Tombi Special Edition, recensione: un porting pigro di Limited Run
27 anni dopo Tombi torna su PlayStation, ma stavolta potevamo aspettarci di più.
Tombi è diventato negli anni un cult dell’industria videoludica. Per quanto all’epoca della release, nel 1997, abbia vissuto un periodo non florido e vendite non entusiasmanti, negli anni ha acquistato un alone di misticismo e di leggendarietà grazie anche alla sua scarsa reperibilità. Tra costi esorbitanti delle copie usate e il fallimento della software house, la Whoope Camp che chiuse dopo la release di Tombi 2, le avventure del ragazzo con i capelli rossa all’inseguimento dei maiali cattivi è diventato l’emblema della generazione degli anni ’90 cresciuta con la prima console PlayStation. Limited Run Games, editore indipendente che si sta specializzando nel ridare vita alle edizioni fisiche dei videogiochi oramai destinati a esistere solo in digitale, ha deciso di riportare in auge Tombi, fornendo a tutti un motivo in più per rivivere quell’esperienza, ma soprattutto la possibilità di aggirare l’irreperibilità del prodotto. L’aspetto negativo di tutta l’operazione è che Limited Run ha messo in piedi un lavoro estremamente pigro.
Tombi era un action platform con elementi GDR: una commistione di elementi in grado di accontentare tutti. Era figlio del suo tempo, quella fine degli anni Novanta in cui ancora mancavano le finezze stilistiche e di design dei videogiochi moderni: però all’epoca eravamo abituati agli hit box non proprio corretti, ai personaggi spigolosi che non riuscivano sempre ad aggrapparsi ai bordi delle piattaforme, a un gameplay legnoso. Oggi non lo siamo più. Ed è il motivo per cui quando abbiamo avuto tra le mani la N’Sane Trilogy di Crash Bandicoot ci siamo resi conto che il primo capitolo, il più vecchio e legnoso, aveva ricevuto alcune modifiche atte a evitare la farraginosità del gameplay. Per Tombi questo non è successo e Limited Run Games ha praticamente tenuto il medesimo gioco per questo porting, perché di questo si tratta, a tutti gli effetti.
Sono rimasti gli errori di traduzione in italiano – da qui il consiglio di giocarci esclusivamente in inglese, tra l’altro molto comprensibile – e purtroppo sono stati aggiunti dei bug inaspettati: su Switch sembra essere impossibile finire il gioco per un crash durante la boss battle finale, mentre su PlayStation ci si è dimenticati del trigger di un trofeo, che impedisce quindi di ottenere il Platino. A parte qualche glitch grafico, presente già nella versione originale e qui riproposta, l’aspetto più dissacrante è legato all’aver mantenuto gli stessi caricamenti dell’epoca: PlayStation doveva avere il tempo di leggere il disco, ma stavolta trattandosi di un codice digitale non ci dovrebbe essere l’esigenza di una schermata di Loading o del fade to black per accedere e uscire dai menù. Una lungaggine che non ci saremmo aspettati su PlayStation 5.
È indubbio, però, che Limited Run Games ha lavorato anche in funzione di migliorare la quality of life del prodotto, aggiungendo degli aspetti che ricordano molto quelle feature da emulatore che d’altronde ci avevano permesso di giocare a Tombi in libertà in questi quasi trent’anni. La prima riguarda il salvataggio manuale, che può essere richiamato con la pressione del dorsale destro: dimenticatevi, quindi, il terrore del dover reperire i cartelli disseminati nel corso dell’avventura per poter scongiurare la perdita di tutti i vostri progressi. Sempre in favore dell’accessibilità arriva in nostro soccorso la possibilità di riavvolgere il gioco, proprio come accade in Prince of Persia o più banalmente in Forza Motorsport: non si tratta di un riavvolgi a mo’ di nastro, ma ci verrà dato l’accesso a una sequenza di frame grazie alla quale poter selezionare da quale ripartire, così da ricaricare la partita con grande tempestività. Vi assicuriamo che in alcune sessioni di gioco, come ad esempio la Cava, dove il rischio di cadere è costante proprio per quelle legnosità di cui parlavamo poc’anzi, questa feature diventa più che preziosa.
Per il resto, l’approccio grafico è rimasto lo stesso, con la sola aggiunta di un filtro, del tutto opzionale, che permette di replicare l’effetto del tubo catodico di un tempo, così da riassaporare il gusto retrò dei videogiochi. È chiaro che l’intenzione di Limited Run sia lodevole, ma dinanzi al fatto che sia stata prodotta un’edizione limitata venduta a cifre non tanto contenute è chiaro che il fianco viene esposto alle nostre critiche.