The Witness

di Tommaso Alisonno
Ci sono giochi che puntano fortemente sulla storia e sull'ambientazione, applicando al contesto scelto delle soluzioni di gameplay più o meno tradizionali, e ci sono giochi che invece puntato tutto sul sistema in sé e per sé trascurando qualsiasi aspetto d'ambientazione: basti pensare alla differenza tra un war-game e il più classico dei solitari con le carte. Questo discorso generico é vero ovviamente anche se applicato ai videogiochi: probabilmente tutti abbiamo in mente almeno un titolo in cui la simulazione ci permette di “vestire” i panni del protagonista e altri in cui non dobbiamo fare altro che combinare tra loro gemme colorate su una griglia rettangolare.

In questa disanima The Witness sta probabilmente nel mezzo: il gioco concepito da Jonathan Blow é essenzialmente un Puzzle Game, dunque un gioco dalle meccaniche astratte, e pur non raccontando una storia nel senso classico del termine riesce a fondere i suoi enigmi con l'ambiente circostante in una maniera talmente fluida, logica e geniale da riuscire ad immergere il giocatore in una sospensione d'incredulità pressoché totale, in una sorta di “rottura al contrario” della quarta parete. Ma andiamo con ordine.



The Witness é ambientato in un'isola misteriosa in cui sembrano essersi succedute varie epoche: ciascuna ha lasciato dietro a sé rovine che le successive hanno riportato alla luce, e adesso offre scorci di civilità precolombiane, castelli medioevali e rinascimentali, villaggi bucolici, cantieri navali, palazzi orientali e altro ancora. Il tutto, come s'é detto, per la maggior parte in rovina, sostenuto da strutture ed impalcature moderne e arredato da occasionali mobili, divani e cuscini, come se un misterioso plutocrate avesse acquistato il tutto e l'avesse tramutato nel proprio angolo di paradiso in cui trascorrere le vacanze.

Non foss'altro che l'isola é completamente disabitata (eccezion fatta per alcune statue dall'aspetto umano che possono sembrare persone pietrificate): l'unico occupante sembra essere il protagonista del gioco, ossia una persona che non avremo mai il piacere di vedere se non per l'ombra che proietta al suolo. All'inizio del gioco ci troveremo (sì, perché come s'é detto é pressoché immediato immedesimarsi nel protagonista) all'interno di un tunnel buio, senza sapere come e perché ci siamo arrivati: l'unica cosa che potremo intuire é che in fondo al tunnel c'é una porta, e da quella si raggiunge l'isola in questione.



Ed é da questa porta che iniziano gli enigmi, i quali in perfetto stile XXI secolo si risolvono tutti incondizionatamente con l'ausilio di schermi touch. Nel gioco infatti avremo a disposizione soltanto i comandi di movimento e inquadratura, tra cui la corsa ma non il salto, più il tasto d'interazione e quello di annullamento. Sui vari schermi touch disseminati sulla superficie dell'isola sono presenti numerosissimi puzzle da risolvere semplicemente col sistema del “labirinto”: una volta individuato l'ingresso e l'uscita, saremo chiamati a collegare i due punti con una linea continua.

Semplicissimo? Sulla carta sì, indubbiamente: le cose però si complicano quando per tracciare detto percorso dovremo rispettare determinate regole, ubbidendo di fatto ai simboli che lo stesso puzzle riporta. Qualche esempio val più di mille parole. La maggior parte dei “labirinti” da superare sarà composta da griglie quadrettate senza muri di sorta: in alcuni di questi saranno presenti dei pallini neri, e lo scopo del puzzle sarà dunque quello di collegare l'ingresso e l'uscita con un percorso che tocchi tutti i pallini neri. In altri casi, i pallini saranno colorati e posizionati sopra alle “piazze” tra una strada e l'altro: in questo caso il nostro percorso dovrà dividere la griglia in “aree” in cui siano presenti pallini di un solo colore.

Ancora una volta, la descrizione degli enigmi qui riportata li fa sembrare oltremodo semplici, e la caratteristica fondamentale di The Witness, il quale prima di tutto é un esercizio mentale di logica, é per l'appunto il fatto di non presentare nulla di “difficile”; di fatto, quando le regole cominciano ad accumularsi e le chiavi di risoluzione non sono immediatamente visibili all'occhio, la “complessit” si moltiplica. E il cervello comincia a fumare.



La soluzione ad un enigma di The Witness non é infatti sempre visibile sull'enigma stesso: a volte va cercata nell'ambiente circostante, in un gioco di ombre, nella linea dell'orizzonte o attraverso un vetro – e vi abbiamo probabilmente dato già moltissimi aiuti. Gli enigmi sono per la maggior parte raggruppati per “similitudine” e ordinati per complessità crescente: la prima volta che accedete ad una zona troverete probabilmente un solo touchpad attivo, e risolvendo l'enigma si estenderà l'alimentazione al pannello successivo. Altre volte gli enigmi attivano porte, cancelli, ponti mobili, imbarcazioni o altri sistemi per permettere o precludere l'accesso ad ulteriori puzzle.

Se é vero che ciascuna zona é dunque in una certa misura lineare o presenta comunque dei percorsi ben definiti, così non é per l'ambiente in generale, il quale può tranquillamente essere definito un Open World: potrete vagare per l'isola liberamente – dopotutto non c'é nessun pericolo in agguato – addentrarvi in una zona, affrontare i primi enigmi cercando di padroneggiare la chiave di risoluzione e poi mettere da parte i più tosti mentre andate in cerca di un altro sistema, oppure soffermarvi a lungo in una singola area finché non avete raggiunto l'obiettivo finale da essa protetto. Lo scopo finale sarà ovviamente quello di venire a capo di tutte le zone, sbloccando in questo modo la zona finale, ma sparsi per l'isola ci saranno anche altri enigmi extra “fini a se stessi” la cui utilità lasciamo alla vostra scoperta.



Le realizzazione grafica del gioco é, così come di fatto il concept, allo stesso tempo minimale e incredibilmente ricca e affascinante: i modelli adottati non brillano infatti per complessità e anche le texture si appoggiano abbondantemente alla tinta-unita o a motivi basilari. E' però l'impatto globale ad essere affascinante: l'isola sembra uscita dalla punta di un pastello o di una tecnica ad acquerello, mentre le varie ambientazioni (foresta, villaggi, jungla di bambù, spiagge, deserti, cave, frutteti e altro ancora) si susseguono. Il sonoro, dal canto suo, rinuncia a qualsiasi musica di sottofondo per immergere il giocatore completamente nei suoni della natura, dei meccanismi degli enigmi e dei propri passi, lasciandolo dunque da solo in questo misterioso paradiso.

Dopo pochi minuti alle prese coi labirinti sui touch-panel e dopo che si é realizzato di trovarsi in un vero e proprio puzzle-game Open World, la perplessità sulla mancanza di una storia, foss'anche di pretesto, crolla come un castello di carte e l'unica vera motivazione per andare avanti é lo spirito di competizione, ossia la voglia di risolvere quei maledetti enigmi per vedere cosa arriverà “dopo”. E la quantità degli enigmi é certamente rimarchevole, sufficiente a tenere il giocatore concentrato per svariate ore (Jonathan Blow ha dichiarato che per completare il gioco al 100% con tutti gli obiettivi segreti potrebbero volercene ben 70).

The Witness riesce pertanto in tutti i suoi obiettivi: quello di essere il puzzle-game più vasto sul mercato, quello di ambientare il concept in un mondo aperto, quello di offrire una sfida stimolante a chiunque volesse mettere alla prova le proprie meningi. E, soprattutto, riesce nell'obiettivo di essere un bel gioco.

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