Tempest Rising riporta in vita la gloria degli RTS - Recensione
Due fazioni, undici missioni ciascuna e un mondo postatomico che ricorda Red Alert: lo strategico di Slipgate Ironworks parla ai nostalgici con idee moderne e concrete.

I giochi di strategia in tempo reale non sono scomparsi, ma da anni vivono lontani dai riflettori. Dopo l’era d’oro di Command & Conquer, Warcraft III e Company of Heroes, il genere ha visto uscire sempre meno titoli di rilievo, spesso destinati a un pubblico di veterani o bloccati da formule poco accessibili. Tempest Rising punta a colmare questo vuoto, proponendo un’esperienza che riprende le radici classiche ma le aggiorna con equilibrio e attenzione. Non è difficile, sin dalle prime missioni, ritrovare quella sensazione familiare di inviare Tanya a far saltare un edificio nemico o posizionare una Tesla Coil per vedere le ondate avversarie ridotte in cenere.
L’ambientazione immagina un 1997 alternativo, modellato da una Terza Guerra Mondiale nucleare e sconvolto dalla comparsa del Tempest, una pianta energetica dalle proprietà inedite. In questo scenario postbellico, due potenze opposte si contendono il futuro: la Tempest Dynasty, nata dalle rovine delle nazioni più colpite dal conflitto, e la Global Defense Force, alleanza tra Stati Uniti, Canada e Europa occidentale, che agisce sotto la bandiera della pace globale.
Tempest Rising non si limita a evocare il passato: lo rielabora con intelligenza. Propone un sistema strategico leggibile, missioni ricche di varietà e un ritmo che riesce a parlare tanto ai nostalgici quanto a chi si avvicina al genere per la prima volta. È una dichiarazione d’intenti: l’RTS può tornare al centro della scena, e Tempest Rising vuole essere il gioco giusto per dimostrarlo.
Narrazione e fazioni in Tempest Rising: una guerra a schermo pieno
La campagna di Tempest Rising accompagna il giocatore con gradualità e intelligenza. Ogni missione introduce nuovi elementi narrativi e meccanici, evitando di sovraccaricare l’esperienza iniziale. Si parte con poco — una base ridotta, unità limitate, obiettivi chiari — e si avanza un passo alla volta, imparando a conoscere le fazioni, il mondo, e le tensioni che lo attraversano.
Fin da subito si percepiscono chiaramente le vibes da Command & Conquer, soprattutto nei briefing pre-missione, quando i leader delle fazioni si rivolgono direttamente al giocatore attraverso video registrati in grafica in-game. Non siamo ai livelli di Joseph Kucan o delle vecchie sequenze in full motion video, ma l’intento è chiaro e funziona: costruire un rapporto diretto con il comandante sul campo, anche attraverso dialoghi brevi ma ben scritti.
A ogni missione è possibile anche rivolgere domande specifiche al leader del proprio schieramento, scegliendo tra opzioni preconfigurate che sbloccano piccoli approfondimenti sulla lore del mondo e sulle motivazioni delle fazioni. Un dettaglio semplice, ma efficace, che aiuta a rendere l’universo di gioco più credibile e stratificato.
Le fazioni principali sono due: la Global Defense Force, organizzazione militare occidentale che si presenta come garante dell’equilibrio globale, e la Tempest Dynasty, alleanza di nazioni devastate dalla guerra che rivendica il controllo del Tempest come forma di riscatto. Due visioni opposte, riflesse nel tono e nello stile delle campagne, composte ciascuna da 11 missioni ben strutturate, con obiettivi diversificati e mappe dal design curato.
Ogni missione è introdotta da una breve cutscene in computer grafica. Nulla di spettacolare, ma più che sufficiente a stabilire un contesto e alimentare la progressione narrativa. Il ritmo è buono, anche se si ha spesso la sensazione che si potesse osare di più: alcune svolte risultano abbozzate, e le storie dei personaggi principali — pur interessanti — non sempre trovano il giusto spazio.
Dal punto di vista della longevità, Tempest Rising offre una campagna solida, con una difficoltà ben calibrata. Completare entrambe le campagne a livello normale richiede un impegno discreto, con una curva di sfida crescente ma mai frustrante. A difficoltà più elevate, invece, le missioni mettono davvero alla prova, costringendo il giocatore a pianificare ogni mossa con attenzione. Anche senza considerare il multigiocatore, c’è abbastanza carne al fuoco per restare impegnati a lungo.
Gameplay e sistemi di gioco: il ritorno dell'RTS classico con Tempest Rising
Tempest Rising costruisce la sua identità sul terreno solido della strategia in tempo reale tradizionale. Base-building, gestione delle risorse, produzione di unità e controllo tattico tornano al centro, con un approccio che ricorda da vicino Command & Conquer — ma senza scadere nel puro esercizio di stile. L'obiettivo è offrire un RTS accessibile ma profondo, in grado di parlare sia ai veterani che ai nuovi arrivati.
La campagna adotta un approccio guidato, pensato per introdurre gradualmente le meccaniche chiave che ritroveremo poi nelle modalità skirmish e multigiocatore. La libertà totale nella gestione della base — con costruzioni distribuite liberamente, espansioni strategiche e difese personalizzate — trova piena espressione solo al di fuori della campagna, dove ogni scelta dipende esclusivamente dall’approccio del giocatore.
Prima di ogni missione si ha accesso a due strumenti di personalizzazione: lo skill tree dell'Armeria, dove è possibile acquistare e assegnare abilità attive utilizzabili in missione (come bonus ai danni, attacchi aerei o persino la possibilità di rubare tecnologie nemiche), e l’albero delle Dottrine, suddiviso in tre rami tematici per ciascuna fazione. Le Dottrine influenzano stile di gioco e bonus passivi, e possono essere ricalibrate in qualsiasi momento, lasciando spazio alla sperimentazione senza penalizzare le scelte precedenti.
Nel multigiocatore, queste tecnologie assumono un ruolo centrale: vengono sbloccate in tempo reale tramite le risorse raccolte sul campo, integrandosi perfettamente nella gestione economica e strategica della partita.
Le due fazioni principali — GDF e Tempest Dynasty — si distinguono in modo netto anche nella gestione economica. La GDF utilizza un sistema di raccolta più tradizionale, con raffinerie e campi da sfruttare. La Dynasty, invece, si affida ai Tempest Rig, veicoli-base mobili in grado di spostarsi da un’area all’altra per estrarre risorse finché il terreno lo consente. Una soluzione che favorisce uno stile più dinamico e adattivo, soprattutto nelle mappe più ampie o aperte.
Il gameplay è arricchito da abilità attivabili a tempo, sbloccate costruendo edifici avanzati e utilizzabili sul campo per ribaltare la situazione con precisione chirurgica. Ogni potere ha un costo e un tempo di ricarica, e il loro utilizzo va pianificato con cura per evitare sprechi.
Nella campagna, queste abilità vengono fornite già sbloccate e il gioco invita esplicitamente a sperimentarle, soprattutto se si vuole puntare al completamento degli obiettivi secondari durante le missioni.
L’unico vero limite risiede in alcune scelte d’interfaccia che rallentano la fluidità dell’esperienza: la produzione da più edifici richiede passaggi macchinosi, e non è possibile pianificare in anticipo la costruzione di strutture in sequenza. Sono aspetti migliorabili, ma che non compromettono l’efficacia dell’insieme.
Nel complesso, Tempest Rising offre un gameplay solido, intuitivo e ben strutturato. La curva di apprendimento cresce in modo naturale e lascia spazio alla libertà di approccio, con soluzioni strategiche sempre più raffinate missione dopo missione. È un ritorno all’RTS puro, ma con lo sguardo ben puntato su ciò che oggi rende davvero soddisfacente giocare in tempo reale.
Comparto tecnico di Tempest Rising: pulizia, solidità e una lettera d’amore
Dal punto di vista tecnico, Tempest Rising si comporta con la solidità che ci si aspetta da un RTS moderno. Su laptop con RTX 3060, l’esperienza è risultata fluida e appagante, senza mai incorrere in problemi di lag, cali di framerate o glitch evidenti. Le missioni si caricano rapidamente, la risposta ai comandi è immediata e anche nelle fasi più concitate il motore grafico regge con disinvoltura.
La resa visiva è uno dei suoi punti di forza: Tempest Rising non punta al fotorealismo, ma riesce a essere estremamente curato nel dettaglio. Gli effetti visivi, come esplosioni, scie energetiche e impatti balistici, sono nitidi e ben integrati nel contesto, mentre il design delle unità richiama con orgoglio un'estetica d'altri tempi, rielaborata con buon gusto e senso della misura. Ogni fazione ha una propria personalità visiva che si riflette sia negli edifici che nelle truppe, e il colpo d’occhio durante le battaglie è sempre leggibile, senza mai diventare caotico.
Anche sul fronte stilistico, il gioco si conferma per ciò che vuole essere: una vera e propria lettera d’amore a Command & Conquer. Lo si percepisce non solo nel gameplay, ma anche nella regia delle cutscene, nelle schermate di briefing, nelle interfacce retrò reinterpretate, nei dettagli sonori delle unità quando vengono selezionate. È un progetto che non cerca di nascondere le sue origini, ma le abbraccia con rispetto e coerenza, modernizzandole quanto basta per renderle attuali.
Il doppiaggio è interamente in inglese, con sottotitoli e testi localizzati in italiano. La qualità è buona, anche se alcune interpretazioni risultano volutamente sopra le righe, in pieno spirito camp anni Novanta.
Il comparto sonoro, pur non riuscendo a evocare fino in fondo le emozioni storiche di Command & Conquer — niente brani che ti restano addosso come Hell March — riesce comunque a creare un’atmosfera coerente, con tracce intriganti e un buon utilizzo degli effetti ambientali.