Tropico 3
di
Marco Modugno
Augusto Pinochet, Antonio Salazar, Anastasio Somoza, Manuel Noriega, “Papa Doc” Duvalier, Ernesto “Che” Guevara, Fidel Castro. Questa lista, che non stonerebbe se affissa in un'aula di un Tribunale per la difesa dei Diritti Umani internazionale, costituisce invece il menu “a la càrte” del terzo capitolo di Tropico. A chi conosce la storia centro e sud americana del Ventesimo Secolo, viene fatto di pensare che perfino i fieri corsari del secondo episodio della serie debbano sentirsi come educande di un collegio svizzero, a paragone di una simile accozzaglia di rigurgiti delle peggiori dittature che la storia latino-americana conosca o abbia conosciuto nel suo passato prossimo. Se a qualcuno fosse saltato in testa di sviluppare un gioco gestionale che consentisse di vestire la camicia bruna di Hitler, o di sfoggiare i baffoni di Stalin, in Europa e nel mondo intero si sarebbe sollevata una mozione popolare unanime. Evidentemente, invece, qualcuno ha trovato assai divertente buttare sullo scherzo e addirittura trasformare in simpatiche macchiette un plotone di dittatori con le mani lorde del sangue di migliaia (se non di più) dei loro connazionali.
Con buona pace dei poveri “balzeros” cubani, delle vittime delle atrocità dei “tonton macoute” haitiani, o dei “desaparecidos” argentini e cileni.
Intendiamoci. Sono tempi strani, i nostri, nei quali tra i giochi più ganzi del momento figurano titoli dove ci s'immedesima in mafiosi o serial killer, o dove perfino l'isola felice del fantasy viene violata da una pioggia di sangue degna di un film del maestro Dario Argento, che finisce per imbrattare perfino l'armatura del cavaliere sino a quel momento senza macchia. Nulla di strano, quindi, che si decida di farsi qualche sana sghignazzata alla faccia di chi, per colpa di uno dei “galantuomini” sopra elencati (la lista non é completa...), ha perso familiari, amici, conoscenti o beni di proprietà. Di questo passo, però, aspettiamoci prima o poi un simulatore ferroviario della rete tedesca degli anni Quaranta dove viaggino anche i treni piombati diretti agli Stalag, o un capitolo di Call of Duty che ci veda nei panni di uno khmer rosso intento a fucilare maestrine e monache cattoliche nella Cambogia degli anni Settanta.
Premesso quindi che eviterò di unirmi alle risate del team bulgaro Haemimont e di quanti siano convinti che una sessione di tortura della polizia segreta o un plotone d'esecuzione siano meno tragici se accompagnati da una rumba e baciati dal sole dei tropici, é corretto che svolga il mio lavoro di recensore in modo il più possibile asettico, provvedendo ad esaminare gli aspetti squisitamente tecnici del gioco e giudicandolo, voto incluso, in base ad essi.
Lo abbiamo accennato, Tropico 3 é un gioco gestionale, il che, come presupposto, non si sposa solitamente un granché con l'uso di un gamepad che sostituisca mouse e tastiera a disposizione di chi possiede la versione per PC. La versione per Xbox 360 (non prevista una per PS3) del titolo, quindi, lascia per strada mezzo punto del voto finale proprio in virtù della difficoltà di affrontare un simulatore di questo genere senza un sistema di controllo adeguato.
Ciò non toglie, una volta superate le riserve di cui sopra, alla sua capacità d'intrattenere e di lasciarsi giocare, visto l'equilibrio tra aspetti economico-manageriali e politici del gameplay.
Nei panni del dittatore di un'isola sudamericana, impegnato nelle 15, e per nulla facili missioni della campagna single-player, dovrete cimentarvi con obiettivi di natura diversa (realizzare un certo livello di costruzione, produrre ed esportare un dato quantitativo di merce, durare al potere un certo numero di anni senza finire a fumare l'ultima sigaretta di fronte allo stesso muro dinanzi al quale avete regolato i conti con i vostri avversari, ecc.) e di difficoltà sempre crescente.
La curva d'apprendimento piuttosto impervia, per nulla agevolata dalla presenza di un tutorial solo abbozzato che si concentra più sulla gestione della telecamera che sugli aspetti gestionali veri e propri, non rende la vita facile a chi non ha maturato una sufficiente esperienza con titoli del genere, e la presenza di un aspetto politico piuttosto rilevante (é questa la novità più piacevole del gioco) costringerà anche a chi mangia pane e gestionali ad impegnarsi a fondo, superate le prime missioni. Lo scenario storico, infatti, é quello dell'epoca della Guerra Fredda ed il vostro alter-ego con sigaro e cinturone (a meno che non preferiate i tailleur castigati di Evita o le uniformi barocche di Duvalier) dovrà imparare in fretta a barcamenarsi tra le opposizioni interne di nazionalisti e rivoluzionari e il favore delle fazioni, dagli intellettuali agli industriali. Scegliendo di volta in volta l'approccio politico più o meno duro da tenere, il livello degli stipendi e dei fitti statali, quello d'ingerenza delle forze armate o quello di corruzione con la quale, magari, pagare i criminali perché non rapiscano troppi turisti facendo precipitare l'afflusso di moneta forte dall'estero. E' sempre presente, comunque, l'ingerenza di URSS e USA che arriveranno fino alla minaccia di un'invasione, se necessario, assieme a tante altre sfaccettature della vita quotidiana di un dittatore, inclusi i discorsi pubblici e il trasferimento di danaro sottratto alle case pubbliche nei conti cifrati in Svizzera.
La formula di gameplay, dunque, al di là di una certa osticità, risulta gradevole e variegata. Sarebbe stato opportuno spiegare meglio al giocatore come fare, ma siamo certi che su Internet sarà possibile reperire, magari su qualche forum dedicato, i suggerimenti e le spiegazioni del caso.
Nota positiva per il comparto tecnico. Quanto alla grafica c'é poco da dire. Da un gestionale non ci si aspettano texture da mille e una notte e un frame rate frantuma processore. In Tropico 3 c'é tutto quel che serve, ossia una palette di colori ben strutturata, ambientazioni pulite, un ottimo livello di dettaglio e un sistema di gestione delle telecamere che si avvantaggia, quello sì, degli stick del gamepad risultando estremamente intuitivo. Promozione a voti pieni, dunque, e questo può applicarsi anche alla componente sonora, forte di una colonna musicale di genere che vi accompagnerà per tutta la trama con vivacità e allegria. Se non amate la musica latina, l'urto di nervi potrebbe arrivare in fretta (ma potete sempre neutralizzare le musiche lasciando spazio ai soli effetti sonori e dialoghi). In tutti gli altri casi, l'apprezzerete, assieme all'apporto narrativo di DJ Juanito, improbabile ed esilarante speaker ufficiale della “revoluciòn”, che funge da voce narrante durante lo svolgersi degli eventi.
Alla trama in 15 missioni, in ogni caso, si aggiunge una modalità sandbox che darà spazio a quanti non lasciano un gioco se prima non hanno provato proprio tutto, e un editor abbastanza sfaccettato da consentire la creazione di scenari personalizzati quasi di ogni genere (condivisibili in rete, assieme alle vostre statistiche personali).
La varietà offerta concede al gioco una longevità sufficiente anche in assenza di un vero e proprio multiplayer competitivo e perfino la gamma di obiettivi premianti presente sembra concepita allo scopo di tenervi incollati al pad il più a lungo possibile, nel tentativo di realizzarne il maggior numero possibile.
Un buon gioco, in definitiva, anche se penalizzato da un a difficoltà un po' troppo marcata fin dall'inizio, e poco assistita dalle istruzioni. Tanto meglio per gli appassionati di gestionali che amano le sfide, ma quanto ai neofiti del genere, suggerisco la massima prudenza, e magari una prova preventiva, prima di decidere l'acquisto.
Con buona pace dei poveri “balzeros” cubani, delle vittime delle atrocità dei “tonton macoute” haitiani, o dei “desaparecidos” argentini e cileni.
Intendiamoci. Sono tempi strani, i nostri, nei quali tra i giochi più ganzi del momento figurano titoli dove ci s'immedesima in mafiosi o serial killer, o dove perfino l'isola felice del fantasy viene violata da una pioggia di sangue degna di un film del maestro Dario Argento, che finisce per imbrattare perfino l'armatura del cavaliere sino a quel momento senza macchia. Nulla di strano, quindi, che si decida di farsi qualche sana sghignazzata alla faccia di chi, per colpa di uno dei “galantuomini” sopra elencati (la lista non é completa...), ha perso familiari, amici, conoscenti o beni di proprietà. Di questo passo, però, aspettiamoci prima o poi un simulatore ferroviario della rete tedesca degli anni Quaranta dove viaggino anche i treni piombati diretti agli Stalag, o un capitolo di Call of Duty che ci veda nei panni di uno khmer rosso intento a fucilare maestrine e monache cattoliche nella Cambogia degli anni Settanta.
Premesso quindi che eviterò di unirmi alle risate del team bulgaro Haemimont e di quanti siano convinti che una sessione di tortura della polizia segreta o un plotone d'esecuzione siano meno tragici se accompagnati da una rumba e baciati dal sole dei tropici, é corretto che svolga il mio lavoro di recensore in modo il più possibile asettico, provvedendo ad esaminare gli aspetti squisitamente tecnici del gioco e giudicandolo, voto incluso, in base ad essi.
Lo abbiamo accennato, Tropico 3 é un gioco gestionale, il che, come presupposto, non si sposa solitamente un granché con l'uso di un gamepad che sostituisca mouse e tastiera a disposizione di chi possiede la versione per PC. La versione per Xbox 360 (non prevista una per PS3) del titolo, quindi, lascia per strada mezzo punto del voto finale proprio in virtù della difficoltà di affrontare un simulatore di questo genere senza un sistema di controllo adeguato.
Ciò non toglie, una volta superate le riserve di cui sopra, alla sua capacità d'intrattenere e di lasciarsi giocare, visto l'equilibrio tra aspetti economico-manageriali e politici del gameplay.
Nei panni del dittatore di un'isola sudamericana, impegnato nelle 15, e per nulla facili missioni della campagna single-player, dovrete cimentarvi con obiettivi di natura diversa (realizzare un certo livello di costruzione, produrre ed esportare un dato quantitativo di merce, durare al potere un certo numero di anni senza finire a fumare l'ultima sigaretta di fronte allo stesso muro dinanzi al quale avete regolato i conti con i vostri avversari, ecc.) e di difficoltà sempre crescente.
La curva d'apprendimento piuttosto impervia, per nulla agevolata dalla presenza di un tutorial solo abbozzato che si concentra più sulla gestione della telecamera che sugli aspetti gestionali veri e propri, non rende la vita facile a chi non ha maturato una sufficiente esperienza con titoli del genere, e la presenza di un aspetto politico piuttosto rilevante (é questa la novità più piacevole del gioco) costringerà anche a chi mangia pane e gestionali ad impegnarsi a fondo, superate le prime missioni. Lo scenario storico, infatti, é quello dell'epoca della Guerra Fredda ed il vostro alter-ego con sigaro e cinturone (a meno che non preferiate i tailleur castigati di Evita o le uniformi barocche di Duvalier) dovrà imparare in fretta a barcamenarsi tra le opposizioni interne di nazionalisti e rivoluzionari e il favore delle fazioni, dagli intellettuali agli industriali. Scegliendo di volta in volta l'approccio politico più o meno duro da tenere, il livello degli stipendi e dei fitti statali, quello d'ingerenza delle forze armate o quello di corruzione con la quale, magari, pagare i criminali perché non rapiscano troppi turisti facendo precipitare l'afflusso di moneta forte dall'estero. E' sempre presente, comunque, l'ingerenza di URSS e USA che arriveranno fino alla minaccia di un'invasione, se necessario, assieme a tante altre sfaccettature della vita quotidiana di un dittatore, inclusi i discorsi pubblici e il trasferimento di danaro sottratto alle case pubbliche nei conti cifrati in Svizzera.
La formula di gameplay, dunque, al di là di una certa osticità, risulta gradevole e variegata. Sarebbe stato opportuno spiegare meglio al giocatore come fare, ma siamo certi che su Internet sarà possibile reperire, magari su qualche forum dedicato, i suggerimenti e le spiegazioni del caso.
Nota positiva per il comparto tecnico. Quanto alla grafica c'é poco da dire. Da un gestionale non ci si aspettano texture da mille e una notte e un frame rate frantuma processore. In Tropico 3 c'é tutto quel che serve, ossia una palette di colori ben strutturata, ambientazioni pulite, un ottimo livello di dettaglio e un sistema di gestione delle telecamere che si avvantaggia, quello sì, degli stick del gamepad risultando estremamente intuitivo. Promozione a voti pieni, dunque, e questo può applicarsi anche alla componente sonora, forte di una colonna musicale di genere che vi accompagnerà per tutta la trama con vivacità e allegria. Se non amate la musica latina, l'urto di nervi potrebbe arrivare in fretta (ma potete sempre neutralizzare le musiche lasciando spazio ai soli effetti sonori e dialoghi). In tutti gli altri casi, l'apprezzerete, assieme all'apporto narrativo di DJ Juanito, improbabile ed esilarante speaker ufficiale della “revoluciòn”, che funge da voce narrante durante lo svolgersi degli eventi.
Alla trama in 15 missioni, in ogni caso, si aggiunge una modalità sandbox che darà spazio a quanti non lasciano un gioco se prima non hanno provato proprio tutto, e un editor abbastanza sfaccettato da consentire la creazione di scenari personalizzati quasi di ogni genere (condivisibili in rete, assieme alle vostre statistiche personali).
La varietà offerta concede al gioco una longevità sufficiente anche in assenza di un vero e proprio multiplayer competitivo e perfino la gamma di obiettivi premianti presente sembra concepita allo scopo di tenervi incollati al pad il più a lungo possibile, nel tentativo di realizzarne il maggior numero possibile.
Un buon gioco, in definitiva, anche se penalizzato da un a difficoltà un po' troppo marcata fin dall'inizio, e poco assistita dalle istruzioni. Tanto meglio per gli appassionati di gestionali che amano le sfide, ma quanto ai neofiti del genere, suggerisco la massima prudenza, e magari una prova preventiva, prima di decidere l'acquisto.
Tropico 3
7
Voto
Redazione
Tropico 3
Tropico 3 é un gioco piacevole. Forse un po' troppo impervio per la media dei giocatori per meritarsi un aggettivo migliore. Però rappresenta una delle poche mosche bianche nel poco affollato panorama dei gestionali per Xbox 360, e allora... merita una prova! Resta qualche perplessità sul dubbio gusto di consentire al giocatore d'impersonare come alter ego un dittatore del passato recente sudamericano. Vista la nazionalità bulgara degli sviluppatori, sarebbe stato lecito attendersi un po' più di sensibilità sul tema. O no? Pensare che ci si scandalizzava, qualche mese fa, per un gioco che avrebbe dovuto ricostruire la battaglia di Fallujah dal punto di vista dell'esercito americano. Salvo poi scrollare le spalle di fronte a questo sia pur ironico simulatore di dittatura.