Van Helsing

di
Una premessa. Van Helsing non è un capolavoro. Come il giocatore si ritrova catapultato nel bel mezzo dell'azione senza aver prima preso parte ad un tutorial, il lettore viene informato in questa recensione, senza remore, della non troppa eclatante qualità dell'ultimo parto Saffire. Ma la presenza del tutorial ai fini del godimento videoludico non è indispensabile, è altro a rovinare la festa. Si contrappone, alla congettura che la Vivendi abbia levato un praticantato inutile ad un ipotetico giocatore navigato, il pensiero che dinnanzi a un livello di difficoltà così basso cadesse miseramente la sua utilità. Van Helsing è un VG (leggasi videogioco) semplice.



Le meccaniche di gioco, rifacendosi spudoratamente a Devil May Cry, riprendono costantemente i soliti luoghi comuni videoludici dello sparare, schivare, risolvere risibili puzzle. VH imita il titolo Capcom, riprendendone pregi e difetti, esaltando questi ultimi in un masochistico tripudio di scopiazzatura. Non siamo nuovi a questa pratica, ma siamo soliti intenderla diversamente. Una gestione più consona della telecamera avrebbe appesantito meno in maniera negativa l'esperienza ludica, che si concretizza nella presenza di nemici al di fuori del nostro campo visivo, e sfocia nell'abbatterli senza vederli in faccia. Ma Van Helsing non è un capolavoro, lo abbiamo già detto. Difficile non etichettarlo come la solita, prevedibile, quasi scontata manovra commerciale. Scontata, ovviamente, non nel prezzo. Difficile non guardarlo con aria torva, definendolo spregiativamente tie-in. D'altra parte, paradossalmente, nemmeno la trama e le frasi riciclate dalla pellicola cinematografica costituiscono un valore aggiunto, in quello che potrebbe ma lesina novità rispetto al background ammirato nelle sale (nemmeno un approfondimento), quanto al genere in cui si inserisce.

Nonostante l'assenza del tutorial lo spettatore non appare spaesato, appare stupito. Stupito di come lo scontro contro il Dr. Jekyll si risolva nel ripetuto pigiare del tasto quadrato (o triangolo per i più accorti), e di come la folgorante sequenza della sua uccisione nella versione cinematografica venga qua riproposta in uno spezzone filmato che definire raccapricciante sarebbe generoso. Van Helsing parla di mostri, di questi il giocatore è chiamato a liberarsene ma ben presto si accorge che il più grande di tutti è quello che ha tra le mani, un titolo portatore di noia e frustrazione. La noia per la ripetività, per gli scontri contro orde di nemici che si risolvono in lunghe sparatorie dalla distanza, per la mancanza di attrattive e la spesa per un prodotto non troppo esaltante.

Van Helsing
5.5

Voto

Redazione

Van Helsing

Tie-in. Un vocabolo che farebbe storcere il naso a qualsiasi patito di videogiochi, una quasi certezza sulla non troppo esaltante qualità del prodotto finale. Ancora non c'è nessun proverbio che lo cita, ma è uso comune - a buona ragione dubitare della validità di un tie-in che spesso e volentieri si rivela un prodotto che sfrutta tanto una licenza famosa quanto poco la creatività e le potenzialità degli sviluppatori. Tie-in? Fugate ogni dubbio, statene alla larga. Suonerebbe bene, visto che i prodotti esaltanti si contano sulle dita di una mano monca (Goldeneye, Nintendo 64) e questa diceria potrebbe tranquillamente ora come ora considerarsi un dogma dell'universo videoludico. Purtroppo nemmeno Van Helsing riesce a sovvertire questo stato di cose e, basandosi sul fanta-horror stampato su celluloide, risulta una mera consolazione per i patiti della pellicola cinematografica. Vivendi non perde tempo, e in quasi perfetta concomitanza con l'uscita nelle sale tira fuori dal cilindro (bucato) questo prodotto, poco esaltante e a dirla tutta realizzato in maniera frettolosa. Un action\beat'em up che soffre di ripetitività, piattezza di gameplay e una telecamera che da Devil May Cry (a cui si ispira), riesce solo a trarre solo il peggio. Purtroppo.