The Chant, la recensione: quando l'horror non spaventa
Giorno 3 novembre arriva ufficialmente il debutto degli sviluppatori di Brass Token nel mondo dei games. Per farlo hanno deciso di puntare su una cupa storia che è un mix tra il soprannaturale e lo spirituale, tra il demoniaco e la malignità…o almeno questa era l’intenzione. Stiamo parlando di The Chant, un gioco che può essere preso per buono se amate il paranormale e se concedete a questo team una chance ed errori che capita di fare a chi crea qualcosa per la prima volta.
La nostra storia inizia con Jessica Briars, una biomedica che, per superare definitivamente uno shock passato, decide di prendere parte al ritiro spirituale di scienza prismatica sulla remota isola di Glory Island. Un quieto fine settimana si trasforma ben presto in una sciagura di proporzioni immani dopo che il canto collettivo degli adepti di Tyler, a cui la nostra Jess si è unita, apre il portale di una dimensione oscura e pregna di energie negative, da cui escono creature prismatiche, cultisti del male e mostri mistici di ogni genere. Come se non bastasse Kim, amica stretta di Jess nonché colei che ha convinto la nostra protagonista ad unirsi al ritiro spirituale, ben presto rimane vittima del canto e presa dalla follia ed impossessata toccherà alla nostra Jess farla prima rinsavire e poi salvarla dall’oscurità.
La nostra protagonista si ritrova quindi da essere arrivata sull’isola piena di scetticismo, nei confronti di questa dottrina spirituale e di questa vera e propria setta, a cui la sua amica l’ha convinta ad unirsi, ad essere la salvatrice che ripristinerà l’equilibrio tra i due mondi. Proprio equilibrio è la parola chiave di un gioco come The Chant. I nostri tre parametri fondamentali sono infatti mente, corpo e spirito. Il primo serve a rafforzare la nostra psiche contro l’orrore ed il panico generato da esso. Il secondo ci protegge dalle minacce fisiche, veri e propri attacchi brutali che ci danneggiano in maniera debilitante. Il terzo, infine, ci permette di meditare ed accedere ad abilità soprannaturali. Questi tre parametri sono di una importanza cruciale all’interno di The Chant perché rimanere a secco di uno preclude in maniera drastica anche gli altri e due. Una scelta questa azzeccata che mette una giusta dose di pressione al giocatore che deve rimanere sempre vigile su questi tre cardini per non ritrovarsi in situazioni poco piacevoli.
Ciò che non va minimamente all’interno di un gioco simile è sicuramente il tutorial. Qual è il senso di farci vedere come si corre, come si schivano ostacoli o alberi, se poi non ci dà le basi per affrontare il vero pericolo, ovvero obbrobri della natura che ci vogliono uccidere? La scelta è abbastanza incomprensibile. Che The Chant non sia o non voglia essere il classico gioco che imbocca il giocatore col cucchiaino ma che abbia volontariamente reso in tale maniera l’esperienza più accattivante? Noi concediamo il beneficio del dubbio a tale possibilità. La narrazione quindi entra subito nel vivo ma starà al giocatore capire il più velocemente possibile come evitare la morte per mano di queste creature paranormali. Le piante che raccoglieremo nonché i prismi che recupereremo dai vari personaggi ci danno una grandissima mano per superare le avversità. Determinate creature possono subire danni da fuoco, altri dalla magia e altri ancora dai danni sacri o spirituali.
Fortunatamente in nostro aiuto vengono anche le bobine che troveremo nei vari ambienti dell’isola che tramite riproduzione di una macchina ci permetteranno di venire a conoscenza di determinati dettagli e sulla storia passata di Glory Island. Ancor più importante è il bestiario. Attraverso rotocalchi che troveremo sempre in occasioni di incontri ravvicinati con le creature verremo a conoscenza dei punti deboli dei vari mostri nonché del materiale che ci serve per annientarli. Anche qui nota dolente purtroppo. Passiamo da avere e trovare risorse in maniera molto parsimoniosa a trovarne in quantità nei pressi di una boss fight. Fortunatamente il gioco non ci mette mai alle strette ma anche nel caso di un nemico cruciale per la nostra storia abbiamo la possibilità di fuggire e ripristinare le nostre risorse per poi tornare alla carica e uccidere il nemico. Ciò che abbiamo sicuramente apprezzato di questo gioco sono i vari ambienti, tutti ben strutturati e molto più incisivi nella storia che i personaggi della setta che si dimostrano scialbi e privi di personalità. Ci sono quindi sentieri nella foresta che emanano una forte energia spirituale. Il vecchio conservificio invece ci ricorda di un passato lontano e proibito a chi non è un membro della setta.
La zona mineraria era un vanto di Glory Island per le pietre prismatiche che emergevano da essa ma oltre che abbandonate sono cupe e brulicano di orrori. Flea Island ospita un sito sacro ed un piccolo faro che di tanto in tanto, emette una luce cupa di origine molto dubbia. La comune è la residenza principale della comunità prismatica ed ogni edificio è progettato secondo i principi della geometria sacra, con una combinazione tra fisica e cosmologia atta a proteggere l’isola. Infine la scogliera, area che offre una fuga dalla civiltà e dotata di un molo che costituisce l’unico punto di accesso all’isola. The Chant è un gioco dove bisogna seguire un determinato percorso per proseguire la storia, spesso ci imbatteremo in zone di colori diversi, accessibili solo a patto di possedere un determinato cristallo dello stesso colore. Ovviamente evitiamo di spoilerare come vengono recuperate queste gemme preziose.
Ciò che però ha deluso in particolar modo, almeno il sottoscritto, è la componente horror. Le creature sono senza dubbio particolari ma non incutono paura o panico, a ciò e direi anche in maniera fondamentale, contribuisce un sonoro davvero neutro, privo di qualsivoglia componente di terrore che anche nelle fasi più calde delude completamente le aspettative dandoci un senso di totale distacco da ciò che stiamo facendo o affrontando. La parte grafica invece non risolleva il gioco, anzi, lo affossa ancor di più. Onestamente sembra di fare un gioco per PS3, forse rimasterizzato per PS4 ad essere buoni. I modelli poligonali non sono molto definiti ed anche gli stessi personaggi hanno delle fattezze un po' frettolose ed imprecise.