The Caligula Effect 2, canta che ti passa – Recensione PS5
La recensione del seguito di Caligula Effect. Il JRPG è già disponibile su PC, Switch e PS4 e ora si appresta al debutto su PS5
The Caligula Effect 2: la storia - Un trauma per amico
La trama di The Caligula Effect 2 prende atto cinque anni dopo gli eventi del primo capitolo. L’incidente di Mobius è ancora vivo nella mente delle persone, eppure si sta già verificando un fenomeno analogo. All’interno di Redo, questo mondo cibernetico governato dall’idol virtuale (o Virtuadoll) Regret, le persone che nutrono rimpianti vengono intrappolate, i ricordi della loro vita nel mondo reale cancellati, e le loro esistenze resettate e manipolate per assumere i connotati di quello che hanno sempre desiderato.
Il gruppo di protagonisti appartiene a una piccola cerchia di studenti liceali (almeno nelle fattezze, potrebbero essere chiunque fuori da Redo) che in qualche modo si sono risvegliati dal loro torpore, sono scesi a patti con i loro scheletri nell’armadio e, grazie all’aiuto di un “intruso” nel sistema, la Virtualdoll Chi (figlia tra l’altro di Mu, il “villain” dello scorso episodio), sono riusciti ad attivare i loro poteri con cui sconfiggere Regret, i suoi “musicisti” e i loro sgherri. L’obiettivo è fuggire da questa gabbia di bugie.
Se il quadro vi sembra familiare a un certo Persona, non state sbagliando; al titolo hanno infatti lavorato gli autori dei primi episodi, anche se l’ispirazione principale pare essere il quinto. Stereotipi e sviluppi scontati sono però all’ordine del giorno, con le prime ore di gioco scandite da traumi superati nell’arco di una conversazione grazie al potere dell’amicizia, cattivi con la profondità di una pozzanghera e le solite critiche velate alla società nipponica.
The Caligula Effect 2 cerca di farsi grande con tematiche di un certo peso, accostando profili psicologici disturbati a problematiche che mettono in dubbio moralità, etica e la volontà stessa di vivere dei personaggi, ma non si direbbe in grado di affrontarli con il dovuto tatto, sbolognando il tutto con un paio di risposte facili e accantonando la questione in fretta e furia; raramente si riesce a discutere civilmente per più di 30 secondi prima che qualcuno inizi a sbraitare e spesso la risoluzione è lasciata vaga oppure fin troppo ottimista.
I protagonisti non sono affatto male a livello di caratterizzazione (escluso l’avatar del giocatore, lui è una statua di cera): partono quasi come macchiette e poi mostrano la loro vera natura con il passare del tempo; tuttavia, gli aspetti più oscuri e personali del loro carattere sono relegati a conversazioni opzionali e non hanno alcuna rilevanza all’interno della storia. Diciamo che non ci sarebbe dispiaciuta qualche “infiltrazione” dei nostri progressi relazionali nella campagna principale.
Nondimeno, la seconda metà del gioco è di sicuro la più interessante, tra colpi di scena e momenti più impegnati (alcuni davvero niente male, glielo concedo), ma prima di arrivarci devono passare un buon 10-15 ore, e il gameplay per allora si è fatto abbastanza stantio. Deludente il finale, ma piuttosto azzeccato a nostro avviso, considerato il contesto.
The Caligula Effect 2: il gameplay - Registi da battaglia e influencer del discount
The Caligula Effect 2 scinde l’esperienza in due fasi ben distinte, di base fuori e dentro i “dungeon”. Nei momenti dedicati alla “vita sociale” potremo scorrazzare per le aree sbloccate e interagire con i tanti personaggi secondari, centinaia di nullafacenti che chiederanno i nostri servigi per compiti piuttosto banali, come trovare dei fazzoletti o una barretta di cioccolato. Come già detto, sono una quantità immane e vanno a costruire la nostra rete di contatti, la cui utilità spazia dal potenziare le statistiche del protagonista a sbloccare ulteriori missioni secondarie, ottenere oggetti rari e ovviamente alcuni trofei necessari per il platino (a cui ho rinunciato rapidamente NdR).
Tedio a parte, c’è un problema: spesso per proseguire in una quest occorre parlare con determinati figuri, peccato se ne vadano a zonzo indisturbati e non vengano segnalati in alcun modo sulla minimappa, ergo l’unico modo per beccarli è sperare di incrociarli per strada (e la draw distance non è neanche il massimo). La situazione era anche peggio nel primo capitolo, ma questo non mi fa stare meglio...
In alternativa possiamo ritirarci nel treno di Chi, fare quattro chiacchiere con i compagni di squadra, ascoltare la colonna sonora dal jukebox o sbloccare abilità e potenziamenti con i punti accumulati, prima di muovere verso nuove avventure.
Che non tardano a spuntare, non appena il musicista squinternato di turno si fa vivo, trovando qualche contorta scusa per riuscire a intrappolarci in una location della città, allestita con mostri e trappole per l’occasione. La struttura dei dungeon è piuttosto lineare, gli enigmi sono abbastanza triviali e i combattimenti una caterva, evidenziando una falla nel comunque intrigante combat system.
Sulla scia del predecessore, gli scontri sono a turni, con ATB, e utilizzano un sistema predittivo che consente di vedere nel futuro di una decina di secondi; in questo modo è possibile osservare le azioni che compiranno i nemici e agire di conseguenza, alterando il tempismo del proprio attacco o selezionandone uno che possa bloccare o interrompere quello in arrivo.
Molto figo, molto divertente, ma paradossalmente dà il meglio di sé in occasione del primo boss, quando le meccaniche non sono ancora state metabolizzate e le risorse a disposizione sono limitate. In seguito, tra mosse finali, skill avanzate, nuovi equipaggiamenti e canzoni di Chi (in funzione di power-up momentaneo), diventa veramente difficile non travolgere qualunque cosa in una manciata di turni. Il combattimento automatico per gli alleati aiuta a snellire i tempi, ma ci aspettano in ogni caso 2-3 ore di ripetute battaglie poco stimolanti. Vero, i mostri sono visibili sulla mappa e si possono aggirare, ma se si resta indietro di livello gli scontri cruciali diventano sensibilmente più lunghi e complicati.
The Caligula Effect 2: grafica e sonoro - Una cartolina giapponese dal 2013
Sul versante tecnico The Caligula Effect 2 mostra i segni di un engine nato su Vita, fatto di modelli scarni, animazioni legnose e ambienti spogli, che sfigurerebbero anche su PS3, ma compensa con effetti di luce sfavillanti e riflessi stranamente pompati. Diciamo che il budget non doveva essere di quelli stellari (inferiore persino all’originale, considerata la mancanza di filmati animati), ma lo stile pulito e i colori accesi aiutano a non farci caso. A stonare davvero sono i dialoghi, con quegli occhi vitrei che fissano il vuoto. Splendide invece le coreografie in stile videoclip che fanno da cornice ai combattimenti.
E visto che siamo in tema, non sarebbe un gioco a base di idol se non proponesse una scaletta musicale degna di tal nome; la colonna sonora dell’opera FuRyu per fortuna è piuttosto variegata e vanta brani molto orecchiabili. Abbiamo apprezzato l’idea di lasciare in sottofondo la versione strumentale delle canzoni durante l’esplorazione, per poi partire con le lyrics sul campo di battaglia, senza stacchi, con una dissolvenza efficace della voce che smorza la monotonia di tenere su lo stesso pezzo per ore (in prossimità del boss però viene a noia, fidatevi).
Buono il doppiaggio giapponese, che vanta diverse firme note nel settore, ma abbiamo notato una fastidiosa tendenza dei personaggi a urlare o usare toni particolarmente acuti; non smanetto mai con le opzioni audio, eppure mi sono ritrovato costretto ad abbassare il volume delle voci, non ne potevo più. In caso, è presente il doppiaggio in inglese, tuttavia alcune licenze poetiche del copione si potevano evitare.