Tom Clancy's Ghost Recon Phantom

di Marco Modugno
La guerra del futuro sarà appannaggio dei camper! Potrebbe essere questo uno degli slogan di presentazione del nuovo FPS free to play online di Ubisoft. La tradizione del brand Ghost Recon, pioniera nel presentare gli ultimi ritrovati, a volte anche eccessivamente avveniristici, della tecnologia militare statunitense, é rispettata dall'imponente panoplia di gadget, che propone tanto hardware da fare invidia al celeberrimo dipartimento Q dell'MI6 dei romanzi di Ian Fleming. Non é però questo il primo aspetto del gioco che colpisce, non appena si ha l'occasione di cimentarsi con qualche partita di Phantoms dopo averne scaricato da Steam il corposo client. E' possibile, avendo letto i comunicati stampa che hanno accompagnato il rilascio della versione beta del gioco, prima dell'uscita definitiva, che gli sviluppatori, troppo concentrati sul look ipertecnologico dei soldati del futuro, protagonisti del gioco, si siano lasciati scappare quell'ultima indispensabile occhiata agli aspetti più strettamente legati al gameplay, ossia il bilanciamento delle classi di gioco e la topografia delle mappe.

Partiamo proprio dalle classi, per andare a parare là dove qualcuno di voi, che magari ha già avuto occasione di provare il gioco immagina. Tre é il numero della perfezione e tre sono le tipologie di combattente messe a nostra disposizione. Assalto, con il suo bravo fucile d'assalto pesante, vero uomo di punta, o se preferite un gergo più giocoruolistico, “tank” della squadra, Ricognizione, ovvero il cecchino, signore delle tecniche stealth, e Specialista, una sorta di geniere capace di gestire al meglio tutte le attrezzature tecniche di supporto in dotazione.



Il problema é che, vuoi per la disposizione degli ostacoli e delle postazioni di tiro nelle mappe, che regalano in parecchi casi campi lunghi per sparare dalla distanza, e vuoi per il potenziale letale delle armi di classe, la tentazione di lasciar perdere corse e sbalzi per rilassarsi sdraiati pancia a terra con un occhio al mirino, in attesa che qualche sprovveduto si ritrovi ad attraversare il collo di bottiglia che abbiamo deciso di tenere sotto tiro é fortissima. Ecco allora che capita di ritrovarsi in partite dove sette membri su otto di ciascuna squadra sono cecchini, e la velocità di gioco crolla a picco, trasformando quella che dovrebbe essere una vivace sparatoria in un tedioso e sporadico scambio a distanza di colpi di precisione in confronto al quale, assistere a una partita a scacchi tra un campione russo e uno ceco rischia di diventare il più divertente dei passatempi.

E' proprio sul gameplay, dunque, al di là del look ultrapatinato e ipertecnico che ha superato già da un pezzo il limite del fantascientifico, trasformando i nostri alter ego armati di fucile in qualcosa che somiglia molto più a un guerriero Helghast dell'ultimo Killzone che a un vero fante americano d'inizio Ventunesimo Secolo, che il gioco scivola in modo più vistoso. Anche il repertorio mappe, per fare un altro esempio, al di là dei nomi altisonanti, sciorina una discreta varietà di luoghi comuni tipici, dalla città abbandonata alla piattaforma petrolifera fino al bunker sotterraneo per sottomarini atomici. Mentre il sistema di controllo, ancorché decisamente intuitivo, si fonda un po' troppo (per i miei gusti) su dinamiche “corri e mettiti al coperto” alla Gears of War che, unite alla presenza di animazioni scriptate introdotte a volte d'arbitrio nella sequenza, rischiano talvolta di azzerare gli sforzi del giocatore di effettuare un avvicinamento cauto ad una posizione nemica, regalando involontariamente all'avversario delle magnifiche occasioni per un headshot. Infine il bilanciamento del matchmaking. Se é vero che il sistema sembra tenere sufficientemente presente, nel formare le squadre, il grado d'esperienza raggiunto dal singolo giocatore, é altrettanto vero che il neofita squattrinato, o purista, se si preferisce, indisponibile a spendere veri quattrini per potenziare fin da subito il proprio avatar virtuale, si ritroverà a diventare in fretta il giocattolo preferito di tutti quelli che, a colpi di carta di credito, abbiano trascorso qualche ora di connessione ad acquistare a mani basse armi, protezioni, miglioramenti e altri articoli tecnici che li renderanno se non invincibili, decisamente più competitivi di chi si accontenti della dotazione base.
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Il sistema di avanzamento con doppia valuta, una da conquistare lentamente sul campo e un'altra da accrescere a colpi di carta di credito, permette infatti ai più prodighi di scavalcare in fretta i più abili ma parsimoniosi, dato il ruolo preponderante assegnato dal gioco alle tecnologie militari innovative. E proprio in questo ambito, se già il franchise di Ghost Recon, in ossequio alla linea dettata dal compianto Tom Clancy, si é sempre distinto per la sua capacità di presentare in cospicuo anticipo le dotazioni dei soldati del futuro, stavolta il Rubicone della credibilità sembra essere stato varcato a marce forzate. Campi di forza che deflettono i colpi, barriere che rendono invisibili ai nemici e scudi antiproiettili invalicabili consentono anche a giocatori sotto la media di spedire nel mondo del respawn combattenti navigati ma meno propensi ad alimentare con le loro magre finanze i progressi nel gioco. Viene fatto di rimpiangere, proprio come accade ai veri veterani di guerra, i tempi andati quando da una parte si aveva in dotazione un Garand, o un mitra Thompson, e dall'altra un fucile Mauser ad azione singola, o al massimo un MP-40 e la differenza la facevano la freddezza e l'abilità del singolo combattente, senza tanti trucchetti.

Due le modalità di gioco, entrambe accessibili a squadre di un massimo di otto giocatori. Assalto e Conquista, entrambe improntate alla conquista di punti di controllo con la sola differenza che nel primo caso un team é attaccante e l'altro difensore, mentre nel secondo tutte e due le compagini attaccano e difendono contemporaneamente.

Tolto il gameplay, che in giochi del genere rappresenta, Counterstrike docet, la differenza tra un successo e un bel balocco patinato condannato in partenza alla disinstallazione precoce, resta la tecnica nuda e cruda. Su questo Phantoms supera l'esame alla grande, anche se i requisiti minini di hardware citati sul sito Ubi sembrano un poco ottimistici. Meglio pensare direttamente ad una RAM maggiorata e ad un processore quanto meno di fascia media, affidandoci per il resto alla velocità della connessione che, negli scontri online, costituisce spesso l'arma più importante dell'intera panoplia. Un decimo di secondo di lag lascia all'avversario la possibilità di spostarsi mentre noi stiamo ancora sparando dove si trovava prima, vanificando qualsiasi tecnica di tiro in movimento uno possa avere acquisito. L'impressione ricevuta dalla risposta dei server in questi giorni di test, comunque, non é stata cattiva e ferma rimanendo un'ancora ampia possibilità di miglioramento, attraverso la realizzazione di patch e aggiornamenti, peraltro già previsti anche sotto il punto di vista dei contenuti, via via che passa il tempo, si riesce a dire la propria in gioco anche se non si é dei campioni del genere. E' proprio in questo ambito, infatti, che gioca a favore dei meno esperti quell'impostazione un po' troppo camperistica di cui si diceva prima.



Phantoms, in conclusione, avrebbe potuto essere un giocone, capace di entusiasmare la compagine tutt'altro che esigua degli appassionati di giochi di guerra ipertecnologici. Lasciando fuori, nel contempo, chi invece predilige ancora oggi un approccio meno futuristico, ma più classico e, se vogliamo, basato sulla reale abilità del giocatore più che sulla sua capacità di acquistare in fretta i gadget più performanti e utilizzarli per primo. E' lampante, tuttavia, come la moltiplicazione di armi, equipaggiamenti e altri orpelli capaci di fare davvero la differenza sul campo costituisca la spinta motivazionale all'acquisto che gli addetti al marketing di Ubisoft hanno giudicato imprescindibile per la copertura finanziaria dell'investimento, in termini di sviluppo e distribuzione.

Ecco allora che il rimprovero non può né deve essere meramente ideologico, ossia puntare tutto sulla reprimenda nei confronti dell'implementazione di un catalogo pletorico di oggettistica alla James Bond, quanto piuttosto deve limitarsi a consigliare una revisione tempestiva e approfondita di mappe e bilanciamento classi, accompagnata magari ad un'occhiata al matchmaking, che impedisca il protrarsi di situazioni paradossali come quella di un debutto in squadra con amici, assegnandosi ciascuno la classe più gradita, ma comunque prevedendo la necessaria varietà, e ritrovandosi poi di fronte una squadra di cecchini bimbiminkia, inchiodati per tutta la durata alle loro garitte invisibili e imprendibili, capaci di trasformare la piacevolezza di una partita da lungo tempo organizzata in un incubo di pallottole sparate da distanza irraggiungibile che fanno sembrare la famigerata Ulica Zmaja od Bosne di Sarajevo (ribattezzata “sniper alley”) accogliente e tranquilla come una promenade parigina. Lo spazio e la possibilità di migliorare dove serve, rendendo l'esperienza più piacevole per tutti, e dunque più appetibile, c'é eccome. Aspettiamo fiduciosi un corposo quanto risolutorio aggiornamento, dunque.