di un “esperimento”, in cui la maggior cura riposta nel copione ha per forza di cose adombrato l'aspetto ludico. Per la cronaca, i mini-giochi rimangono comunque geniali. Non vogliamo anticiparvi nulla, ma ci sarà da sbellicarsi dalle risate, con tanto di rimandi al Monkey Kombat e alle sfide ad insulti.
Lair of the Leviathan é anche un capitolo d'atmosfera. La lugubre cavità orale del lamantino richiama lo stesso senso di inadeguatezza assaggiato decenni fa dal burattino di Collodi, mentre lo stacco netto tra il dark delle zone superiori e l'aria “festiva” di quelle inferiori é più marcato che mai. Complici anche le colonne sonore del maestro Michael Land, come sempre azzeccatissime e mai fuori luogo. Bello da vedere, con personaggi secondari più curati del solito e leggero da reggere anche per i PC più vetusti. C'é davvero poco altro da chiedere, ad un prezzo simile. La prossima volta, magari, qualche zona esplorabile in più non guasterebbe.
Issata l'ancora e preso il largo in direzione del punto contrassegnato dai mistici cavallucci marini accorsi in suo aiuto, Guybrush poteva anche prendersi una meritata pausa. Purtroppo per lui, una doppia dose di guai non aspettava altro che un suo momento di distrazione. Braccato nuovamente da LeFlay, affascinante ma letale mercenaria ingaggiata dal barone DeSinge per ucciderlo, l'unica possibilità del nostro eroe era quella di sperare in un miracolo. Ed é qui che entra in gioco la balena sopraccitata, che - senza farselo ripetere due volte - trangugia entrambi e rimanda lo scontro tra i due a data da destinarsi. Come un moderno Pinocchio, quindi, Guybrush dovrà trovare un modo per fuggire dal corpo del leviatano.
Neanche il tempo di fare un passo che già arriva la prima rivelazione. La balena altro non é che un vero e proprio mezzo per raggiungere la Esponja. Un mezzo difettoso, per giunta, avendo perso da tempo l'orientamento e continuando a vagare in tondo per i fondali degli oceani. Questo porta ad una sola conseguenza: tutti i precedenti avventurieri partiti alla ricerca della spugna sono ancora bloccati al suo interno. Infatti é proprio qui che faremo la conoscenza di uno schizofrenico Coronado de Cava, l'amante di Voodoo Lady di cui tanto si era parlato negli episodi precedenti. Solo cooperando con lui e la sua ciurma potremo sperare di uscire vivi da questa scomoda situazione.
Se ben ricordate, nel caso di Launch of Screaming Narwhal lamentammo la mancanza di personaggi secondari di spessore; cosa poi degnamente risolta con Siege of Spinner Cay. E chi si aspettava che Telltale potesse mai raggiungere livelli simili con Lair of the Leviathan? Il terzo episodio altro non é che una lunga (e divertentissima, ovviamente) introspezione psicologica nei vecchi e nuovi personaggi. Qui Guybrush viene un po' messo da parte, lasciando spazio alla nascosta ed inattesa dolcezza di LeFlay, alla gelosia corrosiva di Coronado nei confronti della sua amante, o al carattere dei suoi seguaci. C'é il lunatico, una finta moglie, un nerd con una forte repulsione per le donne, un hippy, un duro tatuato, uno scheletro trattato da essere vivente. Insomma, stiamo parlando di un improbabile agglomerato di persone tenute assieme dallo stesso, triste destino: quello di vagare per l'eternità nelle interiora di un mammifero acquatico.
Ironia della sorte vuole che, a differenza di Coronado, il resto della marmaglia non voglia assolutamente arrivare a destinazione. Anzi, con lo stomaco della bestia adibito a paradiso terrestre, verremo intralciati in ogni modo nel raggiungimento del nostro scopo. Ironico, intelligente ed appassionante, Lair of the Leviathan traccia l'inizio di una nuova alba per Guybrush, come si può vedere dal finale stesso (che, ovviamente, non vi anticipiamo). Eppure ogni cosa bella deve avere per forza un risvolto della medaglia. Questo episodio non fa eccezione. E, almeno a nostro parere, va a cadere nel peggiore dei modi. Conosciamo tutti Telltale e la sua passione per le avventure semplificate in favore di un copione meno diluito. Bene, moltiplicate l'idea per mille e avrete Lair of the Leviathan. Che sia un pregio o un difetto sta a voi deciderlo, ma noi di certo non possiamo sorvolare su un punta e clicca che - di fatto - ha enigmi che si contano sulle dita di una mano. É facile, restrittivo e riempito all'inverosimile dai mini-giochi più disparati. Niente é lì a minare l'atmosfera, ma anzi così vanta un ritmo più sostenuto e accattivante.
Ma chi, come noi di GameSurf, é cresciuto con avventure degne di questo nome, non troverà altro che un prodotto agevolato e con un gameplay ridotto all'osso, ancor più dei predecessori. Ed é davvero un'occasione sprecata, perché Lair of the Leviathan ambiva a diventare il miglior Tales of di sempre, e non solo. Non sappiamo se sia dovuto a precise scelte di design o a qualche intralcio di troppo durante lo sviluppo, ma le cose stanno così. Partiamo dalle ambientazioni: Flotsam era un'isola varia e piuttosto estesa, con pittoresche casupole che si alternavano a labirintiche foreste con insidie di ogni tipo. Jerkbait ancora meglio, trattandosi di un arcipelago immenso, punteggiato tra l'altro da ulteriori piccoli atolli. Lair of the Leviathan, invece? Tre zone, facile contarle. Quattro, se vogliamo includere anche il vascello di Guybrush. Due ambientazioni all'interno della balena (bocca e stomaco) e una all'esterno, tutto qui. Anche piuttosto limitative, dato che i rompicapi saranno sempre limitati ad un solo scenario alla volta.
Molto comodo, é impossibile perdersi o andare fuori strada, perché si ha praticamente ogni tassello già davanti, pronto a ricomporsi quasi da solo. Anche se definirli “rompicapi” é una parola grossa. Parliamo di enigmi risolvibili quasi esclusivamente con dialoghi o mini-giochi di qualche tipo, dopotutto. Ricordate la fuga dalla “sala delle torture” del barone, nel primo capitolo? Oppure il combattimento all'arma bianca con Morgan all'inizio del secondo? Ecco, decuplicateli e avrete il vostro Lair of the Leviathan. É già tanto se nel corso dell'intero mini-episodio abbiamo aperto l'inventario un paio di volte. In realtà, la situazione non é così critica come potrebbe sembrare, sia chiaro. In fin dei conti parliamo di un “esperimento”, in cui la maggior cura riposta nel copione ha per forza di cose adombrato l'aspetto ludico. Per la cronaca, i mini-giochi rimangono comunque geniali. Non vogliamo anticiparvi nulla, ma ci sarà da sbellicarsi dalle risate, con tanto di rimandi al Monkey Kombat e alle sfide ad insulti.
Lair of the Leviathan é anche un capitolo d'atmosfera. La lugubre cavità orale del lamantino richiama lo stesso senso di inadeguatezza assaggiato decenni fa dal burattino di Collodi, mentre lo stacco netto tra il dark delle zone superiori e l'aria “festiva” di quelle inferiori é più marcato che mai. Complici anche le colonne sonore del maestro Michael Land, come sempre azzeccatissime e mai fuori luogo. Bello da vedere, con personaggi secondari più curati del solito e leggero da reggere anche per i PC più vetusti. C'é davvero poco altro da chiedere, ad un prezzo simile. La prossima volta, magari, qualche zona esplorabile in più non guasterebbe.