Undying, la recensione del videogioco
Intrappolata in mezzo all'apocalisse zombie
Undying è un videogioco sull'inesorabile. Sulla sua protagonista, Anling, pesa la spada di Damocle della sua ormai prossima morte: morsa da uno zombie, sa che anche lei un giorno abbandonerà la propria coscienza e diventerà una famelica non morta. Ma è anche, soprattutto, un videogioco su quello che ognuno di noi lascia dietro di sé: nel bel mezzo dell'apocalisse zombie la donna non solo deve proteggere il piccolo Cody, suo figlio, non ancora in grado di badare a sé stesso, ma deve anche assicurarsi che abbia i mezzi per cavarsela da solo, un giorno.
Accompagnando alle collaudate meccaniche del survival, nel quale è necessario raccogliere e utilizzare qualunque cosa possa aiutare a sopravvivere un altro po', la possibilità di insegnare al bimbo praticamente tutto quello che si fa, la produzione di Vanimals riesce a trasmettere in maniera estremamente potente la sua tematica portante: un giorno noi non ci saremo, ma chi verrà dopo di noi porterà in sé e con sé quello che gli avremo insegnato nel nostro tempo insieme. Sperando che sia un bel tempo, sperando che almeno durante la sua infanzia lo si riesca a proteggere dalle brutture del mondo.
Per chi verrà dopo
Il gioco si apre proprio con il drammatico momento nel quale Anling, intenta a proteggere Cody dall'orda non morta, viene morsa. Viene quindi immediatamente stabilito che dovrà morire, che per lei non c'è speranza alcuna. L'inevitabile è solitamente una condizione alla quale il giocatore non è abituato. Nella maggior parte dei casi a quasi tutto c'è un rimedio. Al massimo, può essere preparato prima, attraverso una serie di eventi che accompagnano verso il punto da quale si apprende che non ci sarà più ritorno. Qui no. È tutto chiaro fin da subito: Anling diventerà uno zombie, i suoi giorni sono contati e non c'è alcun modo in cui possa salvarsi. Il massimo che può fare quindi, che deve fare, è far sì che almeno il suo amato figlio possa avere un qualunque futuro.
Il come è chiaramente il focus dell'impianto ludico. Undying si struttura come un survival molto classico, nel quale raccogliere cibo e acqua, necessari al sostentamento dei due protagonisti, e i materiali che occorrono per costruire armi e utensili o migliorare strumenti di vario tipo. La condizione della donna implica ulteriori attenzioni: al calare del sole l'infezione ne peggiora le condizioni, quindi deve sempre andare a riposare entro una certa ora; non solo, la malattia ne pregiudica, nel corso del tempo, varie funzioni vitali. A livello di gameplay, questo si traduce in un tempo limitato entro il quale fare le cose, con ogni ora che va contata, e nella necessità di muoversi valutando ogni evenienza.
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Undying: un survival ordinario, ma toccante
A livello generale il tutto funziona. Non c'è nessun elemento di gioco che sia particolarmente significativo o innovativo: si ammazzano zombie con armi da mischia o da fuoco, si perlustrano case, supermercati, accampamenti, sperando di trovare cose utili, si realizzano oggetti utilizzando piattaforme che, dopo essere state migliorate, danno accesso ad ulteriori creazioni. E, nonostante pochi guizzi creativi e ludici, va anche bene così. È il fatto di portare con sé Cody che cambia tutto. Cambia quando lo si deve proteggere da un affamato; quando, dopo uno scontro, lui è ancora spaventato, e allora va accarezzato e calmato; quando fuori piove e bisogna tenerlo a riparo, per non farlo ammalare; quando sia lui che Anling hanno fame e si ha poco cibo e si deve quindi decidere chi nutrire.
Sembrano piccole cose, dinamiche che in termini strettamente ludici sono in effetti tradotte con la semplice pressione di un tasto. Eppure sono quelle che fanno la differenza, che fanno sì che, almeno per la sua maggior parte, Undying sia un'esperienza davvero toccante. Sul lungo periodo, infatti, questa sensazione viene un po' meno, principalmente perché non accompagnata da un'evoluzione delle meccaniche di gioco legate a Cody. Insegnargli una volta a smontare una macchina, un'altra a riparare un motore, un'altra ancora a cucinare, permette poi che sia direttamente lui a occuparsi di certe cose, ma che impari un'abilità o meno o la sfrutti o no non ha poi tanta importanza: il giocatore controlla direttamente sempre e solo Anling e sarà sempre lei il centro dell'azione.
Vien da sé quindi che, non essendo l'elemento del secondo personaggio particolarmente rilevante a livello ludico, l'impianto di gioco soffra alla lunga delle ripetitività tipica del genere. Il loop rappresentato dal trovare risorse, utilizzare tali risorse per creare nuovi oggetti, utilizzare i nuovi oggetti per trovare altre risorse ancora, arriva prima o poi a noia, e quel “poi” è un limite rappresentato dal feeling del giocatore con il genere. In tal senso ci prova il comparto narrativo a rendere l'esperienza più profonda e significativa, con parziale successo: le storie dei sopravvissuti che si incontrano sono quasi tutte interessanti, e in alcuni casi ci sono bivi che aprono o chiudono nuove vie; quella di Anling e Cody custodisce alcuni segreti da scoprire; ma non bastano, comunque, a sopperire alla mancanza di ritmo di un gameplay sempre solido e chiaro, ma mai appassionante.
Versione Testata: PC
Voto
Redazione
Undying
Semplice nella ludica, simile a quella di miriadi di altri congeneri, quanto nella tecnica, Undying trova la sua ragion d'essere nel modo in cui riesce a strizzare il cuore del giocatore, mettendo in scena un aspetto molto particolare del rapporto tra un genitore e suo figlio: il lasciare dietro qualcosa, il continuare a vivere, in qualche modo, in chi viene dopo di noi, anche quando non ci saremo più. È quasi tutto qui, in questo toccante tema, e questo ne è al contempo il suo limite ma anche la sua qualità più grande.