The Elder Scrolls IV: Shivering Isles
di
Pietro Puddu
In maniera alquanto elegante, Bethesda ha risolto il problema della corposa espansione ufficiale per il suo già monumentale Oblivion, schivando la necessità di integrare in maniera davvero organica i nuovi contenuti sia dal punto geografico, sia da quello del setting e della narrazione; la comparsa di un misterioso portale dimensionale nel bel mezzo della baia di Niven permette d'accedere al folle mondo parallelo di Demenza e Mania e alle tante quest inedite assegnate da personaggi privi del lume della ragione. La carta gettata sul tavolo è quella della follia, un jolly creativo che assicura atmosfere misteriose ed intriganti e che consente, al medesimo tempo, di giustificare intellettualmente missioni campate per aria su pretesti fumosi o trame poco lucide, totalmente slegate da quelle più complesse e convenzionalmente fantasy dell'esperienza di gioco principale.
Il merito più grande di Oblivion è senza dubbio la realizzazione di un ambiente vivo e pulsante in cui perdersi, tanto nell'esplorazione libera quanto nel perseguire una successione incalzante di sfide e obbiettivi; un mondo non solo pregno di opportunità di gioco, ma capace di regalare emozioni attraverso la sola contemplazione di ecosistemi boschivi, tramonti abbacinanti, rovine ancestrali arroccate su pendii scoscesi, cieli solcati da nubi in transito e cittadine popolose sedi di gilde ed esercizi commerciali.
L'immersione in una realtà così tangibile, estesa e a tutto tondo è riuscita a relegare su un piano meno significativo il deficitario approfondimento narrativo, il design delle missioni non sempre ispirato, le varie approssimazioni realizzative nel campo di intelligenza artificiale ed animazione, il livello di difficoltà modificabile in qualsiasi momento quasi alla stregua di una cheat mode lecito, il sistema di combattimento a tratti farraginoso e soprattutto il compromesso, ingannevole quanto portante, del livellamento automatico di ogni parametro di gioco al grado d'esperienza del personaggio utilizzato.
L'espansione porta ovviamente con sé tutte le peculiarità di Oblivion, riproponendone in al completo le limitazioni della formula di gioco, senza in effetti tentare di porvi rimedio, ma arricchendone i punti di forza. Le Shivering Isles costituiscono un microcosmo definito nei particolari, dallo stile più immaginifico e peculiare del consueto; i funghi proliferano, crescendo in maniera sproporzionata fino a stagliarsi contro il cielo o assiepandosi sui costoni rocciosi, piccoli e vagamente luminescenti al buio. Le architetture si fanno più ibride, dalle palafitte di legno costituenti il rifugio di eretici esiliati ai templi maestosi assimilabili alle costruzioni sacre delle civiltà precolombiane. La flora si arricchisce di una varietà frutti e fiori esotici, disponibili alla creazione di nuove tipologie di pozioni magiche, e rispecchia la doppia natura della locazione; un confine invisibile separa il versante nord-occidentale, rigoglioso d'alberi dalle chiome fluenti, salubre e solare, da quello sud-orientale, malsano, decadente, fatto di mangrovie intrecciate sul suolo paludoso e di rami spogli immersi nella nebbia. Ampliato a dovere il novero delle creature abitanti, frutto di un apprezzabile sforzo creativo sia nel bestiario che nelle figure antropomorfe; si comincia da un'imponente golem guardiano per passare a guerrieri scheletrici dalle sembianza di rettile, si prosegue con un'ostile tribù di esseri anfibi oltremodo coriacei a metà tra il mostro della palude e l'immaginario Lovecraftiano e con statuarie demonesse avvolte in armature di luce e tenebra.
E' la main quest a catturare subito le attenzioni del giocatore e a rappresentare, difatti, il principale movente ludico ed il filone narrativo meglio articolato di Shivering Isles; Lord Sheogorath, dio-sovrano della pazzia e come tale personaggio scostante e indecifrabile, affida al giocatore, prescelto tra tanti avventurieri da un fato dagli intenti per lo più ignoti, il compito decisivo di salvare il proprio regno dalla minaccia di pressanti e determinate forze esterne, che assumono di volta in volta i criptici nomi di Grigiamarcia, Jyggalag e Cavalieri dell'Ordine.
In linea di principio, è interessante notare come non si possa davvero parlare di una lotta tra bene e male, dato che nobiltà d'animo e moralità non hanno un allineamento così preciso, quanto di una sorta di equilibrio instabile tra ordine e caos, ying-yang alle fondamenta della struttura dell'universo di Oblivion.
In pratica, il tutto si traduce in una successione di incarichi abbastanza differenziati da non risultare ridondanti, il cui completamento passerà per l'esplorazione - in costante assetto di battaglia - di gran parte delle lande superficiali e del sottosuolo del regno, oltre che per l'indagine più relazionale e riflessiva nella capitale divisa tra i distretti di Bliss e New Sheoth.
I personaggi primari si distinguono favorevolmente per caratterizzazione, il che è un bel risultato se si considera il generico anonimato delle figure incontrate nel titolo originale; escludendo il già menzionato sovrano degli sbroccati e la sua natura spesso farneticante, non si può non pensare al fido ciambellano Haskill, assennato e cinico di fronte alle bizzarrie caratteriali di chi lo circonda, o al Duca di Mania e alla Duchessa di Demenza, perfetti rappresentanti dei cittadini e del tenore di vita delle due facce della capitale: l'uno ometto godereccio e chiacchierone, l'altra dama tenebrosa perduta nelle paranoie. Risultano invece meno interessanti i png accessori, di solito piatti nelle loro piccole fissazioni e stranezze, aventi la funzione di dispensatori di side-quest poco memorabili ma spesso alla base del ritrovamento dei nuovi item, armi ed armature; ad esempio, previa raccolta di particolari materiali e di rare matrici magiche, i fabbri del luogo potranno forgiare equipaggiamenti di notevole efficacia.
Complessivamente, Oblivion non si smentisce, e lascia anche in questa variante una sorta di desiderio inappagato; il tema della follia, che avrebbe potuto rappresentare il punto di partenza per un'indagine psicologica più sottile, per divagazioni disturbanti, inquietanti o lisergiche, finisce invece per fungere da cornice curiosa ma scanzonata e irrimediabilmente superficiale.
Il merito più grande di Oblivion è senza dubbio la realizzazione di un ambiente vivo e pulsante in cui perdersi, tanto nell'esplorazione libera quanto nel perseguire una successione incalzante di sfide e obbiettivi; un mondo non solo pregno di opportunità di gioco, ma capace di regalare emozioni attraverso la sola contemplazione di ecosistemi boschivi, tramonti abbacinanti, rovine ancestrali arroccate su pendii scoscesi, cieli solcati da nubi in transito e cittadine popolose sedi di gilde ed esercizi commerciali.
L'immersione in una realtà così tangibile, estesa e a tutto tondo è riuscita a relegare su un piano meno significativo il deficitario approfondimento narrativo, il design delle missioni non sempre ispirato, le varie approssimazioni realizzative nel campo di intelligenza artificiale ed animazione, il livello di difficoltà modificabile in qualsiasi momento quasi alla stregua di una cheat mode lecito, il sistema di combattimento a tratti farraginoso e soprattutto il compromesso, ingannevole quanto portante, del livellamento automatico di ogni parametro di gioco al grado d'esperienza del personaggio utilizzato.
L'espansione porta ovviamente con sé tutte le peculiarità di Oblivion, riproponendone in al completo le limitazioni della formula di gioco, senza in effetti tentare di porvi rimedio, ma arricchendone i punti di forza. Le Shivering Isles costituiscono un microcosmo definito nei particolari, dallo stile più immaginifico e peculiare del consueto; i funghi proliferano, crescendo in maniera sproporzionata fino a stagliarsi contro il cielo o assiepandosi sui costoni rocciosi, piccoli e vagamente luminescenti al buio. Le architetture si fanno più ibride, dalle palafitte di legno costituenti il rifugio di eretici esiliati ai templi maestosi assimilabili alle costruzioni sacre delle civiltà precolombiane. La flora si arricchisce di una varietà frutti e fiori esotici, disponibili alla creazione di nuove tipologie di pozioni magiche, e rispecchia la doppia natura della locazione; un confine invisibile separa il versante nord-occidentale, rigoglioso d'alberi dalle chiome fluenti, salubre e solare, da quello sud-orientale, malsano, decadente, fatto di mangrovie intrecciate sul suolo paludoso e di rami spogli immersi nella nebbia. Ampliato a dovere il novero delle creature abitanti, frutto di un apprezzabile sforzo creativo sia nel bestiario che nelle figure antropomorfe; si comincia da un'imponente golem guardiano per passare a guerrieri scheletrici dalle sembianza di rettile, si prosegue con un'ostile tribù di esseri anfibi oltremodo coriacei a metà tra il mostro della palude e l'immaginario Lovecraftiano e con statuarie demonesse avvolte in armature di luce e tenebra.
E' la main quest a catturare subito le attenzioni del giocatore e a rappresentare, difatti, il principale movente ludico ed il filone narrativo meglio articolato di Shivering Isles; Lord Sheogorath, dio-sovrano della pazzia e come tale personaggio scostante e indecifrabile, affida al giocatore, prescelto tra tanti avventurieri da un fato dagli intenti per lo più ignoti, il compito decisivo di salvare il proprio regno dalla minaccia di pressanti e determinate forze esterne, che assumono di volta in volta i criptici nomi di Grigiamarcia, Jyggalag e Cavalieri dell'Ordine.
In linea di principio, è interessante notare come non si possa davvero parlare di una lotta tra bene e male, dato che nobiltà d'animo e moralità non hanno un allineamento così preciso, quanto di una sorta di equilibrio instabile tra ordine e caos, ying-yang alle fondamenta della struttura dell'universo di Oblivion.
In pratica, il tutto si traduce in una successione di incarichi abbastanza differenziati da non risultare ridondanti, il cui completamento passerà per l'esplorazione - in costante assetto di battaglia - di gran parte delle lande superficiali e del sottosuolo del regno, oltre che per l'indagine più relazionale e riflessiva nella capitale divisa tra i distretti di Bliss e New Sheoth.
I personaggi primari si distinguono favorevolmente per caratterizzazione, il che è un bel risultato se si considera il generico anonimato delle figure incontrate nel titolo originale; escludendo il già menzionato sovrano degli sbroccati e la sua natura spesso farneticante, non si può non pensare al fido ciambellano Haskill, assennato e cinico di fronte alle bizzarrie caratteriali di chi lo circonda, o al Duca di Mania e alla Duchessa di Demenza, perfetti rappresentanti dei cittadini e del tenore di vita delle due facce della capitale: l'uno ometto godereccio e chiacchierone, l'altra dama tenebrosa perduta nelle paranoie. Risultano invece meno interessanti i png accessori, di solito piatti nelle loro piccole fissazioni e stranezze, aventi la funzione di dispensatori di side-quest poco memorabili ma spesso alla base del ritrovamento dei nuovi item, armi ed armature; ad esempio, previa raccolta di particolari materiali e di rare matrici magiche, i fabbri del luogo potranno forgiare equipaggiamenti di notevole efficacia.
Complessivamente, Oblivion non si smentisce, e lascia anche in questa variante una sorta di desiderio inappagato; il tema della follia, che avrebbe potuto rappresentare il punto di partenza per un'indagine psicologica più sottile, per divagazioni disturbanti, inquietanti o lisergiche, finisce invece per fungere da cornice curiosa ma scanzonata e irrimediabilmente superficiale.
The Elder Scrolls IV: Shivering Isles
7.5
Voto
Redazione
The Elder Scrolls IV: Shivering Isles
I giocatori rimasti imbrigliati nelle suggestioni di Oblivion tanto da desiderarne un'ulteriore dose da cavallo, troveranno in Shivering Isles pane per i loro denti; un reame parallelo da vivere e scoprire poco a poco, un filo narrativo intrigante intessuto di eventi bizzarri, sub-quest a volontà, creature nemiche riassortite con fantasia e una nutrita selezione di equipaggiamenti inediti costituiscono un contenuto aggiuntivo decisamente appagante per quantità e qualità.
E' anche vero che le variazioni rispetto alla formula di gioco originale sono letteralmente inesistenti; considerando che insieme agli aspetti vincenti si ripresentano immutate anche le note incertezze e limitazioni, l'interesse generato dal reiterare meccanismi già ampiamente sperimentati, per decine di ore supplementari, può risultare piuttosto ridimensionato.
E' anche vero che le variazioni rispetto alla formula di gioco originale sono letteralmente inesistenti; considerando che insieme agli aspetti vincenti si ripresentano immutate anche le note incertezze e limitazioni, l'interesse generato dal reiterare meccanismi già ampiamente sperimentati, per decine di ore supplementari, può risultare piuttosto ridimensionato.