The Chronicles of Riddick: Escape from Butcher Bay
...per ora è meglio chiudere qua, con un solo appunto: fin da ora The Chronicles of Riddick appare in stridente contrasto coi tratti distintivi dei tie-in (titoli qualitativamente altalenanti che si aggrappano alla licenza). Può essere la rivincita dei tie-in? Qualche mese e lo scoprirete. Noi siamo ottimisti.
Con queste parole, qualche mese or sono, chiudevamo la preview di Riddick. Scusateci il peccato di presunzione, ma avevamo visto bene. Escape from Butcher Bay è un prodotto sbalorditivo, a tratti sorprendente, incompatibile con qualsiasi altro titolo della softeca X-Box per grafica, meccaniche ludiche e più in generale, capacità di raccontare una storia attraverso un linguaggio forbito, che sfrutta tanto il talento dei programmatori quanto la licenza di cui beneficia. Un gioco sublime quanto disgraziatamente breve nel suo essere.
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Come proferito da Vin Diesel in The Chronicles of Riddick, Butcher Bay non è certo il carcere di massima sicurezza più inviolabile dell'universo. Anzi, considerando che il giocatore particolarmente capace non impiegherà più di otto ore scarse per uscirne, e assistere quindi ai titoli di coda del piccolo capolavoro ludico degli Starbreeze Studios, Butcher Bay appare più una gita scolastica che un vero supplizio dove scontare le pene detentive. Mancano le compagnette di classe, il pulmino della scuola è sostituito da astronavi spaziali iper-tecnologiche e gli inservienti del piccolo hotel, pardon, prigione, hanno dei modi decisamente rudi. Il maitre, al posto del menù ha in mano un mitra che non disdegnerà di scaricarci addosso, ma tutto sommato il pianeta\prigione non è affatto male. E' giusto un po' cupo, ma questo a volte può essere un vantaggio.
Sono così numerose e rilevanti le questioni esegetiche che solleva il gameplay di Riddick che, a conti fatti, risulta tanto di non facile decifrazione quanto di difficile inserimento in una specifica categoria. Prima di essere un action-adventure, o uno stealth game, Riddick è sostanzialmente un first person shooter : questo sia chiaro. Il suo io più interiore, da fps di razza, si arricchisce di venature rpg, si rinvigorisce con meccaniche stealth che si esplicitano nella possibilità di sfruttare l'oscurità, si conclude con sfaccettature beat'em up. Le evidenti analogie a livello di pluralità di meccaniche di gioco potrebbero portare a un paragone con Breakdown (Namco, 2004). Nell'un caso e nell'altro, si mescolano molteplici stili, ma quelle che nel titolo Capcom sono fusioni artificiose, a tratti forzate, nel titolo Starbreeze avvengono in maniera armoniosa, trovando un giusto bilanciamento tra le parti. In Riddick non è rilevabile quell'intransigenza che contraddistingue i numerosi risvolti ludici del gameplay Namco, irremovibile nell'implementarli a reparti stagni, lasciando spazio ora alle fasi platform, ora a quelle shooter, in maniera tanto artificiosa quanto ripetitiva. Niente di tutto ciò. Riddick è un mix di generi non fine a se stesso, ma capace di reggere flessibilmente l'assetto del gameplay tenendolo strettamente ancorato su livelli decisamente alti.
Quelle che in Breakdown sono forzature, in Riddick formano un connubio perfetto, un legame imprescindibile per la costruzione della piccola perla videoludica creata dagli Starbreeze, dove la ripetitività, il deja-vu, la mancanza di colpi di scena, non sono stati nemmeno lontanamente contemplati e non trovano quindi posto. Riddick non è solo armato di tutto punto. La preclusione di potersi arrampicare o l'impossibilità di combattimenti corpo a corpo, relegano numerosi altri protagonisti di fps diversi gradini sotto il Vin Diesel degli Starbreeze. Forte non solo di una muscolatura sapientemente riprodotta, ma di nuove possibilità offerte dall'impianto ludico, l'eroe ha modo di mostrarci una varietà di situazioni disarmante e un'altrettanto disarmante numero di variabili per superare ogni passaggio. L'abbiamo detto, TCOR non è un semplice fps, è molto di più. Difficile, per quanto l'assenza di indicatori (se si accettua un velo azzurrognolo sullo schermo che indica il nostro status di non visibilità)possa essere ingannevole, non notare la filosofia stealth adottabile in numerose situazioni, dove la penombra in cui sono immerse le varie locazioni è più che un invito galante ad agire di soppiatto.
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