Total War: Warhammer 2
Total War è una garanzia nel mondo degli strategici a turni che ha accompagnato diverse ore della nostra vita con campagne di dominazione, battaglie interminabili e una serie diversificata di eserciti pronti a mettere in campo le proprie risorse per vincere la guerra.
La connotazione puramente storica ha seguito la produzione di numerosi titoli di successo, arrivando poi a un momento dove il format (legato a una campagna sandbox totalmente libera) è stato trasformato in una campagna avente una propria storia epica, condotta dai protagonisti dell’universo fantasy creato da Games Workshop.
Total War Warhammer è stato il primo titolo a slegare il collante che aveva caratterizzato il brand per tanto tempo, andando così a sondare un terreno inesplorato difficile da concretizzare in un titolo strategico a turni.
“Il Chaos è in procinto di avanzare dal freddo Nord per distruggere il mondo. A te, sire, il compito di fermare l’avanzata di Archaon nel mondo dei mortali”. Così iniziava la nostra avventura nel primo Warhammer e così, con premesse più che buone, iniziavamo a seguire una storia che almeno cercava di allontanarci (in parte) dalla semplice campagna di dominazione.
Questo secondo capitolo fa principalmente la stessa cosa, dando vita a una campagna chiamata Eye of the Vortex dove gli eserciti sono chiamati a compiere dei rituali per assumere il controllo di questo potente vortice della magia. Avete fame di gloria?
L’Arte del Buon Generale
La conquista del vortice della magia rappresenta un obiettivo difficile da raggiungere, soprattutto con l’avanzare dei turni e delle condizioni geopolitiche pronte a modificare il territorio intorno a noi. Spalmati su quattro grosse isole, i popoli pronti a darsi battaglia in questa prima release del gioco sono sostanzialmente quattro: Alti Elfi, Uomini Lucertola, Elfi Oscuri e Skaven.
Ogni fazione viene accompagnata da punti di forza e debolezza, come ogni Total War ci insegna, ed è proprio il buon generale a doverne calcolare bene l’influenza sull’intera campagna al fine di uscirne vittoriosi. Per ottenere la win condition sugli avversari è importante ottenere un numero prestabilito di risorse particolari (Antiche Piastre, Frammenti di Pietravia, Warpietre o Pergamene degli Hekarti), che potranno essere rinvenute conquistando e mantenendo gli insediamenti, ma parliamo di una piccola parte, oppure ultimando le diverse side-quest che il gioco è pronto a offrirci.
La curva di difficoltà sale a seconda dei turni spesi, anche se lo scoglio più doloroso lo si incontra durante l’attivazione dei rituali (cinque in tutto). Incanalando le potenti correnti della magia, la fazione in nostro possesso ottiene il potere di controllare parte del vortice, ma apre al tempo stesso una breccia tra il mondo reale e quello demoniaco del chaos. Tre insediamenti precisi, trascritti sulla pergamena della missione e scelti dal gioco sempre limitrofi alla capitale, vengono presi di mira da eserciti imponenti e inarrestabili, pronti a tutto per distruggerli e interrompere il rituale. La stessa cosa può farla una fazione avversaria, o noi stessi, pagando tre diversi tributi al fine di creare un esercito d’intervento capace di seguire le stesse mire dell’esercito del chaos.
A tutti gli effetti Creative Assembly ha voluto dividere la campagna in più fasi: una votata primariamente all’espansione, utile a farmare risorse e denaro, quella di mezzo votata al controllo e al completamento delle varie side-quest e l’ultima, la più difficile, quella di non allontanarsi troppo dalla capitale al fine di non rimanere scoperti ad attacchi di sorpresa. Se ricordate bene le dinamiche legate al titolo, allora vi ricorderete che mantenere più eserciti può pesare diabolicamente sull’intera economia della fazione, dando quindi spazio a veri e propri blocchi d’espansione da cui è veramente difficile venir fuori.
Ogni difficoltà scelta a inizio gioco imposta un livello di “cattiveria” differente ai nostri nemici, che si ripercuote anche sui rapporti diplomatici che tentiamo di stipulare durante il corso della campagna. Non dimenticate che tutti sono amici per necessità, ma pochi vi resteranno fedeli fino alla fine. La parte di gestione commerciale e politica si è rivelata particolarmente divertente da sviscerare, soprattutto quando si comincia a capire bene la maggior parte delle micro-economie presenti nel titolo.
Ad Ognuno il Suo
La scelta dell’esercito con cui iniziare la campagna rappresenta sempre un momento particolare per il giocatore di Total War. Ogni fazione presenta dei punti di forza interessanti, che vanno però a cozzare con altre debolezze da non ignorare, soprattutto se si vuole cercare di sopravvivere qualche turno in più in balia degli eventi del mondo.
I lucenti Alti Elfi si presentano subito bene, grazie a una risorsa molto particolare da sfruttare in gioco, chiamata Influenza. Quest’ultima permette principalmente alla fazione di reclutare Lord, o Eroi, con tratti più forti all’interno degli edifici dedicati, ma la parte più interessante avviene nel pannello dedicato, dove è possibile spendere punti per migliorare o peggiorare le relazioni tra i popoli del mondo, magari orchestrando particolari macchinazioni o inganni. Spendere poca influenza equivale spesso a rinunciare a grossi vantaggi nel reclutamento, motivo che spinge spesso a rinunciare in cambio di premi tradotti in maggiore ordine pubblico, oggetti magici o altro.
Uno dei tratti distintivi più utili degli elfi è la loro arte dello spionaggio, dato che stipulare un accordo commerciale con un altro popolo permette di vederne i territori anche se non esplorati dalle nostre unità. È un vantaggio molto utile da sfruttare, soprattutto nelle fasi avanzate, perché ci fornisce una chiara direzione dei luoghi più propensi alle nostre mire espansionistiche.
Se da un lato Tyrion permette al giocatore di iniziare nella ridente regione di Lothern, Teclis invece ci rende tutto più difficile facendo iniziare la campagna nell’arcipelago roccioso composto dalle Isole delle Tartarughe.
La vera forza degli Alti Elfi viene dal commercio e sviluppare il ramo tecnologico verso l’economia aiuterà ancora di più la fazione a non subire il peso del mantenimento legato alle truppe. Come ogni moneta ha la doppia faccia della medaglia, nel Nuovo Mondo di Warhammer fanno capolino anche gli Elfi Oscuri guidati dal principe Malekith e da sua madre Morathi, i quali impostano il gioco su un ritmo molto più serrato che include l’acquisizione di schiavi alla fine di ogni scontro effettuato con successo.
Questa moneta di scambio serve a mantenere i propri insediamenti, producendo una forza lavoro vitale che può essere anche sfruttata per ottenere maggiori introiti economici. Quando parliamo di ritmo serrato, ci rivolgiamo maggiormente al reclutamento dei Lord e delle truppe, che negli Elfi Oscuri vantano una caratteristica unica (chiamata Lealtà) che va lentamente esaurendosi qualora l’esercito non scenda frequentemente in battaglia.
Se Malekith nei territori del freddo costone di Naggarond può muoversi con una certa libertà, dall’altro Morathi soffre la vicinanza dei Picchi di Ossidiana, circondate ai confini da clan elfici rivali pronti a darci subito filo da torcere già dai primi turni. Un altro punto di forza degli elfi oscuri riguarda la costruzione delle Arche Nere, ovvero gigantesche navi che funzionano come degli insediamenti ambulanti, capaci di reclutare e mantenere eserciti spostandoli letteralmente come una grossa città oscura galleggiante.
Diciamo che gli Elfi Oscuri, insieme agli Skaven, impostano un gioco simile a quello dei Conti Vampiro nel primo capitolo, dove la possibilità di tenere per diversi turni un insediamento corrompe il territorio circostante, provocando lo status logoramento a coloro che vorranno invadere le nostre terre conquistate col sangue e la spada.
Solcando l’onda dei popoli notoriamente malvagi, possiamo passare agli Skaven, creature ostili abili nella costruzione di gallerie sotterranee da cui attuare infide imboscate agli eserciti che ci camminano sopra. L’aspetto più interessante della fazione è quello degli insediamenti nascosti, ovvero la capacità di far apparire agli avversari l’insediamento come una rovina pronta per essere conquistata o esplorata al fine di trovare dei tesori (altra nuova meccanica).
Questa qualità permette agli Skaven di muoversi quasi indisturbati, dando non poco filo da torcere ai popoli limitrofi che subiscono, lentamente, la corruzione caotica legata alla loro presenza. Giocare con gli Skaven risulta divertente e soddisfacente, specialmente assoldando unità diversificate e sempre più forti, anche se sul late game abbiamo notato una specifica difficoltà nel tener testa a unità parallele, per potenza, ma più ostiche da battere.
Come gli elfi oscuri tale contaminazione, insieme agli scontri, permette di accumulare Cibo, una valuta utile che può essere utilizzata in varie sedi: durante la conquista di un insediamento permette di farne salire il livello del centro città, mentre durante le battaglie permette di reclutare unità di fanteria extra (di quelle base). Entrare in conflitto più spesso garantisce una scorta di cibo degna di nota, ma evitate di svuotare le riserve in vostro possesso, perché altrimenti tale moneta vi si ritorcerà contro trasformandosi in un malus pesante da digerire.
Può dirsi conclusa la disamina sugli eserciti parlando degli Uomini Lucertola, esseri serpeggianti devoti all’unico loro sovrano Mazdamundi, uno degli ultimi Slann del loro popolo. Oltre a poter sviluppare una particolare rete geomantica, capace di incrementare i decreti stipulati alla conquista di una regione, presentano anche la possibilità di seguire i loro istinti primordiali, una debolezza che purtroppo li spinge a perdere il controllo attaccando il nemico più vicino a loro. In questo caso, soprattutto seguendo da vicino le battaglie in tempo reale, è doveroso far scendere in campo Lord con un forte grado di disciplina.
Chiaramente questa analisi sviscera soltanto una parte dell’anima imponente legata al gameplay del titolo, che affonda le proprie radici nel gioco di miniature creato da Games Workshop al fine di riportarle in vita grazie all’ottimo titolo strategico che ci troviamo quest’oggi a giocare.
La Guerra vista da Vicino
Il simposio appena svoltosi dedicato alle caratteristiche, non nel dettaglio, delle fazioni a disposizione può chiudersi cambiando la focale del microscopio con cui stiamo analizzando l’ultima opera di Creative Assembly. La macro-gestione dedicata alla campagna ci permette quindi di operare le nostre conquiste in lungo e in largo, facendo attenzione non solo a rinforzare il proprio centro, ma anche a scegliere con il senno di poi i territori più “adeguati” dove installare una propria guarnigione di soldati.
Al posto degli insediamenti non conquistabili, che avevamo visto nel precedente capitolo, gli sviluppatori hanno pensato bene di inserire i climi, paradossalmente una scusa ruolistica che ci indica che un territorio può essere conquistato, portandosi però con sé una serie di malus tradotti in corruzione o mancanza di ordine pubblico.
A questo dettaglio si aggiungono interessanti extra, come la presenza di tesori sparsi nelle acque oceaniche circostanti (se ci finite sopra, vi danno un premio in denaro o in oggetti magici) insieme a condizioni climatiche avverse che potranno far affondare le nostre navi o rendere i nostri viaggi decisamente “burrascosi”.
Oltre al filone principale della storia esistono tante side-quest utili a darci uno scopo extra, oltre che a farci conquistare più frammenti utili a compiere il rituale, che potranno sfociare in particolari battaglie in tempo reale particolarmente ricche di pathos. Restando nel tema delle battaglie non ci è stato possibile testare quelle online, mentre quelle disputate contro l’IA si sono trasformate spesso in interessanti, ma leggermente scevri di quella diversità di ambientazioni che avremmo voluto dopo la prova sul primo capitolo della serie Warhammer.