Turbo Kid, il metroidvania post-apocalittico su licenza – Recensione PC
La recensione dell’action-adventure 8-bit di Outerminds, un arduo e cruento viaggio per lande desolate ispirate all’omonima pellicola del 2015
Prima che un videogioco, Turbo Kid è una serie di fumetti, da cui è stato tratto persino un film prequel. L’indie di Outerminds prende piede proprio dopo la conclusione di questa pellicola (decisamente low budget, ma piuttosto carina se volete buttare un’ora e mezza con un B-movie e farvi quattro risate tra gore a caso e inseguimenti in bicicletta), con Turbo Kid in viaggio attraverso le terre brulle del futuro post-apocalittico alla Mad Max che tanto andava in voga negli anni ‘80.
Si atteggerà pure a supereroe, ma il nostro protagonista è poco più di un ragazzo in tuta colorata, e dopo essersi sfracellato con la sua fida bici nella sequenza d’apertura finisce malmenato e derubato dai bruti locali. Viene salvato in calcio d’angolo da Naomi, una ragazza del vicino borgo di New Hope, che si offre di aiutarlo ad abbandonare l’area in cambio di una mano con le minacce limitrofe, tra gang di tossici, droni impazziti e culti di invasati.
Recuperata la sua attrezzatura, ovvero BMX (principale mezzo di locomozione), machete e Turbo Glove (un blaster alla Mega Man che tanto ricorda il Power Glove per NES) Turbo Kid si mette in marcia alla ricerca delle quattro chiavi elettroniche che bloccano l’uscita dal mondo di gioco e sono custodite nei suoi recessi da pericolosi boss. L’ambientazione è di sicuro rinfrescante per gli standard del genere e propone i classici scenari che siamo soliti aspettarci dai panorami post-apocalittici del filone, come discariche, centri commerciali abbandonati, fogne, ma con quella verve futuristica e “a basso costo” tipiche del franchise, dalla presenza di robot e strumentazione hi-tech agli immancabili centauri di turno trasformati in ciclisti e skater.
E ovviamente non manca la violenza gratuita. Il motore di gioco anima Turbo Kid con una minimale ma molto ben animata pixel art, in particolar modo quando muoiono i nemici biologici, che esplodono in tripudio di sangue e interiora, addobbando muri e pavimenti. Il tono del titolo però è tutt’altro che serioso (nonostante alcune scene dal piglio malinconico, riprese dal film), pertanto preparatevi a vedere un sacco di gente schiattare male senza troppe cerimonie, è tutto nella norma qui. Gli stessi sviluppatori non hanno dato troppe peso alla storia, garantendo al giocatore la possibilità di saltare i dialoghi e persino di non interagirvi per niente.
Quanto al gameplay, Outerminds ha creato una formula in equilibrio tra action e platform, fatta di tanto backtracking e location claustrofobiche dove perdersi per ore. Le varie mappe sono enormi (in ognuna ci entra praticamente un piccolo metroidvania), intricate e interconnesse, e richiedono memoria, ingegno e il giusto power-up per essere navigate adeguatamente.
Il livello di difficoltà è elevato, complici le generose dimensioni dello sprite del protagonista e la poca salute iniziale, tuttavia abbiamo trovato quasi sempre un buon bilanciamento generale, con numerose situazioni ostiche ma che si lasciano affrontare in modo molto tranquillo una volta appresa la dovuta chiave di lettura. Gli scontri con i boss specialmente si trasformano in una sfida molto divertente non appena compreso il trucchetto dietro i loro schemi di attacco. L’unica seccatura è dover ripartire dall’ultimo checkpoint in caso di dipartita; se non altro sono piuttosto frequenti. Fastidiosa le sopravvivenza a ondate per uno dei chip.
Come ogni metroidvania che si rispetti le prime battute sono le più complicate, ma una volta acquisite un paio di opzioni offensive e logistiche il gioco si apre e diventa un vero spasso. Le traversate sono sì piacevoli (nonostante il paesaggio non lo sia), ma non sarebbero tali senza obiettivi da perseguire e segreti da scovare, e in tal senso Turbo Kid svolge un ottimo lavoro nel disseminare la mappa di missioni e collezionabili, il tutto stipato in un adorabile quaderno dei disegni, pieno di sketch e scarabocchi, ma anche informazioni utili.
Per il resto, la minimappa è chiara e leggibile, aiutando il giocatore a orientarsi nonostante l’assenza di waypoint di alcun tipo, i teletrasporti sparsi in giro agevolano ulteriormente gli spostamenti, andare in bici diverte (anche quando si cade di testa, stramazzando al suolo) grazie alla discreta resa della fisica, con tanto di acrobazie, il combat system alla Mega Man funziona, con un buon feedback delle armi per merito dell’effettistica, e abbiamo apprezzato la colonna sonora synthwave di Le Matos.
L’unico neo notato, ed è più una preferenza personale, sono livelli forse un po’ troppo ad ampio raggio, con un sacco di corridoi e stanze spesso superflui, che azzoppano il ritmo. Forse aree più concise avrebbero mantenuto l’esperienza un pelo più frizzante, ma anche così ci va bene.