Uncharted: Drake's Fortune
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Data ormai per dispersa la signorina Croft, Sony ripiega sulla produzione Naughty Dog per mantenere alto il morale di tutti gli appassionati di action adventure ormai a digiuno sulla piattaforma nextgen del colosso nipponico. Niente forme prosperose però, perché i produttori di titoli come Jak & Dexter e Crash Bandicoot puntano questa volta sui muscoli e sulla faccia da schiaffi di Nathan Drake. Così come suggerisce il cognome, il protagonista di Uncharted é parente prossimo del famoso Francis Drake e, assieme alla sua fedele compagna, sarà protagonista di un’avventura che lo pone direttamente alla ricerca della famosissima El Dorado. Ma, così come si conviene a qualsiasi titolo del genere, esiste un piano “uguale e contrario” per arrivare allo stesso tesoro. Quello proposto dai Naughty Dog é un gameplay che richiama direttamente i canoni più radicati del genere Action adventure, richiedendo al giocatore di turno uno spiccato spirito d’osservazione e una buona dose di riflessi pronti, dal momento che saltare da sporgenza all’altra e far fuori decine di avversari alla volta saranno il pane quotidiano che ci accompagnerà nel corso delle otto ore necessarie a portare a termine il corso dell’avventura.
Uncharted mette le cose in chiaro fin dall’inizio: ritmo incalzante, tanta adrenalina e un buon approccio con le armi da fuoco e il combattimento corpo a corpo. Quasi nullo invece l’utilizzo della materia grigia per la soluzione di puzzle e affini e aiuto “on fly” nel caso in cui il giocatore di turno si perdesse l’appiglio giusto per proseguire nell’avventura. Il sistema infatti “suggerisce” la zona di maggior interesse, tramite la pressione del tasto L2, richiamando lo sguardo di Nate verso il punto in cui saltare, aggrapparsi o fare comunque riferimento per il corretto prosieguo dell’azione di gioco. Una buona trovata che da una parte mette al sicuro il casual gamer da frustrazioni di sorta e dall’altra non disturba il giocatore più scafato che tenderà semplicemente ad ignorare il suggerimento sistemico. Ad onor del vero si deve registrare qualche falla anche in questa scelta da parte di Naughty Dog, dal momento che spesso Nate tenderà ad osservare elementi estranei al contesto, ma a parte qualche svarione possiamo dire che questo sistema permette all’avventura di scorrere via senza particolari intoppi.
Quello che ci viene invece proposto su schermo é una perfetta commistione tra narrazione e azione, con il nostro Nathan impegnati nei 21 capitoli complessivi ad esplorare un territorio dal forte impatto visivo, cercare i vari tesori “bonus” sparsi per la mappa e far fuori un imprecisato (ma elevatissimo) numero di avversari che sebbene non verranno ricordati per la loro intelligenza sopraffina, avranno comunque il merito di rappresentare un efficace “bastone fra le ruote” tra noi e il nostro obbiettivo. Ed é proprio sull’utilizzo delle armi da fuoco che Uncharted si discosta dalla pettoruta archeologa, perché se in Tomb Raider sparare e compiere spettacolari evoluzioni praticamente il pane quotidiano, in Uncharted la parte più action si risolve in una sparatoria “da trincea”, con il nostro Nate impegnato tanto a far fuori gli avversari di turno, quanto a cercare continuo riparo dietro i vari supporti naturali sparsi per l’area di gioco. Non spettacolare come Gears of War, sicuramente, ma il poter passare da un riparo all’altro tramite la semplice pressione di un tasto ed eliminare gli avversari comodamente al sicuro restituisce al giocatore la piacevole sensazione di avere la situazione completamente sotto controllo. Uncharted prevede anche un sistema di rilevazione d’impatto che premia (in tutti i sensi) i colpi diretti alla testa, mentre si disattiva per tutte le altre zone del corpo (tre colpi diritti al cuore a volte non sortiscono effetto), rendendo più ostico il compito del nostro eroe.
L’armamentario messo in campo é di stampo classico e prevede le più classiche armi da fuco a medio e corto raggio, con qualche apparizione estemporanea del fucile da cecchino, utile per eliminare gli avversari più distanti. Come ormai da tradizione anche Uncharted presenterà alcune sessioni a bordo di mezzi quali Jeep (che non potremo comunque guidare in prima persona) e moto d’acqua, che hanno il merito di spezzare il ritmo dell’azione pur non brillando per originalità ed esecuzione sul campo. Il sistema di controllo di Uncharted risulta ben modellato attorno all’utilizzo del SIXAXIS, anche se le sue funzioni più intime e caratteristiche vengono solo scalfite in superficie, relegando il motion controller ad una semplice apparizione atta a mantenere Nate in equilibrio in alcune fasi di gioco. Per il resto il pad Sony si dimostra affidabile e preciso come sempre, permettendo un controllo sempre ottimale del personaggio sullo schermo. Un requisito necessario, dal momento che Nathan si troverà spesso a lavorare di precisione, sfruttando fino all’ultimo pixel disponibile per aggrapparsi su appigli di varia natura e spostarsi da una piattaforma all’altra, spesso anche sotto la minaccia del fuoco nemico. L’obbiettivo principale, ovvero il ritrovamento del tesoro di Drake é inframmezzato dalla ricerca (piuttosto sterile, invero) di altri piccoli tesori sparsi per l’ambiente di gioco, che sbloccherà svariati bonus di varia natura.
Se da un lato la suddetta ricerca non apporterà niente di tangibile al gameplay, dall’altra permetterà al giocatore di approfondire la conoscenza di ambienti e locazioni realizzati con vera maestria, soprattutto nell’utilizzo di texture ad alta risoluzione e di un effetto di illuminazione “a giorno” davvero efficace e realistica. Peccato che lo stesso non si possa dire per altri elementi che purtroppo non rendono giustizia ad un quadro grafico che sarebbe risultato pressoché perfetto. In particolare sono sotto accusa alcuni effetti riguardanti l’acqua (a tratti realmente inguardabili) e quelli destinati a rappresentare le esplosioni, che potevano essere realizzati decisamente meglio, considerate soprattutto le enormi potenzialità della piattaforma Sony. Simpatico, ma inutile ai fini del gameplay, l’effetto che vede Nate uscire dagli specchi d’acqua parzialmente o completamente bagnato. Simpatico perché l’effetto é reso mediamente bene (in realtà la texture più che un effetto bagnato presenta un effetto traslucido non propriamente realistico). Inutile perché non ne intacca minimamente la giocabilitàdal momento che, per esempio, uscendo dall’acqua lo stesso Nate non lascia tracce visibili dagli avversari, così come un Metal Gear propone ormai da anni.
Dettagli che comunque non intaccano un titolo che sebbene non faccia nulla per proporre qualcosa di veramente nuovo riesce a portare bene a termine i pochi compiti prefissati, regalando ore di puro divertimento a cui forse qualche momento di maggior apprendimento avrebbe portato non pochi vantaggi, soprattutto in termini di durata. A difficoltà media Uncharted può essere portato a termine in otto ore scarse di gioco che se di per sé sono ormai diventate un punto di riferimento ormai consolidato hanno l’aggravante di non presentare mai situazioni in cui é richiesto al giocatore un particolare impegno, avendo comunque l’innegabile merito di non annoiare ma, al contrario, di risultare sempre avvincente e soprattutto con una vena narrativa che spingerà il giocatore a voler arrivare a tutti i costi a vedere come andrà a finire. E di questi tempi non é roba da poco.
Uncharted mette le cose in chiaro fin dall’inizio: ritmo incalzante, tanta adrenalina e un buon approccio con le armi da fuoco e il combattimento corpo a corpo. Quasi nullo invece l’utilizzo della materia grigia per la soluzione di puzzle e affini e aiuto “on fly” nel caso in cui il giocatore di turno si perdesse l’appiglio giusto per proseguire nell’avventura. Il sistema infatti “suggerisce” la zona di maggior interesse, tramite la pressione del tasto L2, richiamando lo sguardo di Nate verso il punto in cui saltare, aggrapparsi o fare comunque riferimento per il corretto prosieguo dell’azione di gioco. Una buona trovata che da una parte mette al sicuro il casual gamer da frustrazioni di sorta e dall’altra non disturba il giocatore più scafato che tenderà semplicemente ad ignorare il suggerimento sistemico. Ad onor del vero si deve registrare qualche falla anche in questa scelta da parte di Naughty Dog, dal momento che spesso Nate tenderà ad osservare elementi estranei al contesto, ma a parte qualche svarione possiamo dire che questo sistema permette all’avventura di scorrere via senza particolari intoppi.
Quello che ci viene invece proposto su schermo é una perfetta commistione tra narrazione e azione, con il nostro Nathan impegnati nei 21 capitoli complessivi ad esplorare un territorio dal forte impatto visivo, cercare i vari tesori “bonus” sparsi per la mappa e far fuori un imprecisato (ma elevatissimo) numero di avversari che sebbene non verranno ricordati per la loro intelligenza sopraffina, avranno comunque il merito di rappresentare un efficace “bastone fra le ruote” tra noi e il nostro obbiettivo. Ed é proprio sull’utilizzo delle armi da fuoco che Uncharted si discosta dalla pettoruta archeologa, perché se in Tomb Raider sparare e compiere spettacolari evoluzioni praticamente il pane quotidiano, in Uncharted la parte più action si risolve in una sparatoria “da trincea”, con il nostro Nate impegnato tanto a far fuori gli avversari di turno, quanto a cercare continuo riparo dietro i vari supporti naturali sparsi per l’area di gioco. Non spettacolare come Gears of War, sicuramente, ma il poter passare da un riparo all’altro tramite la semplice pressione di un tasto ed eliminare gli avversari comodamente al sicuro restituisce al giocatore la piacevole sensazione di avere la situazione completamente sotto controllo. Uncharted prevede anche un sistema di rilevazione d’impatto che premia (in tutti i sensi) i colpi diretti alla testa, mentre si disattiva per tutte le altre zone del corpo (tre colpi diritti al cuore a volte non sortiscono effetto), rendendo più ostico il compito del nostro eroe.
L’armamentario messo in campo é di stampo classico e prevede le più classiche armi da fuco a medio e corto raggio, con qualche apparizione estemporanea del fucile da cecchino, utile per eliminare gli avversari più distanti. Come ormai da tradizione anche Uncharted presenterà alcune sessioni a bordo di mezzi quali Jeep (che non potremo comunque guidare in prima persona) e moto d’acqua, che hanno il merito di spezzare il ritmo dell’azione pur non brillando per originalità ed esecuzione sul campo. Il sistema di controllo di Uncharted risulta ben modellato attorno all’utilizzo del SIXAXIS, anche se le sue funzioni più intime e caratteristiche vengono solo scalfite in superficie, relegando il motion controller ad una semplice apparizione atta a mantenere Nate in equilibrio in alcune fasi di gioco. Per il resto il pad Sony si dimostra affidabile e preciso come sempre, permettendo un controllo sempre ottimale del personaggio sullo schermo. Un requisito necessario, dal momento che Nathan si troverà spesso a lavorare di precisione, sfruttando fino all’ultimo pixel disponibile per aggrapparsi su appigli di varia natura e spostarsi da una piattaforma all’altra, spesso anche sotto la minaccia del fuoco nemico. L’obbiettivo principale, ovvero il ritrovamento del tesoro di Drake é inframmezzato dalla ricerca (piuttosto sterile, invero) di altri piccoli tesori sparsi per l’ambiente di gioco, che sbloccherà svariati bonus di varia natura.
Se da un lato la suddetta ricerca non apporterà niente di tangibile al gameplay, dall’altra permetterà al giocatore di approfondire la conoscenza di ambienti e locazioni realizzati con vera maestria, soprattutto nell’utilizzo di texture ad alta risoluzione e di un effetto di illuminazione “a giorno” davvero efficace e realistica. Peccato che lo stesso non si possa dire per altri elementi che purtroppo non rendono giustizia ad un quadro grafico che sarebbe risultato pressoché perfetto. In particolare sono sotto accusa alcuni effetti riguardanti l’acqua (a tratti realmente inguardabili) e quelli destinati a rappresentare le esplosioni, che potevano essere realizzati decisamente meglio, considerate soprattutto le enormi potenzialità della piattaforma Sony. Simpatico, ma inutile ai fini del gameplay, l’effetto che vede Nate uscire dagli specchi d’acqua parzialmente o completamente bagnato. Simpatico perché l’effetto é reso mediamente bene (in realtà la texture più che un effetto bagnato presenta un effetto traslucido non propriamente realistico). Inutile perché non ne intacca minimamente la giocabilitàdal momento che, per esempio, uscendo dall’acqua lo stesso Nate non lascia tracce visibili dagli avversari, così come un Metal Gear propone ormai da anni.
Dettagli che comunque non intaccano un titolo che sebbene non faccia nulla per proporre qualcosa di veramente nuovo riesce a portare bene a termine i pochi compiti prefissati, regalando ore di puro divertimento a cui forse qualche momento di maggior apprendimento avrebbe portato non pochi vantaggi, soprattutto in termini di durata. A difficoltà media Uncharted può essere portato a termine in otto ore scarse di gioco che se di per sé sono ormai diventate un punto di riferimento ormai consolidato hanno l’aggravante di non presentare mai situazioni in cui é richiesto al giocatore un particolare impegno, avendo comunque l’innegabile merito di non annoiare ma, al contrario, di risultare sempre avvincente e soprattutto con una vena narrativa che spingerà il giocatore a voler arrivare a tutti i costi a vedere come andrà a finire. E di questi tempi non é roba da poco.